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Nel mondo del gaming tutti lo conoscono come “ElkY“. Non solo quando si parla di poker, ma anche quando in ballo ci sono i videogiochi competitivi.

Bertrand Grospellier, infatti, prima ancora di entrare nel “gotha” del poker mondiale grazie a 14,6 milioni di dollari vinti nei tornei live, è stato un esporter. La sua storia, per molti aspetti, ricorda quella di un altro professionista che è passato dal joypad alle carte (da poker): Griffin Benger.

Francese, classe 1981, Bertrand Grospellier viene in contatto con i videogiochi quando ha da poco iniziato a camminare. L’occasione è l’arrivo in famiglia del primo computer che cattura subito l’attenzione del fratello maggiore ma non della sorella. Inaspettatamente il 13enne trova nel giovanissimo Bertrand (3 anni) un pubblico molto più attento alle sue performance davanti al monitor.

Da quel momento i videogiochi entrano ufficialmente nella vita di Bertrand Grospellier. E ci resteranno per molto tempo, in realtà fino a oggi visto che il poker pro ha ammesso di recente che la sua passione per gli eSports è ancora intatta.

Verso la fine degli anni ’90 il ragazzo è pronto per competere ad alto livello. I giochi nei quali eccelle sono gli strategici in tempo reale che dominano la scena in quel periodo: Warcraft III e Starcraft “Brood War”, entrambi prodotti da Blizzard.

Su Warcraft III è un “night elf” (elfo della notte) che nel 2002 chiude al secondo posto l’OnGameNet Retail League, per 8mila dollari di premio. Ma è con Starcraft che ottiene i migliori risultati, all’interno del team AMD/Hexatron, una delle poche organizzazioni coreane a schierare giocatori di altri Paesi. Ed è anche per questo motivo che nel 2001 Grospellier si trasferisce a Seoul.

E’ lui stesso a raccontare quella scelta in un’intervista di qualche anno fa: “Avevo visitato il paese nel 1999 e nel 2000, ma mi ci trasferii nel 2001. A quel tempo la Corea del Sud era l’unico posto in cui potevi diventare un professionista di StarCraft e guadagnarti da vivere. Erano davvero avanti nel campo degli eSports, che trasmettevano già in tv. Mi piaceva vivere in Corea del Sud, la mia vita era molto divertente. La capitale, Seoul, è un’enorme città che offre tantissimo a qualsiasi ora. Se vuoi tagliarti i capelli a mezzanotte, puoi farlo. Non si fermano mai. Era un sogno perché ci pagavano per giocare ai videogiochi, a volte davanti a un’arena di 20.000 persone, e ci fermavano per strada. Una volta siamo stati letteralmente assaliti dai fan in metropolitana e abbiamo passato un’ora a firmare autografi”.

Nel 2001 con i suoi “Terran” ottiene il secondo posto nei World Cyber Games di StarCraft dietro a “Boxer”, il suo rivale per eccellenza. Nel 2002 è 4° alla SKY OnGameNet StarLeague, unico non-coreano nella top 4. A fermarlo è di nuovo il pro player sudcoreano, al termine di un match controverso. Nel 2003 arriva il titolo negli Euro Cyber Games.

Per “ElkY” è una consacrazione, nonostante il payout non sia altissimo: poco meno di 2mila euro. A proposito del nickname, è lo stesso giocatore a raccontarne l’origine e la scelta di usarlo anche nelle competizioni: “ElkY era il nome del mio personaggio nei giochi di ruolo, ho sempre usato quello. E poi i coreani facevano fatica a pronunciare il mio vero nome: per loro era più semplice chiamarmi con il mio nickname”.

Tra il 2001 e il 2004 Bertrand Grospellier incassa circa 30mila dollari con le vincite nei tornei di Warcraft e Starcraft. Non sono pochi per un giovane che si diverte giocando a videogame, soprattutto se si aggiunge lo stipendio fisso che riceve dal team coreano. Se però si fa il paragone con le cifre che già il quel periodo il poker offre, soprattutto online, il mismatch è evidente.

Bertrand Grospellier (credits The Stars Group)

Forse anche per questo nel 2005 “ElkY”, che ha già scoperto il Texas Hold’em, mette fine al periodo da pro gamer di Starcraft e nel 2007 torna in Europa, a Londra. Un anno prima è infatti diventato un giocatore di poker sponsorizzato: “In Europa si disputavano tanti tornei. Non aveva senso vivere in Corea e fare avanti e indietro ogni due settimane. Era stancante, perciò mi sono trasferito a Londra nel 2007. Nel poker stavo andando bene, ma passavo anche molto tempo in giro per StarCraft. Poi i miei compagni di squadra coreani hanno dovuto unirsi all’esercito, perché lì tutti devono fare il militare per 26 mesi. Perciò decisi di concentrarmi sul poker”.

Proprio nel 2007 arriverà il primo grande risultato con il Texas Hold’em: un 2° posto all’EPT di Copenhagen che gli vale 400mila dollari di premio. Ma di questo parleremo più avanti. Nel frattempo, capitolo chiuso con gli eSports?

Solo temporaneamente, perché nel 2015 gli torna la voglia di videogame. Per ragioni anagrafiche, non possono più essere quelli che richiedono riflessi fulminei, ma ce ne sono alcuni che assomigliano al poker. I giochi di carte ad esempio, come Hearthstone. Grospellier entra nel famoso Team Liquid come giocatore del cardgame targato Blizzard. Dal 2015 al 2017 prende parte a 7 competizioni, centra una vittoria (modesta) e per il resto non va mai in the money. Eppure i videogame lo attraggono ancora, anche perché poker e eSports, Hearthstone in particolare, hanno parecchio in comune.

Sono entrambi giochi ad informazioni incomplete, perché non sai mai cosa possa avere in mano il tuo avversario. Come nel poker, puoi provare a indovinare in base a come ha giocato le mani precedenti. In entrambi i giochi devi conoscere le probabilità. Nel poker devi conoscere le probabilità che il tuo avversario abbia determinate carte, o le probabilità di chiudere un full e così via. Lo stesso vale per Hearthstone. Molte volte ci sono più scelte e bisogna decidere quale mossa ti dia le maggiori possibilità di farti vincere la partita. Inoltre, in Hearthstone devi prenderti molti più rischi quando stai perdendo, proprio come nei tornei di poker quando sei short stack e devi andare all-in. Ci sono così tante cose in comune tra poker e Hearthstone, varianza inclusa“.

Ma sono evidenti anche le differenze. Alcune di queste gli fanno dire (in un’intervista per PokerListings) che gli eSports hanno una marcia in più a livello di intrattenimento: “La cosa diversa è che il poker è un gioco vecchio, bellissimo da giocare ma – ad essere onesti – fa un po’ schifo da guardare [ride, ndr]. Mi piace molto giocare a poker, ma ci sono situazioni che odio, come ad esempio quando un mio amico è ad un tavolo finale e io devo stare lì a vederlo. Ti sembra che chi sta giocando ci metta una vita. Il poker può essere visto come un eSport per via di alcune skill necessarie, ma il fatto che non sia poi così divertente da guardare non aiuta nell’avvicinare altri giocatori“.

Forse proprio è il segreto del successo che negli ultimi anni gli eSports stanno raccogliendo in tutto il mondo. E tuttavia, le competizioni di videogiochi sono più difficili per chi vuole farne una carriera da pro: “Negli eSports, per i professionisti è dura guadagnarsi da vivere. Non che il poker sia facile, ma devi soltanto trovare buone partite e buoni tornei… e gente che riesci a battere. Negli eSports devi essere il migliore al mondo“.

In altre parole, con il poker è più facile sognare. E questo è il segreto del suo successo.

Continua nella seconda parte

Foto di testa: Bertrand “ElkY” Grospellier impegnato negli eSports (credits Liquipedia)