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Il mondo del calcio è in crisi? In parte sì, almeno se si presta attenzione al calo di interesse registrato un po’ in tutti i campionati. A dirlo sono i presidenti di alcune grandi società calcistiche, colpite nei bilanci a causa dei mancati introiti.

Solo pochi mesi fa, il calcio ha assistito alla questione della Superlega, il progetto di una competizione europea riservata a club d’élite, affondato rapidamente dai vertici dell’UEFA. Tra i promotori di quella iniziativa c’era il presidente della Juventus Andrea Agnelli che, tra i vari motivi del calo, aveva additato la concorrenza dei videogame.

Quello stesso tema è stato ripreso qualche giorno fa da Aurelio De Laurentiis. Durante la trasferta inglese per la sfida contro il Leicester, il presidente del Napoli ha rilasciato un’intervista al Daily Mail UK, in cui ha chiarito il proprio punto di vista.

Il sistema non funziona più in modo efficace” ha dichiarato De Laurentiis. “La Champions e l’Europa League non generano sufficienti introiti per giustificare la partecipazione dei club“.

Secondo il patron del Napoli serve un nuovo modello per le competizioni europee, più “democratico“, ovvero “basato su ciò che le squadre ottengono nelle loro competizioni nazionali“. E non sul pedigree, come invece vorrebbe Agnelli.

Ma il passaggio chiave, quello sulle nuove generazioni, è arrivato poco dopo.

Se non cambiamo le regole del gioco e non lo rendiamo uno spettacolo migliore, i giovani abbandoneranno il calcio, che non sarà più una parte centrale della nostra vita. Le mie ricerche indicano che i ragazzi tra gli 8 e i 25 anni hanno smesso di guardare il calcio e preferiscono giocare con gli smartphone“.

E infine: “Non sto dicendo che l’abitudine di godersi le partite allo stadio scomparirà, ma ora abbiamo lo stadio virtuale che permette a miliardi di appassionati di giocare uno contro l’altro“.

Credits Konami Digital Entertainments

In sostanza, De Laurentiis guarda in direzione degli eSports come modello per il rilancio del calcio. E’ quello oggi il tipo di entertainment che interessa ai giovani perché è più social, più digital e soprattutto li fa sentire protagonisti. Anche la competizione che ha in mente assomiglia a quelle maggiormente usate per i videogame: fasi di qualifica nazionali e poi step successivi.

L’esternazione, però, assomiglia alla proverbiale scoperta dell’acqua calda. Le società di calcio sanno da tempo che questo è il trend. In particolare da quando la pandemia ha cambiato molte abitudini, compreso l’intrattenimento.

Oggi quasi tutte le squadre di A, B e C hanno un settore dedicato agli eSports. Il Napoli lo ha fatto un po’ più di recente: nell’aprile di quest’anno, quando ha deciso di legarsi in esclusiva a Konami, publisher di eFootball (il vecchio PES).

Eppure, non possiamo fare a meno di chiederci se davvero il modello degli eSports sarà il toccasana per il mondo del calcio. Qualche perplessità l’abbiamo.

Di certo passare a forme di spettacolo più in linea con i tempi non può che fare bene allo sport. Ma il calcio ha bisogno di guardarsi allo specchio, perché il calo di interesse non è solo colpa dei videogame. E’ un problema di troppi soldi, costi eccessivi e divario tra chi dispone di budget importanti e chi invece non li ha.

Con un mercato così estremo e libero, l’identificazione con il team del cuore è sempre più difficile. La maggior parte dei giocatori assomigliano a mercenari pronti a cambiare maglia per l’ingaggio più alto. E risulta difficile dare loro torto, se ci sono società disposte a pagarli tanto.

Almeno finché dura.

Foto di testa credits Getty Images