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A Madrid contro Thiago Seyboth Wild, ma anche la settimana prima a Barcellona contro Roberto Carballes Baena, Lorenzo Musetti ci è ricascato. Non solo ha perso, ma lo ha fatto alla sua maniera: dando spettacolo con singoli punti incredibili e riuscendo comunque a cedere ad avversari battibili. Dall’altra parte, almeno nei due casi in oggetto, gli avversari hanno giocato molto bene. Ma è vero che, come più volte lamentato da Musetti, contro di lui “diventano tutti fenomeni”? Vediamo di capirlo insieme.

Lorenzo Musetti, un anno dopo

La risposta a molte delle domande che ci si può porre oggi su Lorenzo Musetti, è in questo articolo che avevo scritto su di lui praticamente un anno fa. E questo non perché il sottoscritto sia un genio delle previsioni, ma perché è macroscopicamente vero che il ragazzo, 12 mesi dopo, abbia esattamente gli stessi pregi e gli stessi difetti. E undici posizioni in meno in classifica, 29° contro il 18° posto che occupava durante l’ATP Madrid dello scorso anno.

Un anno è un tempo ridotto considerandolo nel contesto di una intera carriera, ma significativo soprattutto a un’età in cui in genere i progressi dei giocatori sono più sostenuti. In questi 12 mesi, in assenza di infortuni di rilievo, non aver fatto dei progressi è certo da interpretare come un segnale preoccupante. Non definitivo, ma preoccupante.

Non è corretto fare un paragone con Jannik Sinner e non è mia intenzione farlo, perché il percorso di ogni giocatore è peculiare. Tuttavia, c’è un aspetto impossibile da non sottolineare: mentre Jannik ormai non smette più di sorprenderci, ponendosi obiettivi sempre più prestigiosi, Lorenzo sembra in un loop di scene già viste, quasi una coazione a ripetere.

Seyboth Wild ha fatto il fenomeno?

Durante il 6-4 6-4 subito a Madrid dal brasiliano Thiago Seyboth Wild, Lorenzo Musetti è stato sentito più volte esclamare, tra un punto e l’altro “contro di me sono tutti fenomeni”. Andiamo a vedere se ciò corrisponde al vero, per quanto riguarda il match contro il brasiliano.

Visto che i numeri non sempre dicono tutta la verità, ma di sicuro non mentono, sono andato a guardarmi alcune statistiche di Thiago Seyboth Wild in carriera, prendendo ovviamente in considerazione soltanto i match su terra battuta. TSW ne ha giocato in totale 295, con 175 vittorie e 120 sconfitte, ed è questo il campione utilizzato per confrontarlo con il match di Madrid.

  • Prima di servizio: contro Lorenzo Musetti, Seyboth Wild ha messo in campo il 57% di prime palle. Il dato relativo alla carriera, su terra battuta, è del 60,9%.
  • Punti vinti con la prima di servizio: contro Musetti, il brasiliano ha vinto l’84% dei punti quando ha messo la prima di servizio. In carriera, il dato è del 69,6%.
  • Punti vinti con la seconda di servizio: la seconda palla ha portato a Thiago Seyboth Wild punti nel 57% dei casi, mentre in carriera ne porta mediamente a casa il 51,2%.
  • Punti vinti in risposta: contro Musetti, Seyboth Wild ha vinto il 31,6% dei punti in risposta al servizio. Sulla terra, in carriera, il dato è del 37%.
  • Punti vinti in risposta alla prima di servizio: il brasiliano ha ottenuto il 22% dei punti sulla prima di servizio di Musetti, contro il 30% medio in carriera sulla terra.
  • Punti vinti in risposta sulla seconda di servizio: quando Musetti ha dovuto servire la seconda, Seyboth ha fatto punto nel 50% dei casi, contro il 49% in carriera.

Come vedete, si tratta di dati abbastanza in linea o persino inferiori alle medie carriera del brasiliano, tranne uno: quello sul rendimento al servizio. Ma c’è una spiegazione, ed è nell’atteggiamento di Musetti.

Sul servizio del brasiliano, non solo sulla prima ma spesso anche sulla seconda, Musetti è rimasto 5-6 metri dietro la linea di fondo. Questo è dettato dall’impostazione tecnica dell’italiano, come avevamo analizzato già l’anno scorso: due fondamentali entrambi dalla preparazione molto ampia. Considerando il rimbalzo alto su una terra battuta comunque più scorrevole della media del circuito, Lorenzo ha deciso che quella era la distanza ottimale per colpire in risposta, ma questo gli è costato molto in termini di campo concesso all’iniziativa dell’avversario, che forse aveva le caratteristiche più sbagliate per questo tipo di approccio: Thiago ha un servizio potente e ama comandare gli scambi con il dritto, cosa che ha fatto praticamente senza incontrare resistenza per larghi tratti del match, e i dati non fanno che confermarlo.

Viene da pensare come sia possibile che nessuno, dal suo angolo, abbia consigliato a Lorenzo di avanzare un po’, per togliere riferimenti all’avversario e scombinargli un po’ i piani. O, se qualcuno glielo ha suggerito, perché Musetti non l’abbia messo in atto. Viene in mente il consiglio di Simone Vagnozzi a Jannik Sinner, nel momento più difficile della finale all’Australian Open. In uno sport fatto di piccole certezze, sono cambiamenti che possono dare una svolta.

Musetti, il tennis, la fortuna e Woody Allen

Dunque non è stato tanto Thiago Seyboth Wild a disputare il match della vita, quanto Lorenzo Musetti a permettergli di condurre il gioco indisturbato, salvo poi lamentarsi perché “contro di lui sono tutti fenomeni”. Questo tipo di esternazioni è estremamente tossico, perché esprime un vittimismo di fondo che è contrario a qualsiasi miglioramento, in uno sport che è anche e soprattutto mentale. Dare la colpa delle proprie sconfitte alla giornata di grazia dell’avversario di turno, o al fato avverso, è un modo per non guardare la realtà dei fatti. E attenzione, perché se è vero che certe frasi si possono attribuire alla tensione del momento, come sfoghi in cui si dicono cose che non si pensano realmente, nel caso di Lorenzo Musetti non è purtroppo così.

Lo dimostra, fra le altre cose, quanto il carrarino disse in conferenza stampa, dunque a bocce ferme e non nella concitazione agonistica, dopo avere perso 6-0 al quinto da Luca Van Assche all’ultimo Australian Open. “Purtroppo è un periodo dove la fortuna non è tanto dalla mia parte, ma vabbè prima o poi girera”. La fortuna, capite?

Probabilmente, Lorenzo Musetti dovrebbe riguardare con attenzione il monologo iniziale di “Match Point”, capolavoro di Woody Allen che usa il tennis come beffarda metafora di una vita in cui il ruolo della fortuna è qualcosa che dovresti semplicemente accettare. E, se sei un tennista con cui madre natura è stata estremamente generosa, concentrarti su come mettere a frutto il tuo talento.

“Chi disse ‘preferisco avere fortuna che talento’ percepì l’essenza della vita. La gente ha paura di ammettere quanto conti la fortuna nella vita, terrorizza pensare che sia cosi fuori controllo. A volte in una partita la palla colpisce il nastro e per un attimo può andare oltre o tornare indietro. Con un po’ di fortuna va oltre e allora si vince, oppure no, e allora si perde.”