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Il numero uno tra i numeri due. Così si potrebbe sintetizzare l’esperienza del brasiliano Rubens Barrichello alla Ferrari, pilota per troppe volte sacrificato sull’altare della vittoria al fine di favorire Micheal Schumacher.

L’epoca vincente del pilota tedesco, infatti, deve molto ai tanti aiuti e ai continui sacrifici sportivi del pilota carioca, che ha aiutato tantissimo la causa di Maranello, senza mai eccedere in polemiche o controversie. Nonostante i numeri per primeggiare ci fossero tutti.

Gli esordi in Formula Uno

Il classe 1972 brasiliano fino ai 18 anni ha esperienze motoristiche nei kart in sudamerica, prima di trasferirsi in Europa e trovare la fortuna prima nella Formula Opel poi in Formula 3. I risultati sono molto buoni, così Jordan lo nota e lo ingaggia in Formula Uno.

Dopo un esordio, avvenuto nel 1993, piuttosto soddisfacente, nel 1994 Rubens per poco non deve già abbandonare le corse: nel maledetto weekend di Imola, in cui perdono la vita sia Ratzenberger che Senna, il venerdì Barrichello fa un incidente terrificante e solo l’intervento tempestivo dei sanitari a bordo pista gli salva la vita.

A poco a poco Rubens si riprende, prima in Jordan poi dal 1997 al 1999 in Stewart, dove ottiene un secondo posto a Monaco, una pole position in Francia e ben tre terzi posti (a San Marino, Francia e Germania). Gli exploit, con una vettura poco competitiva, gli valgono la chiamata in Ferrari.

Barrichello in Ferrari: un eterno numero due

Nel 2000, quindi, Jean Todt lo vuole in Ferrari, pensando che Rubens possa essere l’ideale seconda guida per la rossa, che con Schumacher sta iniziando a vincere.

Barrichello, nonostante una vettura formidabile e un talento già palesato prima in Jordan poi in Stewart, obbedisce. Al Gran Premio numero 123 della sua carriera, poi, coglie la sua prima vittoria, in Germania, peraltro compiendo una rimonta clamorosa dalla posizione in griglia numero 18. Le lacrime di gioia del brasiliano inteneriscono i tifosi italiani, che da quel momento lo amano profondamente.

Il brasiliano è molto competitivo, ma nonostante ciò – in un’ottica di lavoro di scuderia – gli viene costantemente chiesto di aiutare Schumi a vincere e di portare a casa punti per la classifica costruttori. Se all’inizio non vi sono grossi problemi nel condurre questo tipo di strategia (con Ferrari che coglie due titoli costruttori di fila), nel 2002 arriva il primo, inevitabile, sgarbo.

Siamo in Austria, e a due tornate dal termine Barrichello comanda su Schumacher. Inevitabilmente, il team radio arriva implacabile: Todt ordina di lasciar strada al tedesco, al fine di conquistare punti per la classifica piloti. All’ultima curva, Barrichello fa una frenata plateale e lascia passare il compagno.

E’ il riassunto ideale di tanti anni in Ferrari: un Barrichello sempre vicino alla vittoria (che conquisterà nove volte in sei stagioni), ma costantemente frenato da logiche di squadra che gli sono avverse.

L’uomo giusto al momento sbagliato. Ma, nonostante ciò, uno dei piloti Ferrari più amati.

L’addio alla Ferrari

La stagione 2005 è l’ultima in rosso per il brasiliano: al termine di una annata povera (per lui e per Schumacher) di risultati, con migliore piazzamento il secondo posto della tragicomica, assurda gara di Indianapolis, per Rubens la misura è colma e lascia il suo sedile a Felipe Massa.

Se ne va per due (disastrose) stagioni in Honda, poi passa alla Brown GP, dove in verità contende a lungo a Button il titolo piloti. Passa in Williams per due stagioni, dove in realtà non è mai competitivo e decide di ritirarsi dalla Formula Uno per passare alla stock car cross, dove corre ancora oggi.

I numeri di Barrichello in Ferrari

Prendendo in esame solo le sei stagioni in rosso, i numeri di Barrichello sono tutt’altro che negativi:

  • Gp disputati: 102
  • Vittorie: 9
  • Pole position: 11
  • Giri veloci: 15
  • Podi: 55
  • Punti mondiali conquistati: 412
  • Kilometri percorsi in testa: 3.182
  • Kilometri percorsi con la Ferrari: 27.411
  • Miglior risultato in classifica piloti: 2°, nel 2002 e nel 2004