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Il mondo del poker cambierebbe se una giocatrice vincesse il Main Event delle World Series Of Poker?

Forse la vittoria “in rosa” potrebbe convincere più donne a cimentarsi nei tornei di poker. Forse diminuirebbe il sessismo che spesso ancora si percepisce all’interno di una pokeroom. Ma la realtà è che nella nuova era del poker, quella del post-Moneymaker effect e di Internet, le donne che giocano e vincono ci sono già. Oggi il settore è già abituato alla “vittoria in rosa”, grazie ai successi messi a segno da tante campionesse.

Non era però così negli anni Settanta e Ottanta del XX secolo, un periodo in cui il poker da torneo era ancora agli inizi e il sessismo derivava (in parte) dall’incapacità anche solo di immaginare una giocatrice al tavolo.

Nelle prime dieci edizioni delle WSOP, il rapporto tra uomini e donne iscritti ai vari tornei era di 200 a 1. Quando, verso la fine degli anni ’70, un giornalista ha chiesto a Doyle Brunson se avesse mai incontrato una top player, il due volte vincitore del ME WSOP ha candidamente risposto: “No, non credo che succederà mai una cosa del genere“.

Un po’ più ironico – ma non meno chiaro – è stato Thomas “Amarillo Slim” Preston, quando ha detto: “Ho un accordo con le signore: se accettano di non giocare a poker, io accetto di non fare figli“.

Le cose stavano così anche nel 1973, nonostante al tavolo finale del Main Event WSOP si sia seduta proprio una donna: Vera Richmond.

Di lei non si sa molto e non si trovano immagini su Internet. Sappiamo però che i 10.000 dollari per il buy-in del torneo non sono stati un problema, visto l’enorme patrimonio accumulato dalla famiglia con il business dei cosmetici.

Nemmeno il field quasi del tutto al maschile (12 uomini su 13 partecipanti) deve averla spaventata. Si dice infatti che fosse “una tosta” al tavolo, una vera amazzone del poker con un temperamento vincente. Un’attitudine, questa, che di sicuro l’ha aiutata a lasciarsi alle spalle tanti giocatori maschi.

Immagine credits WSOP/PokerNews

Dopo aver raggiunto il final table a 9, ad un certo punto la giocatrice si trova ben posizionata nel chipcount. Il gioco, lo stile aggressivo e lo stack le consentono di ambire al titolo.

E così, durante una pausa, Vera Richmond decide di andare nella Sombrero Room dell’Horseshoe Casino. E’ la sala dove i giocatori che sono in break si rilassano un po’ con qualche tirata si sigaro o sigaretta, mangiando e ovviamente chiacchierando di poker. Nel gruppo c’è anche Amarillo Slim, circondato dalla stampa. Nonostante quell’anno non abbia preso parte alle World Series Of Poker, Thomas Preston rimane pur sempre il campione del mondo in carica. E poi è uno che ama dare spettacolo anche senza le carte: comprensibile che i giornalisti se lo stiano contendendo per un commento sul tavolo finale.

L’unica donna in gara si avvicina al capannello di persone e interrompe Preston dicendogli: “Mr. Slim, che cosa ne pensa di una donna capace di accumulare tutte quelle chips?“. Preston, almeno questa volta, opta per un politically correct “Credo sia una grande cosa“.

Non è tuttavia la risposta che Vera Richmond si aspetta. E allora rilancia: “Bene, perché è sicuro che sarò io a vincere le World Series!“. Questa volta Amarillo Slim non riesce a trattenersi, ma la sua forbert va… un po’ lunga! Ne esce una frase diventata famosa, anche a causa di un ritocco (involontario?) della stampa che l’ha resa fortemente sessista.

Amarillo Slim dice “Vera, se riesci a vincere le WSOP puoi tagliarmi la gola con un coltello smussato!“, ma i giornali riportano “Se una donna riesce a vincere le WSOP, mi taglio la gola!“, trasformando così la querelle tra due giocatori a uno scontro tra sessi. Una frase che riemergerà negli anni successivi, tutte le volte che una donna andrà vicina al traguardo.

Per esempio alle WSOP 2000, quando Kathy Liebert e Annie Duke si troveranno a lottare per un “posto al sole” nel Main Event: Amarillo Slim farà la sua comparsa in mezzo a loro puntandosi un coltello a collo. Tante risate per una gag che non sarà di buon auspicio per le due giocatrici, rispettivamente 17a e 10a alla fine.

Le cose sarebbero cambiate se Vera Richmond avesse vinto il torneo del 1973? Dubitiamo che il sessismo sarebbe scomparso del tutto dal mondo del poker ma, se non altro, Amarillo Slim si sarebbe dovuto ingoiare il rospo (senza sgozzarsi) e le gag per deridere le donne che giocano non ci sarebbero state. E invece il braccialetto e i 130mila dollari di primo premio sono andati a Puggy Pearson che ha battuto Johnny Moss in heads-up.

E così il mito dell’invincibilità maschile nel poker è perdurato, ma non per molto. Precisamente 9 anni, fino al 1982 quando Vera Richmond si è aggiudicata l’evento WSOP $1.000 Ace-to-Five Draw (38.500 dollari di payout), diventando così la prima donna capace di conquistare un braccialetto in un torneo “open”, cioè con uomini e donne nello stesso field.

Immagine di testa credits WSOP/PokerNews