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Il 13 settembre 1987 la “Scala del calcio” ospita un incrocio che non è solo tra due squadre di calcio, ma molto di più: quello tra l’Inter di Giovanni Trapattoni e il Pescara di Giovanni Galeone è un crocevia tra epoche, prima che tra giocatori, allenatori e società. Soprattutto, è il primo atto di una stagione che in riva all’Adriatico ricordano bene ancora oggi, a distanza di 35 anni.

Oggi parleremo di un’epoca in cui ancora il calcio non aveva problemi di calendario intasato, la nostra Serie A si avviava all’ultima stagione a 16 squadre, la difesa a zona era ancora vissuta come una sorta di intrusa ma si faceva largo grazie ai suoi profeti.

Serie A 1987/88: agli albori della rivoluzione

Agli stalli di partenza del campionato ci sono innanzitutto i freschi campioni d’Italia del Napoli di Maradona, Giordano e Careca. Poi c’è l’Inter di Pellegrini con Giovanni Trapattoni che la stagione precedente aveva lasciato la Juve dopo il decennio più vincente della sua storia. C’è ovviamente anche la Juventus, che dopo il Trap ha salutato anche Michel Platini e si prepara a un doloroso rebuild. C’è poi l’ambizioso Milan di Berlusconi che ha appena comprato Marco Van Basten e Ruud Gullit affidando la panchina all’esordiente Arrigo Sacchi. E c’è un altro esordiente, anch’egli convinto assertore della difesa a zona ma soprattutto di un gioco offensivo: si chiama Giovanni Galeone, che l’anno prima ha strabiliato in Serie B con il Pescara e il neopresidente Pietro Scibilia lo ha premiato confermandolo alla guida di una società che era alla terza partecipazione al massimo campionato, dopo due tentativi andati male negli anni’70.

Il Pescara e l’esordio shock a San Siro

A San Siro non va in scena soltanto il classico scontro di inizio stagione fra una big e una neopromossa, ma molto di più. Giovanni Trapattoni ha solo 48 anni, ma il suo calcio inizia a mostrare delle rughe piuttosto evidenti. Il vento del modernismo soffia forte, il Giuan ha spalle abbastanza larghe per sopportare le pressioni di una piazza sempre ambiziosa e il tempo gli darà ancora una volta ragione, l’anno seguente con quella che passerà alla storia come “l’Inter dei record”. Qui, invece, il suo campionato parte con una sonora quanto inaspettata scoppola.

Galeone presenta un Pescara che, più che una squadra, è una dichiarazione d’intenti: 4-3-3 e approccio spregiudicato. I nerazzurri forse si aspettavano di affrontare il classico cliché della provinciale tutta difesa e contropiede, ma la realtà non potrebbe essere più diversa e al minuto 40 inizia a diventare amara. Leo Junior, lasciato libero forse con troppa leggerezza dal Torino, illumina la scena con un meraviglioso esterno destro in verticale. Il lancio trova Romano Galvani da Manerbio, professione mediano, pronto all’inserimento senza palla in area: controllo di petto e pallonetto di esterno destro a beffare Zenga. Un gol bello che non ci si crede, è 0-1.

Poi si mette in moto Rocco Pagano, ala destra che rimane ancora oggi tra i migliori interpreti del calcio del “Gale”, uno che Paolo Maldini definirà poi come l’avversario che più lo ha messo in difficoltà in carriera. E scusate se è poco. Pagano era capace di percussioni irresistibili, sia in fascia destra che convergendo verso il centro. Ed è proprio quest’ultima, la soluzione adottata contro l’Inter al minuto 13 del secondo tempo: il povero Zenga non può che stenderlo, ed è rigore. Se ne incarica Blaž Slišković, meglio noto come Baka, di cui parleremo diffusamente più avanti, ed è gol. 0-2, e la partita finisce così.

La formazione tipo, il girone d’andata e il Gasp

Il Pescara è una squadra divertente, che gioca sempre per segnarne uno in più rispetto al suo avversario, e pazienza se ogni tanto si prendono le imbarcate. Nel girone di andata ne prende 6 dal Napoli e 5 dalla Roma, ma comunque al giro di boa chiude a quota 13, tre punti sopra al Como penultimo.

Il pubblico dell’Adriatico apprezza e si diverte, come non ha mai fatto prima e come, probabilmente, accadrà poi soltanto con Zeman in Serie B. La formazione tipo di quell’anno è la seguente:

  • Zinetti, Dicara, Camplone; Galvani, Junior, Bergodi; Pagano, Gasperini, Gaudenzi, Slišković, Berlinghieri.

Sì, Gasperini è proprio QUEL Gasperini. Gian Piero, oggi tecnico dell’Atalanta, che proprio in quel campionato metterà a segno il suo record di gol in carriera: 7.

La lezione alla Juve e la mossa Dicara

Il girone di ritorno fa registrare un’altra impresa memorabile. Il 7 febbraio del 1988 all’Adriatico arriva la Juventus, che non è lo spauracchio di qualche anno prima. Platini si è appena ritirato, sostituito da un Marino Magrin che però non si libererà mai dal fardello dell’illustre predecessore. In attacco c’è il gallese Ian Rush, senza tema di smentita fra i 3 più giganteschi flop di mercato nella storia del club. L’allenatore è Rino Marchesi, capitato sulla panchina della squadra più blasonata d’Italia nel momento sbagliato.

Galeone stupisce ancora e il suo colpo di genio si chiama Giacomo Dicara. Il ragazzo è nativo di Spoltore, a pochi passi da Pescara, non ha ancora 18 anni ma dal girone di ritorno in poi la maglia numero 2 dei biancazzurri è la sua. Soprattutto, contro la Juve l’allenatore attua la mossa che non ti aspetti: Dicara a uomo su Rush. Il risultato è che il gallese, già poco a suo agio con il calcio italiano, non la vede mai, nonostante il Pescara fosse la sua vittima preferita avendo segnato 7 dei suoi 13 gol “italiani” proprio alla squadra di Galeone tra campionato e coppa Italia.

Il pressing del Pescara contribuisce a mandare in tilt i piani bianconeri, che capitolano a inizio secondo tempo con Junior, bravo a ribadire da distanza ravvicinata su respinta di Tacconi. Poi è il solito Pagano, a involarsi e rendersi imprendibile, per poi fulminare il portiere Bianconero sotto l’incrocio. Ancora 2-0, ancora contro una big.

La poesia di Baka

Si diceva di Gasperini e dei suoi 7 gol, che per poco non ne fanno il miglior marcatore della squadra. Il capocannoniere del Pescara 1987/88 è infatti Baka Slišković, uno su cui si potrebbe scrivere pagine e pagine. Bosniaco di Mostar, Slišković arriva a Pescara in prestito dal Marsiglia e subito Galeone se ne innamora. Baka ha tecnica di alta scuola, una “castagna” potentissima e poi è tra quei pochi eletti che vedono il gioco prima e meglio di tutti gli altri.

C’è un però, altrimenti staremmo parlando di uno dei primi 10 giocatori all time. Anzi, ce ne sono diversi: Baka non è propriamente un modello di vita da atleta, viaggia alla media di due pacchetti di Marlboro al giorno e ha un debole per alcol e belle donne. Qualche tempo prima di arrivare a Pescara, aveva anche smesso di giocare per circa un anno, perché innamoratosi perdutamente di una ginnasta russa. Dopo essersi reso irreperibile per il suo club del tempo (l’Hajduk Spalato), aveva poi fatto ritorno all’ovile al termine della burrascosa lliason.

A Pescara Baka vive forse la sua migliore stagione in carriera e infatti ci tornerà 5 anni dopo, anche se ormai a fine corsa. Quando si illumina è inebriante e il pubblico pescarese se ne innamora, perdonandogli tutti gli eccessi da viveur. Il suo peso specifico nel gioco di Galeone si nota quando si infortuna, a poche giornate dalla fine.

I due “assist” al Pescara

Senza il suo faro il Pescara rischia, ma alla fine si salva pur facendo solo due punti nelle ultime 6 giornate. Certo, nella salvezza hanno un peso innegabile due elementi: la riforma dei campionati e la penalizzazione dell’Empoli.

Il fatto che dal 1988/89 la Serie A sarebbe passata da 16 a 18 squadre aveva ridotto il numero di retrocessioni eccezionalmente da tre a due. Inoltre, l’Empoli aveva iniziato il campionato con una penalizzazione di 5 punti, per un illecito sportivo. Sul campo i punti dei toscani sono 25, uno più del Pescara, ma in classifica ne rimangono solo 20, decretando la retrocessione degli empolesi.

Dalla retrocessione in C alla salvezza in A

La parabola del Pescara di Galeone 1987/88 è breve ma intensa, particolare fin dal prologo. Il Gale viene chiamato alla guida del Pescara l’anno prima, quando gli abruzzesi erano retrocessi in Serie C. Poi però all’ultimo momento il Palermo fallisce e il Pescara viene ripescato in Serie B, da affrontare con una squadra allestita per la serie inferiore.

Segue una stagione eccellente con l’inattesa promozione, che porta al campionato di Serie A poi passato alla storia come la prima – e al momento unica – salvezza degli abruzzesi nel massimo campionato.