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Quando si parla di cyberpunk, vengono in mente due cose: libri e film.

L’inizio di questo genere in ambito letterario viene solitamente fatto risalire al 1983, anno in cui Bruce Bethke pubblica il racconto intitolato Cyberpunk. E’ però William Gibson che con il suo Neuromante (1984) lo trasforma da un genere di nicchia a un fenomeno culturale e a un nuovo modello la letteratura di fantascienza.

Eppure anche Gibson deve qualcosa al passato. Anche se in maniera diversa, l’unione di “cibernetica” e “punk” era già stata toccata da grandi scrittori di fantascienza, quali Aldous Huxley e Georger Orwell (per gli scenari sociali), James Ballard (per quelli apocalittici) e Philip K. Dick (per l’aspetto tecnologico e dei mondi virtuali).

Il successo di Neuromante accende velocemente la passione per il nuovo genere. E altrettanto rapido è il passaggio del cyberpunk dai libri ai film. A livello cinematografico, infatti, un mondo socialmente distopico e al tempo stesso avanzato dal punto di vista tecnologico funziona molto bene. Ad accorgersene per primo è Ridley Scott con il suo intramontabile Blade Runner, ambientato in una Los Angeles che è il prototipo della città cyberpunk.

A voler essere precisi, Blade Runner anticipa (è del 1982) il cyberpunk letterario “ufficiale” perché prende spunto da Dick e dal suo Do Androids Dream of Electric Sheep? (Il cacciatore di androidi, 1968). In ogni caso, da Blade Runner in poi il cyberpunk non ha più smesso di sfornare film di grande successo: a cominciare da Akira (1988) per arrivare ad Elysium (2013), passando per Johnny Mnemonic (1995), Strange Days (1995), Nirvana (1997), eXistenZ (1999) solo per citare alcuni titoli.

Molto spesso si sente parlare anche di “cyberpunk-fantasy” o “cyberfantasy”: non tanto per indicare un sottogenere (quale ad esempio è lo steampunk), quanto piuttosto per indicare un’opera di fantasia che abbia a che fare con tecnologie avanzate.

E’ una definizione un po’ generica e in parte fuorviante, perché il fantasy vero e proprio racconta di creature strane, magia e forze sovrannaturali. L’esempio più famoso è quello del mondo creato da J.R.R. Tolkien nei suoi capolavori Lo Hobbit e Il Signore degli Anelli.

A prima vista, fantasy e cyberpunk sono quindi mondi contrapposti. Eppure qualcuno ha cercato di fonderli. Un gioco, in particolare.

Copertina della seconda edizione di Shadowrun

Shadowrun è un gioco di ruolo uscito nel 1989 grazie all’editore americano FASA. La prima edizione italiana, a cura di Nexus, è datata 1996 e coincide con la seconda in inglese. FASA ha continuato ad essere l’editore del gioco fino alla terza edizione (1998), poi il GDR è passato nella mani di FanPro (4a ed. nel 2005) e di Catalyst Game (5a e 6a ed, rispettivamente nel 2013 e nel 2019, quest’ultima tradotta in italiano da Wyrd Edizioni).

La particolarità di Shadowrun risiede nell’ambientazione che mescola fantasy e cyberpunk. Tutti gli elementi principali dei due generi sono presenti grazie ad un background che è il vero punto di forza di questo gioco.

Shadowrun è ambientato in un mondo futuro ma non troppo. A livello di timeline, le 6 edizioni coprono infatti gli eventi che vanno dal 1990 al 2080, quasi un secolo durante il quale il mondo è stato trasformato da avvenimenti catastrofici. Guerre, malattie e disordini sociali hanno cambiato la geopolitica che conosciamo, riducendo fortemente il potere degli Stati nazionali e sostituendoli in parte con multinazionali divenute mega-corporazioni e associazioni governative.

Ma ci sono anche eventi di altra natura che hanno sconvolto il pianeta. Quello di Shadowrun è infatti un “mondo risvegliato” dai poteri magici, tornati attivi in seguito ad un grande cataclisma. I primi a rendersene conto e ad utilizzarli sono i nativi americani che, proprio grazie a questi poteri, rivendicano per sé la parte nord-occidentale degli USA. La magia risveglia anche draghi, troll, chimere e altre creature fantastiche.

Ma l’elemento più tipicamente fantasy è quello delle nuove razze, originate da un virus che trasforma parte della popolazione umana. Goblin, orchi, elfi e nani sono i “diversi” di Shadowrun: una meta-umanità che abita nelle metropoli del pianeta – le tensioni razziali sono una costante nel gioco – e che ne utilizza le tecnologie avanzate.

Credits Teilzeithelden

La “sesta era del mondo“, infatti, non è solo magia e creature fantastiche, ma anche esoscheletri (avete presente il già citato Elysium?), impianti cibernetici e Bioware che potenziano le abilità delle persone. E poi c’è la Matrice, cioè un universo virtuale ma navigabile in maniera quasi fisica, collegando il proprio cervello ad un computer. Insomma, un Matrix ante litteram nonché il sogno (almeno per ora) di Mark Zuckenberg.

Realtà e Matrice sono le due facce dello stesso mondo pieno di ombre, cioè di insidie, e all’interno del quale si muovono i giocatori. Ognuno interpreta infatti uno Shadowrunner (corridore delle ombre), ovvero un mercenario pagato per risolvere i problemi del miglior offerente. Gli Shadowrunner possono essere di qualsiasi razza e avere abilità diverse (più orientati al combattimento, alla magia, allo spionaggio attraverso la Matrice etc), come in ogni GDR che si rispetti.

Il gioco in scatola di Shadowrun

Le meccaniche di base del gioco sono relativamente semplici. Si utilizza un sistema a riserva di D6 (dadi con 6 facce) per valutare il risultato di un’azione legata a una certa abilità. Tuttavia la quantità di oggetti, di personaggi, l’ampio “bestiario” e i numerosi elementi che si possono incontrane nella Matrice fanno di Shadowrun un GDR a complessità medio alta.

A compensare la difficoltà c’è però la fantastica ambientazione, meglio ancora se supportata da un buon master! Una volta immersi pienamente nel mondo di Shadowrun, anche gli ostacoli del regolamento spariscono. Ed è forse questo il segreto del successo di questo gioco di ruolo.

Un successo che oggi conta, oltre alle 6 edizioni, alle espansioni (ad es DNA/DOA) e ai 33 anni di onorato servizio ludico, anche una quarantina di romanzi/racconti, un gioco di carte collezionabili, un boardgame (Shadowrun DMZ) e una serie di videogame.

Questi ultimi coprono tre tipologie diversi. I primi ad essere realizzati negli anni ’90, sono tutti action RPG ovviamente basati sull’universo di Shadowrun e con lo stesso titolo del GDR. Nel 2007 FASA e Microsoft hanno realizzato uno sparattutto in prima persona. Nel 2013 è invece arrivato Shadowrun Returns, uno strategico in tempo reale, che ha avuto due seguiti.

Infine, nel 2017 è uscito al cinema Bright, con protagonista Will Smith. Il film è stato definito un “thriller poliziesco con elementi fantastici”, senza far nessuno riferimento a Shadowrun. Eppure la presenza di umani, elfi e orchi in un mondo distopico e metropolitano, dove l’arma del delitto è magica, sono elementi che indicano un forte debito nei confronti di Shadowrun.

Il film non è un capolavoro, ma se non l’avete visto e siete appassionati di GDR dateci un occhio. E poi fateci sapere se la pensate come noi!

Immagine di testa credits Getty Images