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Dietro ogni rivalità sportiva, c’è spesso un mondo di significati diversi tra le due parti in gioco. E nessuna in Italia ha rappresentato meglio questa divisione in specifici schieramenti (politici, religiosi e sociali) come quella tra Bartali e Coppi. Erano gli anni in cui il ciclismo era lo sport più seguito nel nostro paese, tanto da influenzare direttamente anche la sua vita politica. E c’era bisogno di eroi su quei pedali, che incarnassero le varie anime del paese, che proprio come un ciclista, stava affrontando la salita più difficile tra guerra e dopo guerra.

La nascita della rivalità sportiva

Bartali, di cinque anni più vecchio del suo rivale, ebbe già modo di mettersi in mostra prima del secondo conflitto mondiale, diventando un campione affermato forte delle sue vittorie al Giro d’Italia e al Tour de France mentre Coppi ancora correva tra i dilettanti. I due si incrociarono però per la prima volta proprio nel 1940, da compagni di squadra in un giro che andò quell’anno al giovanissimo ventenne Fausto Coppi, partito da semplice gregario e poi (proprio a causa di una caduta di Bartali) divenne il designato della squadra per la vittoria grazie alle sue doti e a una favorevole posizione di classifica.

La sua vittoria (merito peraltro proprio di Bartali che lo stimolò pesantemente nei momenti di difficoltà in salita), all’esordio al Giro d’Italia, rimane tutt’oggi quella del più giovane partecipante. Inutile dire che proprio da quel momento tra i due furono spesso scintille sulla strada, anche se entrambi saranno poi di lì a breve fermati per lo scoppio della guerra prendendo direzioni diverse: Coppi quella del Nord Africa (arruolato sotto le armi), Bartali imposto come bandiera italiana dello sport (salvo poi avere diversi problemi proprio per le sue attività antifasciste in favore di rifugiati).

Già dal 1946 però, i due tornarono subito a contendersi tutto quello che c’era da vincere sulle due ruote. Anche se, proprio per i loro caratteri così diversi e il loro modo di affrontare la vita, vennero presto presi a esempio per definire ben più che due stili di corsa differenti.

Coppi e Bartali: le due anime diverse del paese

Già perchè prima di affrontare la lunga battaglia sportiva tra i due campionissimi negli anni del dopo guerra, c’è da contestualizzare l’epoca in cui vissero le loro imprese.

Il paese era già diviso in due ben prima della sfida tra Coppi e Bartali. Da una parte i movimenti comunisti e socialisti che stavano dando un’impronta più laica al paese, dall’altra la democrazia cristiana che ovviamente aveva l’appoggio della parte più cattolica. I due schieramenti erano praticamente contrapposti e dividevano in due la pancia del paese. In quel contesto le differenze così abissali tra i due ciclisti, vennero immediatamente prese a metafora di quelle stesse componenti politiche.

Bartali era l’uomo semplice, legato alle più classiche tradizioni popolari e contadine, subito preso a cuore da quel partito democristiano che ci teneva a far prevalere proprio quei valori più classici. Dall’altra invece c’era il laico Coppi, più freddo e calcolatore, dedito ad allenamenti costanti e più incline alle innovazioni. Il volto perfetto per le ispirazioni socialiste dell’epoca.

Poco importa quanto aderenti alla realtà fossero quelle idee dei due campioni. Molto più importante era invece riuscire a tenere unito un paese ancora decisamente instabile e sull’orlo costante di una crisi.

Quando Bartali salvò l’Italia

La rivalità tra i due e l’importanza del ciclismo nella cultura di massa di quell’epoca, la possiamo vedere palesemente proprio nel 1948. Anno in cui l’Italia è attraversata da un malessere generale che era prossimo a sfociare in rivolta di piazza, una guerra civile persino.

Le prime elezioni della nuova Repubblica si sono infatti portate dietro strascichi di malumori e tensioni tra le parti, esplose in violenti proteste dopo l’attentato a Togliatti il 14 luglio di quell’anno. In quegli stessi giorni, Gino Bartali è impegnato al Tour de Force, alla veneranda età di 34 anni.

Quando riceve la telefonata di De Gasperi che lo implora di vincere quell’evento per risollevare gli animi dell’Italia intera. Ma Bartali ha ventuno minuti di svantaggio in quel momento, il peso degli anni e nessun aiuto. Eppure, come sappiamo, compie quell’impresa peraltro infliggendo il distacco più ampio di sempre al secondo (oltre 26 minuti), riunendo per qualche giorno tutti gli animi ribollenti del paese sotto un’unica maglia gialla. E salvando in qualche modo l’Italia.

La borraccia, la rivalità, l’amicizia

Un mese dopo la vittoria del Tour de France, Coppi e Bartali si ritrovarono di nuovo con la stessa maglia per i campionati del mondo. I due ora sono i favoriti assoluti e formano una sorta di dream team da battere. Peccato che proprio in quell’occasione, la loro rivalità sportiva viene fuori in tutto il suo lato peggiore.

Per tutta la corsa infatti, passano il tempo a controllarsi a vicenda facendo più in modo che non vinca l’altro che non puntare al successo. Tanto che subirono poi anche una squalifica per comportamento antisportivo. L’occasione fu ghiotta anche per chi voleva soffiare su questa rivalità sempre più accesa, a sottolineare una certa insofferenza tra i due anche senza le rispettive biciclette.

In verità la storia fuori dalle corse tra Bartali e Coppi, racconta di un rapporto piuttosto benevolo, quasi amichevole persino. Un fair play iconizzato poi nel 1952 da un’immagine del fotografo Carlo Martini, che immortalò il famoso “passaggio di borraccia” tra i due durante una tappa del Tour de France (vinto poi da Coppi che segnò la doppietta con il Giro).

Si sono scatenate poi mille illazioni su quella foto e su chi stava passando a chi la borraccia. Ma poco importa ormai, quello che si voleva vedere era il riassunto di come dovrebbe essere una rivalità sportiva: accesa sui pedali ma corretta nell’animo.

Che era poi quello che si voleva anche dalle due fazioni del paese, divise ormai tra “coppiani” e “bartaliani”.

Le vittorie e l’epilogo più tragico

Siamo però ormai agli ultimi anni in cui li vedremo incrociare le ruote. Bartali è già andato oltre ogni più rosea previsione e quei cinque anni di differenza alla fine cominciano a farsi sentire. Negli ultimi anni il toscano aiutò Coppi a vincere ancora il Tour (51 e 52) e ormai alle soglie dei quarant’anni, si tolse giusto la soddisfazione di vincere qualche gara in linea prima di ritirarsi definitivamente.

La fine di Fausto Coppi invece, fu decisamente più tragica. Le ultime vittorie per lui risalgono al 1955, anni in cui oltre alle sue vicende sportive Coppi sale alla ribalta anche per quelle amorose (e la sua relazione con Giulia Occhini). Poi solo tristi infortuni che ne compromisero gli ultimi anni di pedalate, fino alla tragica fatalità del 1959.

Proprio in quella che sarebbe dovuta essere la sua ultima stagione in sella (peraltro in una nuova squadra diretta proprio da Gino Bartali), durante un viaggio in Burkina Faso (all’ora chiamata Alto Volta), viene infettato dalla malaria che gli toglierà la vita il 2 gennaio del 1960.

Quello che rimane per sempre sono le loro infinite battaglie, le loro innumerevoli vittorie (conquistarono insieme otto Giri, 4 Tour de France, e malgrado la differenza di età anche 124 vittorie per Bartali contro le 122 di Coppi). E soprattutto quelle due anime così diverse che da un lato divisero l’Italia delle tifoserie, ma dall’altra contribuirono a costruire la comune identità del nostro paese.