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Chi racconta lo sport ha grande responsabilità: la trasmissione delle emozioni, infatti, vale come e quanto un’impresa sportiva.

Una delle persone che forse ha fatto più rispetto a tanti altri, per comunicare le grandi gesta del ciclismo, è stato Adriano De Zan: grazie a lui, nonostante manchi da quasi vent’anni, alcune prodezze sulle due ruote sono ben impresse nella memoria collettiva.

La professione di telecronista mi ha soprattutto divertito.

Adriano De Zan

Un bambino giramondo

Adriano De Zan nasce a Roma nel maggio 1932, è figlio di artisti teatrali (il padre, veneziano, è un attore; la madre, napoletana, è cantante di operetta). A causa della professione dei genitori, Adriano si ritrova fin da piccolo a dover viaggiare molto e a cambiare spesso casa. Inizialmente, infatti, passa i primi anni di vita a Bologna, per poi trasferirsi a Montecatini Terme ed infine, in età adolescenziale, si sposta a Milano. Qui si iscrive al liceo, per poi passare agli studi universitari presso la Bocconi.

Ma l’incontro che gli cambierà la vita avviene, in un certo senso, grazie ai suoi genitori: nel 1953, infatti, si trova a Torino al seguito di uno spettacolo di mamma e papà, dove incontra a teatro il telecronista Carlo Bacarelli, che gli propone di tentare di entrare a lavorare nella neonata emittente televisiva RAI. De Zan, istintivamente, accetta, e – iniziando proprio la propria avventura professionale nella sede torinese – viene abbinato a quello che sarà il talento della propria vita: gli chiedono infatti di commentare le gare di ciclismo.

L’amore per il ciclismo

Nel 1954, poco dopo la sua assunzione, Adriano De Zan affianca il mitico telecronista Nicolò Carosio, al commento della Milano-Sanremo, una delle gare più iconiche della storia del ciclismo italiano. Fin da subito, De Zan dimostra grandissima competenza, ottima memoria e la capacità di tenere continuamente alto l’interesse e la tensione (in uno sport, come il ciclismo, colmo di “momenti morti”), grazie ad aneddoti continui e descrizioni approfondite.

Tale passione gli conferisce subito la possibilità di ricevere l’incarico, a partire dal 1955, di seguire il Giro d’Italia: diverrà in quel modo una delle voci più note ed iconiche della nostra tv.

“Gentili signore e signori, buongiorno”

Puntuale come un orologio svizzero il suo saluto all’inizio di ogni conduzione, con una voce impostata e caratteristica che l’ha sempre contraddistinto.

Dal 1964, oltre al Giro d’Italia, viene incaricato anche di seguire il Tour de France; ciliegina sulla torta, poi, le 6 stagioni di conduzione della Domenica Sportiva, a riprova del fatto che la sua voce e la sua persona fossero diventate un simbolo della televisione italiana.

All’inizio della sua carriera, i corridori più in auge erano ovviamente Coppi e Bartali, coi quali Adriano stringe fin da subito un rapporto di grande amicizia. Ma man mano che gli anni passano, sono innumerevoli le circostanze (positive e negative) che toccano il cuore dei tifosi italiani: dai trionfi di Marco Pantani (indissolubilmente legati alla gioia dello stesso De Zan, epico e gioioso nella descrizione delle gesta del “pirata”) alla tragica scomparsa di Fabio Casartelli durante il Tour de France (quando con voce rotta dal pianto, in modo molto toccante, deve abbandonare la cronaca). Ma più in generale Adriano De Zan dà continuamente prove di grande professionalità, riuscendo ad azzeccare, nelle volate più confuse, tutti i nomi dei protagonisti.

Non sappiamo se ci sono o se verranno, nel ciclismo, telecronisti così abili: di certo, Adriano De Zan ha contribuito a far avvicinare alle due ruote migliaia e migliaia di italiani.