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In un’epoca segnata dalla rinuncia al lusso e alla vendita dei prodotti più pregiati – nel calcio, come nella quotidianità – Claudio Lotito può considerarsi una piccola eccezione alla regola.

In Italia forse solo l’Atalanta, oltre al club biancoceleste, può permettersi di non vendere per dover acquistare. Certo, il famoso indice di liquidità pesa anche dalle parti di Formello, ma grazie ad un calciomercato caratterizzato da colpi a zero – o quasi – e al consolidamento di una rosa già competitiva la Lazio di Maurizio Sarri si sta strutturando come una delle realtà più interessanti del nostro campionato.

Sarri ha bisogno di tempo, questo è vero. Passare da uno stile di gioco improntato sull’avversario, da colpire nel momento giusto, sfruttando i giusti momenti della partita, ad un altro, che dell’avversario quasi si disinteressa, puntando piuttosto all’apprendimento settimanale, allo studio meticoloso e puntiglioso dei singoli movimenti – difensivi e offensivi, in possesso di palla e senza palla –, ebbene, passare in una parola dal 3-5-2 di Simone Inzaghi (perfetto per l’Inter) al 4-3-3 (o 4-3-1-2) di Maurizio Sarri richiede tempo, nuovi giocatori e un cambio non indifferente di mentalità.

Il calendario dei biancocelesti non è improponibile, almeno nelle prime uscite stagionali. Ma ricorderete senz’altro il primo Empoli e il primissimo Napoli di Sarri. Lo ha detto lui stesso in conferenza stampa: «ho bisogno di tempo». E di giocatori, si diceva. Quali?

Difesa: Kamenovic come Koulibaly?

Partiamo dal reparto difensivo. Se c’è infatti un falso mito riguardo al gioco di Sarri è quello della cura esclusiva del gioco propositivo – quindi offensivo. La verità è che come spesso hanno testimoniato i suoi giocatori, Sarri fa crescere soprattutto a livello di posizione in campo, nel recupero di palla e nella prima verticalizzazione.

Prendiamo un paio di esempi su tutti: Koulibaly e Jorginho. Il senegalese, prima dell’arrivo di Sarri, sedeva addirittura in panchina, e i tifosi lo vedevano più come un intralcio, un acquisto andato clamorosamente a vuoto, che come un valore aggiunto.

Con Sarri KK è cambiato radicalmente. Il giocatore era già forte, a livello di mezzi fisici e tecnici. Ma gli mancava disciplina. E quale migliore arena per dimostrarlo se non quella della Serie A italiana? Presto fatto, con un maestro come Albiol dietro, Kalidou è cresciuto tantissimo. Ma fondamentali sono stati gli insegnamenti di Sarri, che alla linea difensiva e ai suoi movimenti sta dedicando intere giornate nel ritiro estivo della Lazio ad Auronzo. Lo stesso Albiol ha dichiarato: «Con Sarri ho passato tre anni spettacolari, è una persona divertente anche fuori dal campo. Mi ha fatto vedere il calcio in un modo che prima non vedevo. Lo paragono a Luis Aragones».

Ora, senza voler calcare troppo la mano su scomodi paragoni, la Lazio sul mercato difensivo si è mossa ma con grande cautela. Il KK versione Lazio potrebbe essere Kamenovic, con Acerbi a fargli da Albiol e Sarri a supervisionare il tutto. Ma chi è Kamenovic? Serviva davvero ai biancocelesti? Piccola premessa. Il giocatore serbo classe 2000 è stato acquistato lo scorso gennaio dal Cukaricki per 3 milioni. Una cifra importante per un calciatore che sarebbe stato perfetto nei tre dietro voluti da Simone Inzaghi. D’altronde la sua stazza parla chiaro: 188 cm.

Con Sarri come, e dove, può giocare? Certamente centrale, come seconda riserva dietro a Radu (ma occhio anche al reintegro di Vavro, pagato più di 8 milioni due anni fa da Tare), ma anche terzino sinistro. Quelli che lo hanno visto giocare lo paragonano a Kolarov. Al momento l’out mancino è occupato da Marusic e Fares in seconda battuta, ma tutto fa pensare ad un addio dell’algerino. Il mercato dei biancocelesti in uscita è però al momento bloccato. Non solo.

La Lazio ha preso a zero dal Napoli Hysaj, un fedelissimo di Sarri che può giocare su entrambe le fasce. Per Kamenovic, dunque, la strada sembra al momento sbarrata. Ma chissà, con Sarri tutto può succedere. A destra, oltre all’albanese sopracitato, non va dimenticato Lazzari, che si è detto felice e motivato di sperimentare un ruolo a lui sconosciuto. Anche perché Qatar 2022 non è poi così lontano.

Centrocampo: serve un playmaker

A centrocampo la Lazio necessita di un giocatore forte, pronto, possibilmente giovane, al posto di Lucas Leiva. Quello del play è infatti un ruolo cruciale per Sarri che col sopracitato Jorginho ha costruito le proprie fortune a Napoli e a Londra. E in parte alla Juventus con Pjanic. Lucas Leiva non ha le stesse caratteristiche del brasiliano e del bosniaco. È un giocatore di grande intelligenza, ma non di eccelsa qualità.

Ecco perché la Lazio si sta guardando intorno. Piacciono soprattutto Toma Basic, classe ’96 del Bordeaux, per il quale la Lazio avrebbe offerto 7 milioni + 2 di bonus – sfruttando anche la difficile situazione economica dei girondini, che rischierebbero al momento l’iscrizione alla prossima Ligue 1.

Ma occhio anche a Kamara del Marsiglia, che ha detto no al rinnovo di contratto – ma sul giocatore ci sono gli occhi del Milan. Dietro Leiva, Escalante. L’anno scorso lo spagnolo ha giocato poco, non sempre impressionando la piazza. Trattasi di un giocatore dal gioco pulito, ma spesso scontato, senza fiammate né acquazzoni, che, come terzo di centrocampo, potrebbe far comodo. È stato preso a zero, quindi non è da escludere una possibile cessione per fare cassa.

Sempre a centrocampo, Sergej Milinkovic-Savic, leader, fuoriclasse e probabile capitano per la prossima stagione – forse dietro solo a Ciro Immobile – è un punto inamovibile della rosa biancoceleste. Il serbo è sempre rimasto fedele alla Lazio. È un giocatore decisamente sopra la media, che meriterebbe palcoscenici internazionali, ma la difficile situazione del mercato mondiale non permette ai grandi club in giro per il mondo di puntare tutto su di lui. Meglio per Sarri e per i tifosi, che in lui hanno un vero e proprio idolo.

Non si può dire lo stesso di Luis Alberto, che comunque sembra aver ricucito con la Lazio, non intenzionata a cederlo a meno di offerte clamorose – dai 45 milioni in su, come esplicitamente richiesto da Lotito.

Occhio anche a Cataldi, romano classe ’94 che ha ancora tutto da dimostrare. Dopo l’ottima stagione con Pioli, conclusa al terzo posto, è arrivata la conferma con Inzaghi. Quello che manca al ragazzo è la costanza, ma anche un ruolo definito. Con il tecnico piacentino è stato quasi sempre impiegato al posto di Leiva in caso di deficit del brasiliano. Ma il suo ruolo è piuttosto quello della mezzala, e con Sarri Cataldi potrebbe finalmente trovare la sua dimensione ideale (e definitiva). Akpa-Akpro potrebbe essere ceduto, ma al momento non ci sono richieste per lui.

Attacco: tornato Felipe serve un altro colpo

Passiamo quindi all’attacco, dove la dirigenza biancoceleste sta concentrando gli sforzi più significativi. Sul ruolo di centravanti non ci sono dubbi. Ciro Immobile, fresco campione d’Europa – dopo aver vinto la Scarpa d’oro due anni fa – è nel pieno della propria carriera, ma con Sarri è richiesto un gioco assai più simile a quello visto con l’Italia di Mancini che non con la vecchia Lazio di Inzaghi.

Immobile, abituato a muoversi in profondità e a sfruttare le imbeccate di Luis Alberto, con l’Italia è parso appannato, stanco, fuori ruolo, persino fuori luogo alle volte. Certo, l’impegno non è mai mancato, ma Sarri dovrà lavorare molto sul giocatore. È difficile cambiare la testa e i movimenti di un attaccante, soprattutto a quell’età (30 anni). Questa è forse la sfida più ardua per il nuovo tecnico biancoceleste.

Sugli esterni, probabile cessione di Correa al PSG, dietro conguaglio (18 milioni) e cartellino di Sarabia, nazionale spagnolo tutto mancino che potrebbe fare molto bene nel 4-3-3 di Sarri.

Dall’altra parte, a zero dal West Ham, è arrivato, anzi è tornato Felipe Anderson. Un fuoriclasse assoluto che, come ha detto Sarri, ha solo bisogno di trovare continuità. Il suo talento è fuori discussione e la Lazio può dirsi felice di averlo riportato a Roma. Un gran colpo. Ma non il miglior colpo. Quest’ultimo arriva infatti dalla Spagna, sponda Mallorca, dove la Lazio strappando la concorrenza di mezza Europa è riuscita ad acquistare Luka Romero, classe 2004 nato in Messico, col passaporto spagnolo ma albiceleste di nazionale, come il suo idolo Messi, al quale viene forse troppo spesso paragonato. Mancino, può giocare a destra, a sinistra e come trequartista.

Ha una tecnica eccezionale, un dribbling maestoso e un gran tiro dalla distanza. È un assist-man. È un colpo straordinario per la Lazio, che lo ha preso a zero grazie anche al lavoro di Fili Ramadani, agente suo e di Sarri. Romero è stato il più giovane esordiente nella Liga, quando ha debuttato contro il Real Madrid a soli 15 anni e 219 giorni. Nonostante per lui si parli anche a proposito di Primavera, è probabile la sua chiamata tra i 22 della prima squadra.

Stesso destino per Raul Moro, altro talentissimo del settore giovanile biancoceleste che ha esordito in Serie A due anni fa contro la Juventus a Torino, e che Sarri – anche per l’assenza di alternative al momento – sta studiando da vicino come titolare nel 4-3-3. Classe 2002, Raul Moro è un’ala sinistra, ma può giocare un po’ ovunque.

Tutt’altro discorso per Muriqi e Caicedo. Probabilmente, sarà quest’ultimo ad andare via, anche perché l’investimento fatto per Muriqi non può costringere Tare, al momento, a tornare sulla propria scelta. Sempre sugli esterni, occhio ai nomi di Brandt e Shaqiri, ma l’arrivo di Sarabia e l’addio di Correa sembrano le strade più probabili.