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Il settore dei wargame da tavolo è molto ampio e ricco di differenze. Sommariamente lo si può dividere in due macro categorie: quella dei wargame con miniature e quella dei giochi su plancia/mappa.

I primi sono ricostruzioni di battaglie storiche (DBM, Fields of Glory etc, ne abbiamo parlato qui) o fantasy/sci-fi (il settore dominato da Games Workshop). Le partite si svolgono su un tavolo “addobbato” con elementi scenici (modelli di colline, boschi, case etc) sul quale i giocatori gestiscono le proprie miniature in metallo o plastica usando dadi e metro.

I wargame su plancia/mappa sono invece dei classici giochi in scatola. All’interno di questa categoria possiamo operare un’altra suddivisione: quella tra i wargame “generici” (come Risiko!) e quelli che invece hanno un’ambientazione storica. Per capirci: Axis & Allies, un gioco-cult per gli appassionati di wargame in scatola, è ambientato durante la II Guerra Mondiale e quindi rientra in questa seconda area.

In mezzo a questo scenario esistono però alcune eccezioni. Una delle più famose è rappresentata da Diplomacy, un wargame incentrato sulle relazioni tra i giocatori.

Mappa di Diplomacy nella versione Hasbro (credits tabletopfinder.com)

LA STORIA

Diplomacy nasce nel 1954 dalla mente di Allan B. Calhamer (1931-2013), un giovane laureato di Harvard (storia e scienze politiche) con un forte interesse per le relazioni internazionali. Nel 1953 lo United States Foreign Service (corpo diplomatico degli USA) lo manda in Africa: l’incarico dura solo tre mesi, ma al suo ritorno Calhamer ha in testa l’idea per un gioco di società innovativo.

Lo battezza The Game of Realpolitik, ma il “concept” è già quello del futuro Diplomacy: 7 giocatori a capo di altrettante potenze europee di inizio XX secolo che si sfidano per l’egemonia sul continente. In altre parole, è un wargame ambientato pre-WWI.

Calhamer lo fa provare ad amici ed esperti di giochi e il test è un successo. Ciononostante l’autore non riesce a trovare nessuno disposto a produrlo, perché Diplomacy è troppo diverso dal tipo di giochi in voga in quel periodo. Calhamer non molla e decide di finanziare lui stesso la produzione.

Nel 1959 escono 500 copie che in soli sei mesi sono già tutte vendute. A questo punto l’autore preferisce la via del business apparentemente più sicuro, ovvero concedere a un editore la possibilità di produrlo. Trova l’accordo con Avalon Hill (oggi incorporato dal colosso Hasbro) che lo distribuisce prima in Nord America e poi in altre parti del mondo, attraverso editori locali. In Italia ci sono almeno due edizioni, una di Mondadori e l’altra di EG Giochi. (fonte balenalundens.it)

Una decisione saggia quella di Calhamer? Apparentemente no, visto che i diritti sulle vendite non gli hanno consentito di vivere di rendita. Pochi anni dopo aver concesso la licenza, il creatore di Diplomacy si è dovuto trovare un altro lavoro: ha fatto prima il programmatore e poi il postino fino al 2004, anno in cui è andato in pensione.

Ma anche Diplomacy, pur essendo un gioco di notevole successo, non ha raggiunto i picchi di gloria di altri grandi classici: ad esempio Risiko!, wargame al quale è stato spesso – forse erroneamente – assimilato. I motivi per i quali il “Risiko senza dadi” non ha sfondato si comprendono a partire dalle meccaniche di gioco.

Scatola di Diplomacy by Avalon Hill

MECCANICHE

Le regole di Diplomacy sono semplici. Ogni giocatore è a capo di una delle grandi potenze europee di inizio XX secolo (nel gioco, il primo turno è il “1901”): Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Austria-Ungheria, Italia e Impero Ottomano.

A disposizione ci sono 2 tipi di unità (armate e flotte), un determinato numero di regioni (6 a testa, con l’eccezione della Russia che ne ha 7 e dell’Impero Ottomano che ne ha 5) e 3 centri produttivi (4 per la Russia).

Il gioco inizia con ogni “capo di Stato” che piazza 3 unità (4 per il russo) sulle regioni della mappa, secondo lo schema previsto dal regolamento. Ad esempio, il giocatore francese metterà un’armata a Parigi, una a Marsiglia e una flotta a Brest. Una volta disposti i pezzi, la partita di Diplomacy entra nel vivo.

Il cuore del gioco è infatti rappresentato dalla fase diplomatica e da quella degli ordini. I giocatori hanno a disposizione un po’ di tempo per stabilire alleanze, accordi di non belligeranza, azioni d’attacco coordinate e via dicendo. Tutto questo avviene in maniera segreta, con i giocatori che si appartano per discutere o si scambiano messaggi “in codice”. Tenete presente, però, che nessuno è obbligato da una regola a rispettare i patti. Si potrebbe dire che in Diplomacy vale la famosa battuta che il cancelliere tedesco Bethmann-Hollweg fece nel 1914, ovvero che i trattati fra le nazioni sono “pezzi di carta”.

Terminata la fase diplomatica, i giocatori scrivono su un foglio le azioni che intendono svolgere in quel turno. Possono decidere di muovere le armate, le flotte e costruire nuove unità. Il numero di pezzi di ciascuna potenza militare è infatti regolato dai centri produttivi. Se un giocatore ha più pezzi che centri, dovrà eliminare quelli eccedenti (a sua scelta); al contrario, ne potrà creare di nuovi.

Le azioni di tutti i giocatori vengono rivelate contemporaneamente e tutti gli ordini eseguiti. La parte più importante è quella dei conflitti perché consente o meno di catturare un territorio. Gli scontri vengono risolti solo per superiorità numerica, senza bisogno di tirare dadi! Ci sono solo alcune regole per risolvere le situazione più articolate: ad esempio l’attacco con supporto, il dislocamento, l’avanzato e il convoglio. Le specifiche di queste regole sono disponibili sulla pagina di Wikipedia.

L’armata sconfitta si può ritirare in un territorio adiacente libero; se non c’è questa possibilità, l’armata è distrutta. Il vincitore prende possesso del territorio invaso e, nel caso questo comprenda un centro produttivo, può costruire una nuova armata o flotta.

Lo scopo del gioco è arrivare a possedere 18 centri di produzione. A quel punto la partita di Diplomacy finisce.

Ma potrebbero esserci degli strascichi…

Versione classica Avalon Hill di Diplomacy (credits balenaludens.it)

I PIU’ E I MENO DEL GIOCO

A grandi linee abbiamo indicato le regole di Diplomacy, le quali ci fanno capire anche l’originalità di questo boardgame.

E’ un gioco dove il caso non ha nessun impatto. Non c’è fortuna in Diplomacy, così come non ci sono posizioni iniziali di vantaggio e di svantaggio.Tutto si basa sulla capacità di pianificare, di calcolare i potenziali esiti di un’azione e di essere dei “buoni” diplomatici.

Lo abbiamo detto all’inizio: è un gioco che riguarda le relazioni tra i giocatori. E quando parliamo di relazioni, parliamo soprattutto di abilità nel persuadere: per vincere, a volte è necessario indossare la proverbiale poker face ed ingannare un alleato.

Il voltafaccia fa parte del gioco ed è anche un’azione emozionante, se la partita si svolge con il giusto spirito: cioè quello per cui “il fine giustifica i mezzi” all’interno di un’esperienza ricreativa. Quando però questo non avviene, il tradimento può essere male interpretato e rovinare l’esperienza di gioco a tutti, se non addirittura guastare i rapporti tra persone.

Diplomacy si adatta molto bene a chi possiede un sano spirito ludico; oppure alle competizioni, che spesso hanno regole particolari e dove la vittoria è l’obiettivo dell’esperienza di gioco. La via di mezzo, quella di chi vuole essere competitivo ma non troppo, è la peggiore per affrontare una partita di Diplomacy.

L’altro limite di Diplomacy è la durata. Al di fuori dei tornei, le partite spesso durano molto: 3, anche 4 ore. E’ uno dei motivi che spinge tante persone a mettere via la scatola dopo un paio di sessioni.

Screenshot di WebDiplomacy

ONLINE

Il discorso della durata cambia se i partecipanti non hanno la possibilità di incontrarsi. In questi casi, le tempistiche e i mezzi sono necessariamente altri.

All’inizio degli anni ’60 è nato il Diplomacy per posta. Tutta la comunicazione avveniva via lettera, compresi gli ordini inviati all’arbitro che poi rispondeva a tutti indicando gli esiti. Ognuno era obbligato a visualizzare la situazione costruendosi una mappa a casa propria ed è probabile che le partite durassero mesi, se non anni.

L’arrivo dell’email ha molto velocizzato il gioco per corrispondenza. Una partita giocata usando la posta elettronica può durare qualche settimana, se i partecipanti sono sufficientemente assidui. Anche in questo caso serve un arbitro: di solito umano, ma potrebbe anche essere un software.

Lo step tecnologico più recente è quello delle piattaforme online dedicate a Diplomacy, come ad esempio webDiplomacy o Playdiplomacy: sono sistemi che facilitano l’azione di gioco rispetto alla semplice email.

CURIOSITA

Chiudiamo con un paio di curiosità su questo gioco.

La prima partita per posta giocata in Italia è stata organizzata da Il Corriere Diplomatico nel 1972.

Sembra che Diplomacy sia stato il gioco preferito di John F. Kennedy e di Henry Kissinger, così almeno si legge sul retro della scatola per il mercato americano. Senza dubbio due avversari tosti da affrontare.

Immagine di testa: scatola di Diplomacy Hasbro-Avalon Hill (credits Amazon.it)