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L’occasione per parlare del portato economico degli eSports in Italia si è presentata all’inizio di ottobre con Round One 2021, il meeting che riunisce gli operatori del settore videoludico. L’interrogativo “quanto denaro muovono gli eSports nel nostro Paese” ha caratterizzato uno degli incontri più attesi.

La risposta è arrivata dalla ricerca che IIDEA, l’associazione di categoria dell’industria italiana dei videogiochi, ha commissionato a Nielsen: secondo l’azienda di sondaggi, gli eSports in Italia muovono tra i 45 e i 47 milioni di euro.

Nielsen ha diviso il dato tra impatto diretto e impatto indiretto. Il primo è quello che riguarda l’occupazione e, in termini economici, questo vale 30 milioni di euro. Lo split per “categorie” dice che il 65% (€20,4 mln) lo realizzano le società esportive, il 16% (€5,1 mln) gli organizzatori e il 4% (€1,1 mln) i publisher. Il restante 15 percento (€5 mln) deriva da altre tipologie di società (produttori hardware, sviluppatori, gestori di strutture).

L’impatto indiretto riguarda invece la movimentazione di denaro da parte degli operatori in direzioni diverse da quella occupazionale. In questo secondo caso la cifra supera i 15 milioni di euro, generata soprattutto dai publisher (80%, circa 12 milioni di euro). Seguono le società (11%), gli organizzatori (7%) e infine un 2% che riguarda le restanti categorie di settore.

Si tratta di cifre importanti, per un mercato che ha ancora grandi potenzialità di crescita, se ben supportato. Ma proprio su quest’ultima considerazione si è aperto il dibattito su cosa manchi ancora per fare il salto di qualità.

Le risposte sono andate in più direzioni. Da un lato, la mancanza di incentivi/agevolazioni economiche istituzionali. In realtà, proprio quest’anno il Governo Italiano ha aperto il tanto atteso First Playable Fund, il fondo destinato allo sviluppo e pre-produzione di videogiochi made in Italy. Ebbene, i 4 milioni di euro messi a disposizione delle start-up tecnologiche sono finiti nelle prime tre ore dall’apertura del bando. Va capito se adesso, con i “chiari di luna” di un’emergenza sanitaria non ancora risolta, lo Stato troverà le risorse per rifinanziare l’iniziativa.

In Italia c’è inoltre carenza di figure professionali ed esiste un gap tecnologico (infrastrutture e rete) tra le varie aree del Paese.

Infine gli investimenti privati sono ancora modesti. Lo ha precisato Marco Saletta: “La ricerca presentata oggi mostra come il settore esports in Italia sia meritevole di essere preso in considerazione come ambito di possibile investimento sia da parte del privato che del pubblico per le sue potenzialità di crescita“. Il Presidente di IIDEA ha ragione.

In Italia gli eSports non sono ancora entrati in una dimensione mainstream. Solo quando gli eSports faranno breccia negli strati più ampi della società italiana, i potenziali sponsor privati inizieranno davvero ad investire. Ma per questo obiettivo serve una comunicazione meno di nicchia e un’immagine liberata da alcuni luoghi comuni.

Per il momento le società sportive sono costrette a rimandare i profitti (se mai arriveranno) e a puntare sulla raccolta di fondi per proseguire l’attività.

Immagine di testa by Getty Images

Fonte di riferimento www.esportsmag.it