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Phil Ivey ci sarà alle prossime World Series Of Poker. Lo ha dichiarato lui stesso in una intervista con Joey Ingram riportata da PokerNews.com, subito dopo l’annuncio che le WSOP 2021 sarebbero tornate dal vivo nell’edizione 2021.

Il 10 volte vincitore di un braccialetto WSOP non si è sbilanciato sul suo programma torneistico. Di sicuro non sarà una full immersion, ma comprenderà una variegata selezione di eventi. Anche perché No Home Jerome ha dichiarato forte e chiaro che la voglia di poker gli è tornata, compresa quella di aggiungere un nuovo braccialetto alla sua collezione: “Ho intenzione di giocare e di tornare davanti alle telecamere. Ho voglia di viaggiare e ho voglia di poker. Ci sarò alle WSOP. Non credo che giocherò tutti gli eventi, ma ho in programma una buona selezione“.

Un “I’m back” che sa tanto di giocatore recuperato al poker, dopo le vicissitudini degli scandali Borgata-Crockford. Il tutto per la gioia dell’intera community che, con Ivey di nuovo ai tavoli, potrà vivere un’edizione WSOP ancora più emozionante. “E’ bello sapere che ci sono persone interessate a quello che stai facendo. E’ bello avere dei fans. Sono in questo mondo da tantissimo tempo e sono grato ad ogni mio sostenitore e a tutti coloro che mi seguono in questo viaggio. Senza i fans, il poker non sarebbe mai diventato una cosa così grande come è oggi“.

WSOP a parte, nell’intervista sono emerse altre curiosità interessanti su Phil Ivey e sul poker ai tempi del coronavirus.

LA PANDEMIA – L’intervista inizia con il racconto dell’ultimo anno e mezzo. Il campionissimo ammette che il periodo di lockdown è stato molto positivo per lui. Lo stop all’attività di gioco “mi ha permesso di fare un reset e di capire cosa è importante e cosa no“, dice Ivey, che al primo posto della sue priorità ora indica la famiglia. Ad aiutarlo in questa svolta durante il periodo più duro della pandemia ci sono anche l’esercizio fisico, la meditazione e lo yoga. E il poker? Ovviamente solo online, nonostante la sua preferenza rimanga per il live: “Mi piace ancora giocare online. Quando le cose vanno bene è entusiasmante. Io però continuo a preferire il poker dal vivo, dove puoi guardare negli occhi il tuo avversario. E poi il field su Internet oggi è diventato molto difficile da battere“.

Insomma, la pandemia sta per restituire al mondo del poker un Phil Ivey molto più equilibrato e consapevole. Soprattutto nei confronti del suo passato: “Ho vissuto tante esperienze importanti grazie ai miei successi nel poker. Mi sono divertito molto, forse anche un po’ troppo. In determinate circostanze mi lasciato un po’ andare. Con la pandemia sono entrato in una nuova fase e adesso sono a mio agio“.

IL PASSATO – Phil Ivey ammette che il poker per molto tempo è stata quasi una dipendenza, “un bisogno per cercare di sfuggire alla realtà“. Dai 18 ai 32 anni (oggi ne ha 44), Ivey si impegna full time per diventare un professionista. Gioca tutti i giorni, trascorre ore e ore ad analizzare mani e a migliorarsi. E i risultati si vedono. Arrivano le vittorie, arriva tanto denaro: $31,3 milioni contando solo i tornei live. Ma qualcosa si perde: “Ho dedicato al tavolo da poker gli anni in cui tutte le altre persone crescono e diventano più mature. Non sono mai cresciuto, non ho mai affrontato quelle fasi, situazioni ed emozioni che servono per diventare adulto“.

E’ senza dubbio questa la parte più coinvolgente e intensa dell’intervista, perché Ivey mette sul tavolo (questa volta senza bluff) le ferite del passato. In fondo, non è stato egoista con i soldi, perché li ha usati anche per aiutare familiari e amici. Ma è stato egoista con se stesso: si è negato il tempo per fare esperienze e creare relazioni allo scopo, forse, di essere accettato e benvoluto attraverso il successo e il denaro.

Il suo progetto di vita crea problemi in famiglia. Con l’eccezione del nonno (gli dice “Sei così testardo che non provo nemmeno a dissuaderti“), i genitori non vedono di buon occhio la carriera da professionista perché assimilano il poker al gioco d’azzardo. Ma il giovane è determinato a proseguire e questo porta ad una rottura con il padre durata alcuni anni. I due si riavvicinano quando Phil Ivey ne ha 25, ma di lì a poco suo padre muore. Il Tiger Woods del poker è impreparato per sostenere il colpo dal punto di vista emotivo. Si chiude ancora di più nel mondo, per lui già dorato, del poker professionistico e il resto finisce sottochiave, con il contributo dell’alcol. Gli ci vorranno 17 anni prima di riuscire a far pace con quella memoria: nel 2019, quando finalmente riesce a mettere fine a quella dipendenza.

IL NUOVO POKER – Il time-out dettato dalla pandemia, la consapevolezza del passato, i ritrovati stimoli per il poker portano una nuova consapevolezza del gioco. Secondo Phil Ivey il gioco di oggi è più difficile, il field è molto più equilibrato e competere è una sfida vera. Oltre alla tecnica, è fondamentale essere bilanciati dal punto di vista personale quando si affronta una partita. Dice: “Se vuoi essere vincente, devi mettere in conto che ci sono anche momenti in cui perderai“. E ancora: “Il poker è un bellissimo gioco, può essere un hobby divertente, ma non bisogna mai andare oltre i propri limiti. E’ un percorso fatto di step, bisogna affrontarli una alla volta, senza uscire di pista“.

Consigli preziosi soprattutto per chi è alla prime armi, frutto di esperienza, di grandi risultati ma anche di qualche grossa sconfitta personale. L’intervista contiene molto altro. Ci sono riferimenti a giocate spettacolari (ad es. contro Tom Dwan agli High Stakes Poker), ad aneddoti e personaggi che hanno fatto la storia del poker pre-Black Friday. Dura quasi un’ora ed è in inglese, ma a nostro avviso vale l’impegno, soprattutto per chi ha vissuto il poker di quel periodo.

Foto di testa: Phil Ivey con in mano l’ultimo braccialetto vinto alle WSOP nel 2014 (courtesy of PokerNews)