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Un fulmine a ciel sereno, per alcuni impronosticabile, ma per altri atteso ormai da tempo, quello che ha squarciato il cielo che fa da tetto agli allenamenti di Novak Djokovic, l’attuale numero 1 del mondo del tennis, che nei giorni scorsi ha comunicato di essersi separato da Goran Ivanisevic.

Rapporto idilliaco? Solo a tratti.

Cominciamo dall’inizio della storia tra l’ormai ex coach di Nole e il 24 volte vincitore delle prove del Grande Slam, i quali iniziano il loro sodalizio nel giugno 2019, quando Ivanisevic entra a fare parte dello staff del serbo, dopo aver collaborato come allenatore di Marin Cilic, pochi anni dopo il suo ritiro come giocatore, con Tomas Berdych dal 2016, Milos Raonic dal 2018, tutti con alterne fortune.

Nel marzo del 2022, Ivanisevic veste i panni di coach principale di Djokovic e per il campione serbo si schiude un nuovo periodo di successi, visto che la metà degli Slam vinti, sono stati conquistati sotto la gestione dell’ex campione croato.

Gli anni della premiata ditta Nole & Goran sono costellati da una miriade di successi, ma anche contraddistinti da un rapporto che non sempre, almeno agli occhi dell’opinione pubblica, sembra essere stato tutto rose e fiori.

Alla mente dei più attenti, non saranno certo svanite le immagini degli sfoghi del tennista serbo tra un cambio di campo e l’altro, alcuni di questi piuttosto vistosi, per usare un eufemismo.

Fine della corsa

Non sono stati resi noti i motivi della fine del rapporto tra i due, anche perché la gestione della comunicazione della separazione, è stata affidata al solo Djokovic, ma non è detto che anche il croato voglia mettere nero su bianco e dire anche la sua.

Già, perché le parole che ha usato il serbo sono state selezionate come pietre preziose, che non lasciano spazio a sbagliate interpretazioni, tutte volte a ringraziare quello che definisce un vero amico, un ottimo professionista e una persona con cui ha stabilito un rapporto fantastico anche e soprattutto fuori dal campo.

Certo è che sono venuti alle orecchie di più di un “insider“, momenti difficili durante il torneo di Indian Wells, quando, dopo aver faticato contro Vukic all’esordio, Djokovic ha subito l’inatteso stop contro il nostro Nardi, il tutto dopo aver perso la semifinale con il nostro Jannik Sinner nel primo Slam del 2024.

A Indian Welles sembrerebbe venuto fuori il problema che Ivanisevic avesse chiesto a Djokovic di allenarsi in maniera diversa. Non è dato sapere, per amore di verità, se tali richieste facessero capo a un minore impegno da parte del numero uno al mondo, cosa che parrebbe abbastanza lontana dalla realtà, vista la professionalità del serbo.

Inoltre, questo invece non è un segreto per nessuno, i due avrebbero cominciato ad allontanarsi sensibilmente, quando la scelta della programmazione è diventata un problema insormontabile.

Djokovic avrebbe voluto accentrare la sua preparazione con l’obiettivo di vincere la medaglia d’oro alle Olimpiadi di Parigi, a costo di rinunciare al torneo di Wimbledon, cosa che al suo allenatore non è parsa la migliore delle ipotesi.

Nuovo percorso

Adesso non è chiaro quale sarà la nuova scelta di Djokovic, anche perché nel suo addio a Ivanisevic, il serbo ha paventato l’ipotesi di continuare a lavorare da solo, senza una guida vera e propria.

Per “solo” ci si riferisce sempre alla possibilità di collaborare con il suo staff, ma senza un vero e proprio allenatore, cosa che sembra comunque di piuttosto difficile attuazione.

L’età di Nole, adesso ormai 37enne, è ovviamente il fattore principale di tutta questa vicenda e, in attesa del torneo di Montecarlo, che parte tra una settimana circa, Djokovic ha chiamato i suoi vecchi amici, primo tra tutti  Nenad Zimonjic, con il quale sta mettendo a punto la preparazione al primo importante torneo della stagione sulla terra.

Cosa dovrà portare un eventuale nuovo allenatore

Se Djokovic si affiderà ad un nuovo allenatore, cosa che appare abbastanza scontata, se non subito, quanto meno ai primi segnali di difficoltà, ci saranno da mettere a punto alcuni obiettivi di non facile raggiungimento.

  • La questione mentale Non è un segreto per nessuno che il ruolo di Ivanisevic era anche quello di fare da parafulmine, quando a Djokovic tutte le ciambelle non riuscivano proprio con il buco. Lo stesso Goran ha sempre messo in evidenza questo punto e, anche se potrebbe sembrare una risposta a chi gli chiedeva “ma chi te lo fa fare?“, le reazioni di Ivanisevic agli strali del suo pupillo durante le partite, sono spesso sembrate equilibrate e, quasi sempre, molto efficaci. Sotto questo punto di vista sembra abbastanza palese che girarsi verso il proprio angolo e non trovare nessuno con cui prendersela, sarebbe deleterio per uno come Djokovic, abituato a sfogarsi con qualcuno, piuttosto che con qualcosa.

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  • Accompagnare la chiusura della carriera Il problema della condivisione del calendario è quello da risolvere immediatamente dopo quello di carattere mentale. Il nervosismo palesato a Indian Wells, è stato messo in evidenza al rientro di Djokovic dopo la sconfitta agli Australian Open di inizio 2024. Ciò significa che il fallimento del torneo statunitense è giunto dopo un lungo periodo di preparazione, cosa che non ha certo fatto piacere ad un campione che non ha poi tanti anni di carriera ancora davanti. Il nuovo allenatore dovrebbe mettere in cima ai suoi obiettivi, proprio quello di allungare il più possibile la vita professionale al suo assistito, cosa che, come abbiamo visto con Federer e che stiamo vedendo con Nadal, non è esattamente la missione da completare.

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  • Il servizio è ancora un problema? Fin dal 2003/2004, anni della sua entrata ufficiale tra i professionisti, il servizio di Novak Djokovic, è sempre sembrato il punto debole del serbo, o almeno il fondamentale non all’altezza delle altre leccornie che il numero uno al mondo offre quando si legge il suo menù tennistico. Il miglioramento del servizio negli anni in cui ha lavorato con Ivanisevic, gli ha permesso di rimanere dominante negli ultimi tempi della sua carriera, ma il movimento di un servizio perfetto, non può non scendere a compromessi con la tenuta fisica e, soprattutto, con la carta d’identità. Dal punto di vista prettamente tecnico, ci si è spesso chiesti se il punto di contatto tra la palla e la testa della racchetta, sia quello corretto, soprattutto ora che siamo a quota 37 anni e le gambe non spingono come un tempo.

I papabili

Non sono in pochi a pensare che, dopo un periodo così dominante come quello trascorso insieme a Ivanisevic, la scelta del nuovo allenatore ricadrà su una vecchia conoscenza come Marian Vajda, che allenò Djokovic agli inizi della sua carriera e, soprattutto, è stato richiamato a più riprese dal serbo, anche solo per uscire da momenti di poco splendore e/o al cambio tra un allenatore e l’altro.

Inoltre, questo, dovrebbe essere l’ultimo cambio al corner del serbo, per cui appare abbastanza sensato che non sarà una rivoluzione totale.

L’idea di affidarsi a Roger Federer, seppur una chiara boutade, non è del tutto peregrina, intanto perché lo svizzero è a spasso e rientrare nello show, come scriveva David Foster Wallace nel suo meraviglioso Infinite Jest, potrebbe essere una buona idea senza passare dalle porte secondarie e poi perché potrebbe sul serio aiutare Djokovic a chiudere bene la sua carriera.

Infine si parla di un altro ex allenatore del serbo, Boris Becker, anche lui a spasso dopo l’addio a Rune lo scorso febbraio.