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Qualche giorno fa, precisamente il 14 febbraio, CONI e Comitato promotore E-Sports Italia hanno siglato un protocollo d’intesa finalizzato a favorire l’avvicinamento tra videogame competitivi e sport tradizionali.

L’idea è quella di incentivare le varie federazioni sportive ad aprire le porte agli eSports, creando al loro interno i settori dedicati agli eSports. Un passo che finora hanno compiuto molte società di calcio, alcune di basket e pochissime case di motori.

Il mezzo offerto dai due enti è quello della consulenza tecnica. Nel testo si legge infatti che “il protocollo, nell’individuare il percorso dell’attività in ossequio ai princìpi del Cio e del Coni, si impegna a offrire alle Federazioni e alle Dsa – attraverso il Comitato promotore – le competenze e gli strumenti tecnici per istituire la versione elettronica delle discipline corrispondenti alla fattispecie tradizionale di riferimento…”. (fonte esportsmag.it)

Si tratta di un intento encomiabile, perché cerca di colmare un distacco che ormai ha sempre meno ragione di esistere. Da un lato c’è l’enorme diffusione degli eSports, dall’altro il bisogno degli sport tradizionali di recuperare l’attenzione dei più giovani.

Il programma ha una validità di due anni: cioè fino al 2024 quando, almeno nelle speranze dei promotori, gli esports dovrebbero consolidarsi all’interno delle Olimpiadi.

Foto credits Getty Images

D’altra parte un primo step in direzione di Olimpiadi inclusive nei confronti degli eSports è stato fatto già lo scorso anno. E tuttavia, con solo 5 specialità tutte di nicchia (vela, motori, baseball, canottaggio e ciclismo), gli eSports a Tokyo sono passati quasi inosservati.

Adesso si parla di un ritorno con le Olimpiadi in programma a Parigi nel 2024: sempre in forma sperimentale ma presumibilmente più sostanziosa. Secondo quanto riportato da esportsmag.it, lo step successivo dovrebbe essere a Los Angeles 2028, quando gli eSports dovrebbero contribuire alla manifestazione con un proprio medagliere.

Tutte notizie che fanno ben sperare. Ad eccezione di chi è un appassionato di MOBA, di sparatutto o di qualsiasi altro videogame che non rientri nella categoria sportiva. Questo infatti è l’unico paletto imposto dal Comitato Olimpico che taglia fuori la fetta più grande degli eSports e delle rispettive community.

A dire il vero, la scelta ci sembra abbastanza prevedibile visto che a Tokyo sono stati introdotti solo eSports a contenuto sportivo. Una categoria che non comprende i videogiochi più gettonati, ma comunque in grado di offrire parecchi titoli. Oltre ai 5 già indicati, ci sono calcio, basket, tennis, e potrebbero essere inseriti anche hockey, football americano e rugby in chiave olimpica.

Staremo a vedere quali saranno le decisioni finali del CIO. Anche perché fino a qui ci sono tanti buoni propositi, ma non si è parlato del possibile ostacolo principale: quello rappresentato dai publisher.

Senza un accordo tra CIO e aziende che realizzano i giochi, soprattutto quelle più grosse (EA Sports, Konami, 2K Games) è difficile immaginare gli eSports alle Olimpiadi. I publisher detengono infatti i diritti sui giochi stessi e questo rappresenta un’anomalia nonché una grossa differenza con il mondo dello sport tradizionale.

In ballo c’è tanta visibilità per gli eSports, questo è certo. Ma in ogni caso è sempre meglio non fare i conti senza l’oste.

Foto di testa: il Presidente del CONI Giovanni Malagò (credits Getty Images)