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A solo una settimana di distanza dall’annuncio del programma ufficiale delle World Series Of Poker 2021, fioccano i vari “io ci sarò!”.

Dopo quello di Phil Ivey, arrivato insieme ad un’intensa intervista ricca di “outing”, pochi giorni fa anche Doyle Brunson ha confermato di voler partecipare alle prossime WSOP. Lo ha detto in un tweet che ha subito fatto il giro del mondo (del poker):

Standing ovation virtuale da parte dell’intera community dei giocatori. Perché avere di nuovo Texas Dolly alle WSOP nell’anno in cui la manifestazione torna live dopo il blocco pandemico, rappresenta un doppio successo della vita sulla malattia.

A 87 anni Doyle Brunson ha ancora tanta voglia sia di vita che di poker. 8 anni fa, al termine del Main Event WSOP 2013 (409° per $28.063 di premio), il campionissimo texano aveva annunciato il suo ritiro dal poker professionistico. La promessa è durata poco, il tempo di sedersi di nuovo al tavolo nel 2017 per l’evento speciale $25.000 NLH Holidays with Hellmuth (6° posto) e poi di andare ancora a premio nelle WSOP del 2018. In quella occasione Brunson è arrivato al tavolo finale del $10.000 2-7 Lowball Draw Championship e ha perfino sfiorato la vittoria, chiudendo con un ottimo 6° posto per poco meno di 44mila dollari di premio.

In questo lasso di tempo ci sono un cancro sconfitto (il terzo nell’arco della sua vita), una rapina a mano armata subita (la quinta, oltre ad una pugnalata ricevuta) e una quarantena di un anno e mezzo che Brunson si è subito imposto alla comparsa del COVID-19. Texas Dolly è un sopravvissuto, così come lo è il desiderio diffuso di tornare a vivere anche attraverso il gioco.

Doyle Brunson è il giocatore che più di tutti ha contribuito a gettare le fondamenta del poker che oggi conosciamo. Ha scritto pagine su pagine di storia di questo gioco, attraverso 50 anni di attività torneistica. Per questa ragione è soprannominato il “godfather” (il padrino) del poker, senza alcuna accezione malavitosa. Di lui, della sua storia personale, della scoperta del poker ai tempi dell’università e delle sue vittorie si è scritto già tutto. Noi ci limitiamo ad una brevissima sintesi.

Il suo primo ITM ufficialmente registrato su TheHendonmob.com è un 3° posto nel Main Event WSOP del 1972. A quello ne sono seguiti altri 87, dei quali 10 sono braccialetti WSOP (due Main Event), per un totale di $6.176.737 vinti in carriera. L’ultimo braccialetto è datato 2005, ottenuto nel $5.000 NLH Short Handed. Nel 1988 è stato inserito nella Poker Hall of Fame ed è l’autore di Super System, in assoluto il libro sul poker più letto al mondo.

Al momento Doyle Brunson non ha ancora comunicato quanti e quali saranno gli eventi che giocherà alle prossime WSOP. Nel tweet parla di “a few selected tournaments”, cioè pochi ma buoni. Stando ai suoi gusti, ipotizziamo che ci sarà almeno un torneo importante di TH e sicuramente qualche evento di Mixed Games o Stud Poker.

Ma più di tutto ci piace immaginare che Doyle Brunson possa andare di nuovo in the money. Sarebbe un sigillo di grande prestigio per la prima edizione delle WSOP post-pandemia. Una vittoria poi, per quanto improbabile, sarebbe un altro episodio leggendario nella sua carriera di poker player.

Un po’ come leggendaria è diventata quella mano con la quale ha vinto i due Main Event WSOP consecutivi, nel 1976 e 1077. Una mano “trash”, ingiocabile, ma non per lui: 10-2 che da allora è per tutti la “Doyle Brunson’s hand“.

Foto di testa: Doyle Brunson (Getty Images)