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Olimpiadi e sport di motori non vanno troppo d’accordo. Ad eccezione di due fugaci apparizioni, una del motociclismo nel 1900, l’altra della motonautica nel 1908, i motori non rientrano nell’elenco degli sport olimpici. La ragione è che non garantiscono una competizione a parità di condizioni.

Una soluzione, però, potrebbe esserci: quella offerta dai videogame competitivi.

Ovviamente parliamo di Olympic Virtual Series che un paio di settimane fa hanno celebrato il matrimonio impossibile tra motori e 5 cerchi. L’evento di sim racing, realizzato con il videogioco Gran Turismo Sport di Polyphony Digital, è stato spettacolare e avvincente fino all’ultimo secondo. Anzi: fino agli ultimi 67 millesimi di secondo.

Questo è infatti il distacco con il quale il pilota azzurro Valerio Gallo ha regalato all’Italia la prima medaglia d’oro alle Olimpiadi virtuali. 21 anni, di Roma, Valerio Gallo con quella performance è entrato di diritto nella storia non solo dell’eSports del Belpaese ma anche di quello mondiale.

Eppure la sua vita è simile a quella di tanti altri ragazzi che si dividono tra passione per i videogiochi e impegno nello studio (nel suo caso, l’università) e/o nel lavoro. Perché in Italia, almeno per ora, l’esporter di professione è cosa rara.

Ma proprio il suo risultato, forse, potrebbe cambiare qualcosa in futuro.

Valerio Gallo (foto credits team Williams Esports)

Ciao Valerio, grazie per essere qui con noi. Cominciamo un po’ da te e dal tuo percorso nel mondo degli eSports.

Ciao a tutti, e grazie a voi. Posso dire di essere un appassionato di videogame da tanti anni, nonostante ne abbia soltanto 21! Gioco da quando ero bambino e quasi esclusivamente a Gran Turismo. In maniera seria, però, mi ci sono dedicato a 12 anni, quando è uscito GT 5. Un po’ alla volta mi sono avvicinato al mondo dell’online, dei forum, delle community dove ho conosciuto tanti altri giovani con i quali condividere la mia passione. All’inizio correvo solo in privé. Poi quando gli eSports si sono affermati ho deciso di buttarmi. Mi ricordo che in quel periodo giocavo ancora con il joypad. Ora uso il volante e sicuramente vado meglio, ma ogni tanto mi viene un po’ di nostalglia quando guardo il mio primo strumento.

Come e quando è avvenuto il tuo esordio a livello competitivo?

Era il 2018. Ho partecipato alla prima Mercedes Week Cup, all’interno della Milano Games Week. Mi sono ripresentato anche nel 2019 e, verso la metà di quell’anno, ho esordito nei campionati FIA. Sempre nel 2019 ho preso parte al World Tour. Sono stato a Tokyo, poi a Montecarlo e infine a Sydney all’inizio del 2020. Tutti eventi disputati “in presenza”, bellissime esperienze. Con l’inizio della pandemia per necessità tutto è stato spostato sull’online, ma quello è stato anche l’inizio dei miei risultati più importanti: campione europeo costruttori, vice-campione europeo Nations Cup e vice-campione del mondo.

E’ lì che è arrivata la chiamata del team pro?

Un po’ prima, nel 2019, quando sono entrato nella Williams Junior, cioè l’Academy della scuderia. Nel 2020 sono stato promosso in prima squadra. Far parte del team Williams Esports è una sensazione bellissima: lo staff mi aiuta ogni giorno a crescere non solo come pilota ma anche come persona.

E poi il successo olimpico. Com’è stato il percorso verso questa medaglia?

E’ iniziato con le qualifiche a tempo. Ero inserito nel raggruppamento Europa, Medio Oriente e Africa (EMEA) che metteva a disposizione 7 posti. Altri 4 erano per le Americhe, 4 per l’Asia e 1 per l’Oceania. Ho corse bene e sono riuscito a centrare l’obiettivo della qualificazione alla fase finale. A quel punto ho sperato di andare a Tokyo ma, all’ultimo momento, è arrivata la notizia che avremmo giocato da casa, online. Prevedibile, però un peccato!

Come ti sei preparato per la fase finale?

A dire il vero non ho dedicato troppo tempo alla preparazione, perché per me la pratica deve essere legata al divertimento e non va estremizzata. Inoltre solo una settimana prima dell’inizio ci hanno spiegato la formula delle tre gare, con punti normali per le prime due e doppi nella terza. Per questa ragione ho deciso di non rischiare troppo all’inizio e di rimanere nelle prime 5-6 posizioni dopo le qualifiche. Sapevo che le prime due gare sarebbero state abbastanza random, quindi ho amministrato e mi sono concentrato sull’ultima gara.

Avevo contro tre campioni del mondo: Mikil Hizal, Takuma Miyazono e Igor Fraga. Tanta pressione ma cercavo di non pensarci. Sono partito bene, ho preso il comando, ma temevo soprattutto il tedesco (Hizal, ndr) che considero il pilota più veloce al mondo di GT Sport. E infatti nella terza gara, quella decisiva, lui ha iniziato a recuperare. Nel finale credevo mi avrebbe passato, ma mi sono difeso e forse anche il consumo delle gomme lo ha penalizzato. A Sidney 2020 è successo lo stesso, tra Fraga e  l’australiano Latkovski.

Che sensazione ti dà avere al collo una medaglia d’oro?

E’ una sensazione virtuale perché di fatto c’è un trofeo fisico, ma non la medaglia d’oro. A dire il vero questa cosa mi è un po’ dispiaciuta, perché la medaglia d’oro è un simbolo. In un certo senso ho avuto la sensazione che non fossimo visti come atleti olimpici veri e propri e questo un po’ mi ha lasciato perplesso, insieme a qualche altro deficit a livello organizzativo. Penso che per il CIO questa sia stata un’edizione sperimentale e di sicuro in futuro ci saranno miglioramenti.

Rimane comunque un’esperienza positiva?

Molto più che positiva, anche perché la soddisfazione è doppia. Come pilota e come persona è stato un risultato inaspettato. E’ un’emozione che ancora sto vivendo, bellissima, un mix di sensazioni tutte molto positive. Vedere il trofeo dentro casa casa mia è un qualcosa che non mi sarei mai aspettato. E poi c’è stato il debutto del motorsport in un’Olimpiade, un’altra grande soddisfazione.

Pensi che il tuo risultato abbia un valore per tutto il movimento?

Credo proprio di sì. Gli eSports in Italia stanno diventando una cosa sempre più seria, anche se per ora l’obiettivo principale è interessare sempre più persone. Non c’è solo l’aspetto competitivo, c’è proprio il divertimento e questo messaggio va diffuso. E poi spero che anche un settore come quello del sim racing, grazie all’Olimpiade (e anche al mio risultato), venga conosciuto di più. F1 a parte, il motorsport virtuale è ancora di nicchia.

Sei un appassionato anche di motori “reali”?

Sì, certo! Mi piace un po’ tutto quello che riguarda il mondo dei motori sportivi: oltre a F1, anche Nascar, Super GP, drifting. Ad essere sincero, il mio sogno iniziale era quello di diventare un pilota sulle piste vere, ma è un percorso molto complicato e anche costoso. Poi sono arrivati gli esports e ne sono felice, anche perché con i videogame possiamo avvicinare il mondo dei motori reali, e questo è un traguardo fondamentale.

E’ possibile fare degli eSports, in particolare del sim racing, una professione?

Purtroppo, a differenza di altri eSports, è più complicato. Al momento per molti giovani con qualità è difficile decidere se e come buttarsi full time nei videogame competitivi, perché mancano ancora gli investimenti. Questo dipende da una visibilità ancora parziale di questo settore in Italia. Le famiglie di molti ragazzi che giocano non hanno idea di cosa siano gli esports. Spero davvero che il risultato Olimpico cambi qualcosa anche in questa direzione.

Quali sono i tuoi prossimi impegni da esporter?

Al momento mi sto qualificando per le finali delle World Series FIA. L’obiettivo ovviamente è provare a vincere il Campionato del mondo, dopo i buoni risultati dell’ultimo anno e mezzo. Sono diventato campione olimpico ma sento che posso sempre migliorare. Non ho nessuna intenzione di mollare perché mi diverto e questo è la motivazione principale!

Foto di testa per gentile concessione di Valerio Gallo