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C’è una luce che sembra un abbagliante: è il faro Ronaldo sulla storia dei brasiliani che hanno militato nell’Inter. Nessuno come il Fenomeno, in particolare tra i connazionali. Eppure, scherzi dei destini calcistici, c’è chi ha vinto tutto e tanto più del Nove per eccellenza.

In questo viaggio particolarissimo nei ricordi, che proviamo anche ingenuamente a suddividere in piacevoli e spiacevoli, top e flop, c’è però la storia di un pezzo di noi, di un passato vincente e memorabile, ma anche le sconfitte più cocenti e le più grosse delusioni.

Del resto, chi meglio dei “pazzibrasiliani per la “Pazza Inter“? Buon viaggio. A ritmo di samba.

Brasiliani all’Inter: TOP

Achille Gama: il fondatore. È stato calciatore, arbitro e allenatore. Ma soprattutto ha fondato l’Inter e ha segnato la prima rete nella gara d’esordio contro il Milan, il 10 gennaio del 1909. Più ‘top’ di così…

Adriano: l’Imperatore. A prescindere da come sia finita, sono state emozioni fortissime. All’Inter dal 2001, poi gli intervalli Fiorentina e Parma per farlo tornare più forte e più uomo. 2004-2008 in nerazzurro: gol e giocate sontuose. Fino alla disfatta.

Hernanes: il profeta. Un anno e mezzo all’Inter ma grandi ricordi per i tifosi, che dalla Lazio avevano finalmente trovato un regista. Pian piano, la sua importanza è venuta meno. E qualcuno non gli ha perdonato il passaggio alla Juventus…

Jair: tre uomini e una gamba. È citato in una scena del film cult da Giovanni, ma per tutti è la Freccia Nera. Veloce, abile negli assist, baciato dal talento per i gol. Nove anni all’Inter, intervallati da una stagione poco fortunata alla Roma. Totale.

Juan Jesus: sempre presente. Dopo la prima stagione un po’ particolare, Juan Jesus si ritaglia sempre più spazio nell’Inter e in quattro annate molto delicate. Errori e grandi prestazioni. Non sfigura, però. Nient’affatto.

Julio Cesar: la saracinesca. ragazzo prodigio del Flamengo, poi l’Inter. Che non può prenderlo e però s’accorda con il Chievo, il primo club a portarlo in Italia. Dall’estate del 2005, sono 7 anni di dominio incontrastato nel cuore degli interisti. Le mani sul Triplete sono (soprattutto) anche le sue.

Lucio: cavallo pazzo. Uno dei pilastri del Triplete. Un giocatore che Mourinho volle fortemente dopo una vita tra Leverkusen – quel Leverkusen – e Bayern Monaco. Arriva nel 2009 e gioca 3 anni di livello spaventoso. Vincendo tutto, inevitabilmente.

Maicon: a tutta birra. Maicon Douglas – che avrebbe dovuto chiamarsi Michael, ma questa è un’altra storia -, soprannominato il Colosso, è stato semplicemente uno dei terzini più forti degli ultimi vent’anni. Dal Cruzeiro al Monaco, fino all’Inter, dove vive tutta la trafila vincente, dal 2006 al 2012. Triplete compreso. Sulle ali della sua corsa e del suo entusiasmo.

Maxwell: intelligenza al potere. Ha giocato nell’Ajax, nell’Inter, nel Barcellona, nel Psg. Cosa c’è da aggiungere? La sua straordinaria intelligenza. E un palmarés pazzesco. La delusione per non aver portato a casa la Champions nerazzurra, viene subito rimpiazzata dal trionfo nel 2011 con i blaugrana.

Miranda: l’esperienza necessaria. Dopo anni traballanti della difesa nerazzurra, Miranda è stato l’acquisto giusto al momento giusto. Solo nell’ultimo anno perde il posto (ma per De Vrij), per il resto annate ottime e dal certo rendimento tra il 2015 e il 2019.

Rafinha: quel fallo subito. Una buona annata all’Inter, ma un riscatto mai arrivato. Rafinha sarà ricordato sempre per due episodi: il gol e le prestazioni fondamentali per il quarto posto e il ritorno in Champions League, il fallo subito da Pjanic nella partita decisiva per la vittoria dello scudetto della Juventus.

Ronaldo: il Fenomeno. Con la F maiuscola, perché come lui nessuno mai e nessuno mai più. Arriva in nerazzurro dopo un’annata incredibile al Barcellona. Nel Dal 1997 al 2002, eredita il trono di migliore al mondo da Roby Baggio, di cui sarà anche compagno di squadra. Gli infortuni, i gol, la fascia da capitano nel 1998 dopo l’addio di Bergomi. Poi lo scudetto, perso all’ultima giornata. E il passaggio a Madrid.

Ze Maria: la favola. Dalla Portuguesa al Parma, passando per quattro anni al Perugia di livello pazzesco. L’Inter lo preleva e gli offre la fascia destra, due anni di assoluto affidamento.

Brasiliani all’Inter: FLOP

Alex Telles: il pupillo. Mancini lo porta con sé dal Galatasary: avrebbe potuto rappresentare la svolta per i terzini interisti, da sempre tasto dolente. E invece…

Caio: la scommessa. Arriva nel 1995 con Roberto Carlos e per 7 miliardi di vecchie lire (preso dal San Paolo). Farà sei presenze, poi subito al Napoli. Male.

Cesar: il doppio passo. Dopo cinque stagioni sontuose alla Lazio, arriva all’Inter per la consacrazione. Vi resta sei mesi, poi torna in Brasile e quindi al Livorno. 2007-2008 ancora in nerazzurro: vince lo scudetto, ma oltre un gol fa poco più.

Coutinho: l’investimento. Prima di essere il talentissimo del Liverpool e il punto interrogativo di Bayern e Barcellona, Coutinho è stato l’occasione mancata dell’Inter. Acquistato a soli 16 anni per 4 milioni di euro, resta al Vasco da Gama fino al compimento dei 18 anni. Ma era acerbo, allora. Spalle strette. Minuto. Poco funzionale al gioco. E davanti a un assegno di 13 milioni, l’Inter lo cede al Liverpool, dove esploderà.

Dalbert: centometrista. Grande corsa, grande intelligenza e grande stagione al Nizza, che fa innamorare Piero Ausilio. Arriva nel 2017 e sembra risolvere tutti i problemi: non ne aggiusterà mezzo.

Dodo: il terzino di non spinta. Sembrava un predestinato alla Roma, fu un fallimento all’Inter. Anche per un brutto infortunio: legamento crociato del ginocchio sinistro. Gioca addirittura con la Primavera a inizio del 2015-2016.

Felipe: il tappabuchi. Sei mesi dopo una vita tra Udine, Firenze e Parma. L’Inter lo prende nel 2015 quando si trova improvvisamente a corto di difensori. Quattro presenze, niente conferma.

Felipe Melo: l’interista vero. Boom alla Fiorentina, mega flop alla Juventus. Mancini lo rivaluta al Galatasaray, da cui l’Inter lo prende nell’agosto del 2015. Buone prestazioni fino alla fine del primo anno (solare). Poi è tutta in salita.

Gabigol: bomber mancato. Per tanti, addirittura l’erede di Ronaldo il Fenomeno. Per la realtà dei fatti, un buon attaccante che non trovò il terreno ideale per esprimersi al meglio, così come ha fatto e sta facendo tra Nazionale e Flamengo. Peccato: nell’estate del 2016, l’Inter lo portò in Italia per 30 milioni di euro.

Gilberto: spinta e freno. Due presenze nell’Inter, dove arriva dal Cruzeiro. Nel calcio a 5 era un fenomeno, in quello a 11 colleziona comunque 35 gettoni con la nazionale brasiliana.

Jonathan: il divino. Quattro anni in nerazzurro, arriva dal Santos via Cruzeiro. La prima stagione è un disastro: dopo sei mesi è già al Parma. Dal 2012 al 2015, colleziona gettoni. Ma non lascia mai davvero il segno.

Juary: il brasiliano d’Avellino. Un solo anno in nerazzurro, dal 1982 al 1983: ma due gol in poco più di 20 presenze. Che per un attaccante…

Kerlon: la piccola foca. Cioè, proprio Foquinha, che era il suo soprannome. Sapete perché? Facile arrivarci: i palleggi con la testa, in generale l’abilità nel dribblig. Arriva nel 2009 dopo lo svincolo dal Chievo. Saranno tre anni di prestiti.

Luciano: l’ex Eriberto. Bologna, Chievo e un nome cambiato, ecco l’Inter a prelevare Eriberto Conceiçao da Silva. Su di lui penderà per sempre lo scandalo della carta d’identità falsa. Sostanzialmente, dopo alcuni provini in cui viene scartato poiché già ventenne, nel 1996 si procura una carta d’identità falsa (attestava la nascita nel 1979, mentre era nato nel 1975). Quando arriva in nerazzurro ha dunque 28 anni e non 24. In ogni caso, porta a casa appena 5 presenze.

Luis Vinicio: un altro calcio. Cresciuto nel Botafogo e diventato immortale tra Napoli e Vicenza, arriva all’Inter sul finire di carriera. Era il 1966 e aveva già 34 anni. Una stagione sfortunata: ma quant’era forte, bomber Vinicius.

Mancini: l’illusionista. Dribbling, gol e lacrime all’addio da Roma. Ma l’Inter era la squadra più forte del campionato, un richiamo troppo frote. Dal 2008 al 2010, ha alternato buone cose a tante illusioni. No, non parliamo di dribbling.

Roberto Carlos: l’incompreso. Un acquisto senza precedenti. Un giocatore senza precedenti. Non fu capito. Hodgson si è preso tutte le responsabilità, preferendogli Alessandro Pistone, e cedendo il miglior laterale mancino al mondo al Real Madrid per 7 miliardi di lire.

Vampeta: l’amico di Ronie. A proposito del Fenomeno: un suo consiglio fu proprio Vampeta. Moratti, innamorato, si fidò ciecamente e gli fece addirittura un triennale con opzione per il quarto. Totale delle presenze: otto. Di queste, una in campionato.

Wallace: una vita in prestito. Dal Chelsea all’Inter, poi Vitesse, Carpi e Gremio. Non è andata bene da nessuna parte per Wallace, che pure può vantarsi di avere quattro presenze all’attivo con i nerazzurri.

Wellington: il sogno spezzato. Cresciuto al Vasco e a 20 anni prelevato dall’Inter. Tre anni, tutti in prestito: Spezia, Vis Pesaro e Sansovino. Eh.

Ze Elias: testa calda. Due anni all’Inter, quella di Simoni. Per 10 miliardi di lire. Vincerà una Coppa Uefa, in due anni non certamente esaltanti.