Vai al contenuto

Scrivo questo articolo poco dopo averlo visto giocare e vincere una partita e mezzo in un giorno, per un totale di circa 5 ore di gioco. Nonostante le vittorie e il fantastico quarto di finale che lo attende contro Jannik Sinner, Holger Rune resta un mistero irrisolto del tennis.

E, per certi versi, era scritto che fosse così.

Holger Rune, mistero fin dal nome

Quando ti presenti con quel cognome, Rune, che richiama una delle prime forme di comunicazione scritta del genere umano e che esso stesso significa “mistero, segreto”, sembra tutto apparecchiato per giochi di parole e quant’altro. Poi lo guardi e il mistero si infittisce: Holger si presenta con il fisico di un dio vichingo montato su un viso da cartone animato, una sorta di Tintin ma un po’ stronzo, comunque dall’aria non simpaticissima.

La cosa più strana di tutte è che ancora oggi, il tennis di Holger Rune riflette il modo in cui il ragazzo si presenta. Forte, talentuoso, senza difetti perché capace di potenza e tocco, di vincere gli scambi da fondo e ben dotato per il gioco di volo, ma ancora troppo legato agli istinti e poco gestibile.

Rune e una transizione problematica al professionismo

Talento precocissimo e presto numero 1 al mondo juniores, era chiaro anche alle sedie dei cambi campo che Holger era destinato a fare molta strada da pro. L’unico dubbio, quando si ha a che fare con talenti così precoci, è quello su come fare a convogliare lo sconfinato talento nel mondo del professionismo. Dubbio per nulla banale, visto che di fenomeni a 15 anni mai arrivati nemmeno tra i primi 50 ATP è piena la storia del tennis.

Anche per questo la madre Aneke lo segue da sempre come un’ombra, e il ragazzo era allenato inizialmente da Lars Christensen, coach che lo ha seguito fin dai suoi primi passi insieme alla madre. Per un certo periodo, Holger frequenta anche l’accademia di Patrick Mouratoglou, già coach di Serena Williams e prima ancora di Marcos Baghdatis, oltre che di Simona Halep. Tuttavia, quella con Mouratoglou non è mai stata una presenza fissa, nei primi anni della carriera del tennista danese.

I problemi arrivano quando Rune arriva stabilmente nel gotha del tennis professionistico, che richiede un altro approccio e un vero e proprio team a seguire l’atleta. In tal senso, quello di Jannik Sinner sarebbe un esempio da studiare all’università, ma la storia di Rune è anche utile a capire che quanto ha fatto il fenomeno altoatesino non era affatto scontato, né di semplice realizzazione.

Iniziano i guai fisici, che poi sono anche conseguenza di problemi di impostazione tecnica. La protrusione discale che lo aveva colpito lo scorso anno era dovuta probabilmente al movimento del servizio, ma all’inizio il ragazzo ci aveva giocato su, forse con un po’ di presunzione.

2023-2024, il valzer dei coach

Lo scarseggiare dei risultati aveva causato l’addio a Lars Christensen e l’arrivo prima di Boris Becker e poi di Severin Luthi ad affiancarlo. Luthi era stato a lungo coach di Federer, ma dura da Natale a Santo Stefano, come si suol dire. Accordo annunciato il 20 dicembre 2023, separazione annunciata il 31 gennaio 2024. Di lì a poco, dice addio anche Boris Becker, pur senza mai dare l’impressione di una rottura. Le motivazioni ufficiali dell’ex Bum Bum sono quelle di “impegni privati e professionali”, ma l’impressione generale è che la gestione del talento di Holger Rune sia divenuta un bel rebus.

Alla vigilia del Sunshine Double viene ufficializzato il ritorno di Pat Mouratoglou, stavolta nei panni di head coach. Il primo approccio è incoraggiante, con le vittorie su Musetti e Fritz a Indian Wells, prima di arrendersi nei quarti a Medvedev. A Miami arriva però un preoccupante passo indietro, con il 6-1 6-1 rifilatogli dall’ungherese Marozsan. Rune commenta la disastrosa prestazione con un “avrei dovuto ritirarmi”. Silenzio da Mouratoglou.

Montecarlo e i due match in un giorno di Rune

Arriviamo a Montecarlo, dove le incognite sono tante. Dopo il bye al 1° turno gli tocca quel diavoletto di Sumit Nagal, che tutti pronunciamo con l’accento sulla seconda “a” per ovvie ragioni di somiglianza con il cognome di Rafa, ma l’accento andrebbe sulla prima. E il primo set vola via facile per Holger, ma arriva la pioggia e il rinvio, con Rune avanti di un break anche nel secondo ma con una scivolosa palla-break da fronteggiare.

Alla ripresa, Rune si sveglia dal lato sbagliato, subisce il controbreak, quindi cede ancora il servizio e il set. Nel terzo, poi, il danese riprende le misure allo sgusciante indiano e fa sua la partita, inaspettatamente prolungatasi di un’ora e mezza. Una complicazione non banale, considerando che in giornata dovrà poi affrontare anche l’ottavo di finale contro Grigor Dimitrov.

Quella contro il bulgaro è una partita infinita, che ognuno dei due vince e perde almeno 3-4 volte. Rune vince di forza il primo set per 11-9 al tie-break, poi la classe di Dimitrov chiede il conto, ma nel terzo è ancora Rune a emergere in una battaglia non solo di colpi da highlight, ma anche fisica e mentale. Holger incorre ancora in errori tattici banali, facendosi governare dall’istinto come quando manda fuori un dritto lungolinea forzando inutilmente il colpo, mentre Dimitrov era quello dei due in maggiore difficoltà fisica. Inquadrato dalla furba regia dopo questi errori, Mouratoglou si sforza di apparire una sfinge, ma la disapprovazione trasuda in maniera evidente.

Poi il ragazzo ce la fa, e oggi lo attende Jannik Sinner. Che ha giocato circa 4 ore in meno rispetto a lui.

Sinner vs Rune un anno dopo: cosa attendersi

Il 15 aprile del 2023 si giocava la semifinale del Rolex Monte-Carlo Masters, tra Jannik Sinner e Holger Rune. Jannik la affrontava da numero 8 al mondo, una posizione avanti al rivale danese. Il primo set è una rapida lezione di tennis, 6-1. La seconda frazione è molto più lottata, ma la pioggia arriva a bagnare un pomeriggio già freddino. Al ritorno, Jannik diventa più falloso e Holger si rianima, serve meglio e chiude il set. Il terzo si gioca in un clima strano, piuttosto freddo come temperatura reale ma caldissimo nell’arena, perché Rune ha capito che variando il ritmo toglie certezze a Sinner, e che mostrandosi aggressivo e provocatorio lo manda in tilt. Così polemizza con chiunque, dal pubblico al giudice di sedia, ottenendo però il risultato sperato di destabilizzare il nostro, forse un po’ troppo “good guy”: il danese la chiude 1-6 7-5 7-5 nella più inattesa delle rimonte. In molti avevano deciso che quella doveva essere l’inizio di una scalata di Rune verso la vetta e di un ridimensionamento di Sinner. 12 mesi dopo, fa piacere vedere tante fesserie tornare a galla.

Il quarto di finale odierno sarà tra due giocatori molto diversi rispetto a quelli della semifinale 2023. Jannik ha fatto il definitivo salto di qualità e mi sento di affermare con certezza che non ha più quella fragilità emotiva che lo aveva portato a subire l’aggressività di Rune. Dall’altra parte, Rune sembra sempre uno ancora in lotta con i suoi mostri interiori. Chi gli sta intorno deve insistere per aiutarlo a convogliare il suo talento, senza ingabbiarlo. Sembra semplice, visto che il giovane Holger sa fare un po’ tutto, come Alcaraz e Sinner, anche se è ancora un passo indietro agli altri due sulla risposta al servizio. In battuta invece ha ottimizzato il lancio palla, un po’ più basso e in avanti per salvaguardare la schiena senza perdere potenza.

Rune con il mistero nel cognome è un cavallo di razza, ma il tennis non perdona chi si ostina a non voler crescere.