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Quelli di Roberto Baggio e Alessandro Del Piero sono due nomi che hanno marchiato a fuoco la storia del nostro calcio. Nati a quasi 8 anni di distanza uno dall’altro e con un ruolo abbastanza simile, era naturale che i loro destini si incrociassero in logiche di avvicendamento, cadendo nei classici cliché di tizio erede di caio, di chi è più forte, del giovane versus vecchio.

Roby e Ale sono stati spesso al centro di discussioni, dispute, referendum tra tifosi e addetti ai lavori, messi in competizione tra loro persino in termini artistici: meglio Raffaello (come l’avvocato Agnelli aveva soprannominato Baggio) o Pinturicchio (idem ma con Del Piero)? La cosa più singolare, però, è che il loro è stato un dualismo in buona parte inventato. O meglio, Baggio e Del Piero sono finiti in contrapposizione per ragioni implicite, dovute all’età o alle scelte di allenatori e società. Di fatto, sul campo erano tutt’altro che inconciliabili, e forse ancora di più fuori dal campo. Entrambi rappresentano infatti modelli di pacatezza e di discrezione, personalità affini prima che campioni infiniti. Vediamo di ripercorrere i vari incroci tra le loro storie.

Baggio vs Del Piero: l’importato vs l’allevato

La prima differenza che ha biforcato le strade di Roberto Baggio e Alessandro Del Piero è stata quella dettata da una logica aziendale: quella della Juventus. Baggio era stato l’acquisto più discusso da molti anni a quella parte, per la Juventus. L’affare chiuso da Agnelli con i Pontello aveva provocato momenti di tensione sociale, a Firenze e dintorni. Ma non erano stati solo i tifosi viola ad opporsi, perché anche lo stesso Baggio non aveva mai nascosto di essere partito controvoglia. Non c’è nulla di male in tutto questo, ai sentimenti non si comanda, ma ciò fu difficile da accettare per la tifoseria bianconera.

Fu ancora più difficile dopo il 7 aprile 1991 quando, al minuto 60 di Fiorentina-Juventus e con i viola avanti 1-0 per il gol di Diego Fuser, l’arbitro Rosario Lo Bello concesse un rigore alla Juventus. Il rigorista designato non poteva che essere lui, ma Roberto Baggio chiese di non battere. Sul dischetto si presentò Gigi De Agostini, il portiere Mareggini intuì e deviò il tiro. La partita si concluse così 1-0, e l’immagine che fece il giro del mondo era quella di Baggio con indosso il giubbotto e tra le mani una sciarpa viola, lanciatagli da un tifoso dopo che Maifredi lo aveva sostituito.

Questa divagazione era necessaria per introdurre cosa successe qualche anno dopo. Nel frattempo Baggio, che non per nulla era uno dei più grandi fuoriclasse mai prodotti dal nostro calcio, riuscì molto presto a farsi amare dai tifosi, anche perché la ricostruzione dai disastri dell’anno di Maifredi non era facile né breve. In maglia bianconera, il Divin Codino vince il Pallone d’Oro, e queste sono cose che non si dimenticano. Tuttavia, dal vivaio della Vecchia Signora stava emergendo di prepotenza un teenager, veneto come Baggio e dal simile talento cristallino: Alessandro Del Piero.

Alex esordisce con Trapattoni in panchina, e gioca diverse partite e spezzoni di partite insieme a Baggio. Nel ritorno dei quarti di finale di Coppa UEFA 1993/94, il Trap schiera un 4-3-1-2 con Baggio trequartista dietro le punte Del Piero e Ravanelli. Ale e Roby mettono su un vero e proprio show, la partita termina 3-0 e sembra l’antipasto di un futuro da leccarsi i baffi, per i tifosi bianconeri.

Tuttavia, sulla panchina della Juventus arriva Marcello Lippi, il cui modulo preferito è un 4-3-3 al quale Del Piero si adatta molto meglio, essendo profilo di attaccante più moderno di Baggio. Complice un infortunio del Codino, i due giocano insieme sempre meno.

Nella dirigenza bianconera si fa largo l’idea di sacrificare Baggio, non tanto per una sua inadeguatezza ovviamente, ma per non togliere spazio di crescita al talento cresciuto in casa: Alessandro Del Piero. Da un punto di vista aziendale sulla scelta non c’era molto da dire, anche perché un fuoriclasse come Roberto Baggio aveva sempre mercato. Se la si guarda dal lato puramente estetico del calcio, quella scelta era invece una coltellata al cuore.

Le strade si dividono

Le strade di Ale e Roby si dividono, ma senza che nel cuore di entrambi ci sia mai stata invidia o voglia di fare le scarpe uno all’altro. Cito dall’autobiografia di Baggio: “Ero contento per Del Piero, lo vedevo crescere in allenamento, si fidava di me, mi chiedeva consigli, lo aiutavo. Per questo, quando leggevo che Baggio era arrabbiato con l’allenatore, che era geloso di Del Piero, ché non si era integrato con il gruppo, mi veniva da sorridere. Quella storia con Del Piero, il dualismo, la supposta rivalità tra me e lui… Quante sciocchezze mi è toccato sentire.”

Ad ogni modo, Baggio va al Milan per continuare il suo peregrinare di classe purissima, ma quello di Lippi non sarà l’ultimo ostracismo da fronteggiare in carriera. Del Piero invece può prendere possesso della Juventus, ma anche per lui non sarà un cammino facile e, anzi, se c’è un aspetto che accomuna più di tutti gli altri questi due campioni, quello è l’incidenza degli infortuni nelle rispettive carriere.

Episode #2: Francia ’98 e l’oltranzismo di Cesarone

Si arriva così all’estate del Mondiale 1998, ospitato in Francia. Roberto Baggio nel frattempo ha rifatto le valigie, non avendo rapporti idilliaci con l’allenatore rossonero Arrigo Sacchi. Poteva approdare a Parma, ma anche lì Carlo Ancelotti non avrebbe fatto i salti di gioia, né li avrebbe fatti Enrico Chiesa con cui Baggio avrebbe dovuto competere. Così, il Divin Codino era finito tra le amorevoli braccia di Renzo Ulivieri, al Bologna. In rossoblu vive l’annata più brillante in carriera sotto l’aspetto realizzativo, e la gente ne reclama a gran voce il ritorno in Nazionale.

Sulla panchina dell’Italia, nel frattempo, dopo le dimissioni di Sacchi aveva trovato posto Cesare Maldini. Il compianto Cesarone era un difensivista della vecchia-vecchissima scuola, ma aveva abbracciato con piacere il ritorno di Roby Baggio. A una condizione, però: il titolare non sarebbe stato lui, ma il suo ex erede alla Juventus, Alessandro Del Piero.

Con la Juve, Ale aveva vinto la Champions League l’anno precedente, e in quel campionato (vinto) aveva rivaleggiato a lungo con Ronaldo il fenomeno, per la palma di miglior giocatore della Serie A, che in quel periodo era qualcosa di sinonimo di “miglior giocatore del mondo”. C’era un problema, però: durante la sciagurata finale persa con il Real Madrid, Ale si era stirato. Un infortunio muscolare brutto e fastidioso da lasciarsi alle spalle, ma Del Piero era la stella designata di una chiara pretendente al titolo: rinunciare a lui, obiettivamente, sarebbe stato difficile.

Nella prima partita dei Mondiali, infatti, Del Piero era ancora infortunato e accanto a Bobo Vieri c’è lui, il Codino. Non passano neanche 10 minuti, che Baggio fa una cosa senza senso. Su un lancio dalla difesa di Paolo Maldini, Roby la appoggia di piatto destro al volo, con precisione millimetrica sulla corsa di Vieri, che di sinistro insacca. Gli azzurri, però, vanno sotto 1-2 e a pochi minuti dalla fine tocca di nuovo a lui, Roby: si procura un rigore e lo trasforma con freddezza.

Nelle partite seguenti, in coerenza con quanto stabilito, Maldini fa giocare Del Piero, lasciando a Baggio solo spezzoni. La differenza di rendimento tra i due è evidente, macroscopica per tutti tranne che per il CT. Alex non aveva alcuna colpa, era semplicemente non ancora pronto per via dell’infortunio muscolare che lo aveva tenuto 20 giorni fermo. Su questo malinteso, nasce una letteratura che è arrivata fino ai giorni nostri. In questa lettura a grana grossa, Baggio era il campione della gente, Del Piero il cocco di qualcuno.

Il più grosso quantitativo di carburante per la letteratura di cui sopra, arriva però dai quarti di finale con la Francia. Maldini sceglie ancora una volta Del Piero, ma Ale è ancora la copia sbiadita del fuoriclasse ammirato nell’ultimo paio d’anni. Il CT se ne accorge dopo più di un’ora e lo toglie. Per Baggio, direte voi. Eh no, per Angelino Di Livio. Baggio entrerà solo al minuto 90 e sua sarà l’unica vera occasione da gol di tutta la partita, supplementari compresi, avuta dall’Italia.

Euro 2000: Baggio convitato di pietra, Alex fuori posto

La storia si ripete, o quasi, due anni dopo. Nel frattempo, le vicende dei due fuoriclasse hanno vissuto altri momenti difficili. Baggio è finito all’Inter, dove però gioca poco per i soliti rapporti tesi con l’allenatore di turno, stavolta Marcello Lippi. Poche settimane prima dell’Europeo, Roby fa un favorone proprio a Lippi, segnando due stupendi gol nello spareggio per un posto in Champions League contro il Parma. Doppietta e saluti, da gran signore. Qualcuno si aspetta di vederlo tra i convocati per Euro 2000, ma il CT – che nel frattempo è diventato Dino Zoff – lo esclude.

C’è invece nella lista Alessandro Del Piero, il quale però vive una situazione ancora peggiore di quella di Francia ’98. Nel novembre sempre del 1998, Alex si era fracassato i legamenti del ginocchio sinistro. Un infortunio terribile, che lo avrebbe tenuto fermo praticamente un anno, ma non solo: quell’infortunio è uno spartiacque nella carriera di Del Piero. Prima di allora era un legittimo candidato al Pallone d’Oro, con limiti tutti ancora da definire. Dopo quel KO è diventato un altro calciatore: infinito, splendido, ma umano.

Nell’estate del 2000, Alex è tornato in campo da ormai diversi mesi, ma è ancora lontanissimo dal ritrovarsi. In campionato aveva segnato 9 gol, ma i primi 8 su rigore e l’unico su azione era arrivato alla penultima giornata, contro il Parma. All’Europeo non c’è l’ombra di Baggio, ma per Del Piero è ugualmente un calvario. Gioca qualche spezzone, ma soprattutto rimane nella memoria per i due gol mancati nella maledetta finale contro la Francia.

L’ultimo ballo, anzi no

Nel frattempo, Roby Baggio era pronto all’ennesima sfida della sua carriera, che sarebbe stata anche l’ultima: il Brescia. Arriva anche l’ennesima rinascita, oltre al sogno dell’ultima convocazione ad un mondiale. Giovanni Trapattoni, però, dopo avergli promesso una considerazione, lo esclude da Giappone & Corea 2002. Proprio il Trap, che 8 anni prima era stato l’unico ad avere il coraggio di schierarli insieme, questi due spettacolari e inimitabili campioni.