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Mircea Lucescu venne accostato più di una volta alla panchina dell’Inter, visto che la sua nomea di “Mago”, sembrava poter rinverdire i fasti di uno come Helenio Herrera.

Ad un “dunque” si arrivò quasi inaspettatamente, quando era in corso la stagione 1998-1999 e le cose non stavano andando benissimo. 

L’anno dei quattro allenatori

Il decennio che fa capo agli anni ’90, viene ricordato dai tifosi interisti per il primo intervento da protagonista della Famiglia Moratti con a capo il Presidente Massimo, imprenditore della Saras, una Società per Azioni che si occupa di raffinazione del petrolio e di produzione di energia elettrica. 

Massimo Moratti si insedia a capo della dirigenza dell’Inter il 18 febbraio del 1995, dando il via a quella che sarà una vera e propria dinastia, puntellata da diversi investimenti e alterni risultati. 

Il primo trofeo della sua gestione, arrivò al termine della stagione 1997/98, quella dell’arrivo di Ronaldo, arrivato dal Barcellona attraverso una lunga e tortuosa operazione da 50 miliardi di lire. 

Quell’anno fecero scalpore anche gli acquisti di Sartor e Taribo West in difesa, Cauet in mediana, l’ala a tutta fascia Moriero, il centrocampista Simeone e lo spettacolare trequartista uruguaiano Alvaro Recoba. 

Una squadra stellare, guidata dal compianto Gigi Simoni, anche lui arrivato all’inizio di quella stagione. 

Fu l’anno del contatto tra Ronaldo e Iuliano e i veleni che ancora oggi faticano a placarsi, ma anche quello del primo trofeo dell’era Moratti, la Coppa Uefa vinta in finale contro la Lazio in quel di Parigi. 

L’anno successivo i nerazzurri si ripresentarono ai nastri di partenza del campionato con grandissime velleità di conquista del titolo, ma le cose, al termine di una stagione fallimentare, non andarono esattamente così. 

Dopo una nuova campagna acquisti faraonica, l’Inter di Simoni si ritrovò in casa gente del calibro di Roberto Baggio, Andrea Pirlo e Nicola Ventola, accogliendo in squadra anche i meno titolati Frey, Dabo e Silvestre. 

Una partenza a singhiozzo

Nonostante una rosa di livello assoluto, quell’Inter faticò da subito in campionato, anche perché cominciarono ad affiorare rumors sull’esonero di Simoni, additato dalla tifoseria di allora e, soprattutto, da alcuni addetti ai lavori, di pensare fin troppo alla fase difensiva e poco a quella offensiva, dove gli uomini di valore non mancavano di certo. 

Primo tra tutti Baggio, utilizzato col contagocce da Simoni, il quale doveva fare i conti con un discontinuo Ronaldo, spesso acciaccato e fin troppe volte assente agli allenamenti per via dei suoi frequenti viaggi in Brasile. 

Dopo una tenue resistenza nei confronti degli odiati rivali della Juventus, l’Inter perse contatto durante i primi freddi, trovando ben 4 sconfitte contro Lazio, Juve, Bari e Fiorentina. 

Nonostante una fantastica vittoria contro il Real Madrid per 3-1, grazie anche ad una doppietta di Roberto Baggio e al successo interno contro la Salernitana raggiunto in “Zona Cesarini”, Moratti decise che era giunto il momento di liberarsi di Simoni, quando, all’inizio di dicembre, venne chiamato Mircea Lucescu. 

Mircea e il non-decollo

La speranza di Moratti e dei tifosi interisti, era ovviamente quella di ritrovare un gioco spumeggiante, almeno pari al blasone dei suoi interpreti. 

Il campionato sembrava già una pratica da cestinare, ma rimaneva l’obiettivo Champions League, che, grazie al primo posto nella fase a gironi, conquistato nell’ultima parte della gestione Simoni, appariva un traguardo tutto sommato accessibile. 

Lucescu aveva già allenato in Italia, a Pisa, a Brescia e a Reggio Emilia, trovando in ognuna di queste avventure, altrettanti esoneri, anche se va ricordato che con il Brescia ha vissuto stagioni molto intense, fatte di saliscendi tra serie A e B e un gioco tutto sommato innovativo. 

Dopo un esordio tutt’altro che facile contro la Lazio in Coppa Italia da dove uscì sconfitta, l’Inter guidata dal neo allenatore rumeno, eliminò lo Sturm Graz nei gironi di Champions League, per trovare nell’urna dei quarti di finale, il Manchester United. 

In Campionato le cose andarono più o meno sulla falsariga di ciò che succedeva con Gigi Simoni, un buon rendimento casalingo e pessimo in trasferta

La Coppa Italia divenne un miraggio all’indomani della sconfitta in semifinale contro il Parma. 

Ma la Champions, a quel punto non si poteva fallire. 

Ancora peggio il finale

La prima partita in Inghilterra fu persa dai ragazzi di Lucescu per due reti a zero e a nulla servì il pleonastico pareggio nella gara di ritorno per 1-1. 

In quel momento si chiuse virtualmente la stagione dell’Inter, che ancora più ingloriosamente terminò la sua primavera orfana di obiettivi. 

L’Inter prese 4 gol a Marassi contro la Sampdoria e Mircea Lucescu dovette fare le valigie e tornare a casa, anche se, a detta sua, la decisione di lasciare la panchina nerazzurra, fu del tutto personale e non originata da un esonero. 

Lucescu parlò del rapporto difficile con buona parte dello spogliatoio, delle zingarate di Ronaldo che appena poteva se ne andava in Brasile a farsi curare o a ballare la Samba al Carnevale di Rio, di una buona parte dei giocatori fin troppo tutelati dalla dirigenza e dell’arrivo ormai scontato di Marcello Lippi per la stagione che avrebbe inaugurato il nuovo millennio. 

Dopo una breve parentesi con Luciano Castellini, la squadra chiuse con il redivivo Roy Hodgson, già a capo dello staff tecnico interista nel 1997, quando si dimise dopo la Finale di Coppa UEFA persa ai rigori contro lo Schalke 04 a San Siro. 

La stagione si chiuse con un ottavo posto piuttosto deludente e la beffa dello spareggio per entrare in Coppa Uefa, perso contro il Bologna.