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Da dieci anni a questa parte, i numeri parlano chiaro: la Lazio è, dopo la Juventus, la squadra che vince di più in Italia.

L’era Lotito, a lungo contestata – almeno fino a un paio di anni fa –, è oggi al culmine del proprio splendore. La classifica della Serie A lo dimostra senza equivoci. La Lazio è riuscita, solo in questa stagione, a vincere due volte contro la Juventus (due volte 3-1, con tanto di Supercoppa italiana portata a casa), a San Siro contro il Milan, a Roma contro l’Inter, in casa col Napoli. Una squadra forte, solida, che ha finalmente fatto il famoso “salto” a lungo chiesto dai tifosi. Cosa c’entra tutto questo coi bidoni più memorabili della storia biancoceleste? A far ricordare ai tifosi della Lazio che i bei tempi sono sempre a rischio, che il lupo può sempre trasformarsi in agnello, che, citando De André, dai diamanti non spunta un bel niente, è dal letame che nascono i fiori!

Allora vediamo questo «concime», da cui è nato lo splendido fiore della attuale Lazio targata Simone Inzaghi, impostato secondo un 3-5-2 che profuma di attualità dalle parti di Formello.

La top 11 dei bidoni laziali

Juan Pablo Carrizo

Acquistato per 7.5 milioni di euro dal River Plate, Juan Pablo Carrizo vince, anche e soprattutto grazie alla cospicuità del denaro speso per prelevarlo da El Mas Grande, il premio portiere bidone biancoceleste della storia ai danni dell’altro, assolutamente indimenticabile, paperone laziale: Fernando Muslera. Se di quest’ultimo si ricorda almeno qualche bella parata, di quello non si ricordano che misfatti in serie (per averne un esempio vivido, vedasi Lazio-Cagliari 1-4).

Wallace

Nella celebre saga di Harry Potter, come tutti ricorderete, è vivamente sconsigliato nominare il nome del signore oscuro. Ecco: già soltanto a nominarlo, Wallace, pare di rivederlo dalle parti di Formello. Dio ce ne scampi! Arrivato come giocatore dalle indiscusse qualità tecniche, unite ad una forza fisica notevole (dovuta soprattutto all’altezza, ché a guardare le gambe si fatica a capire come possa esser diventato calciatore), il difensore brasiliano mette in fila, giocando anche tanto per essere un bidone (forse troppo), una serie di prestazioni da brividi – nel senso deteriore del termine – tra le quali è per il tifoso laziale indimenticabile il derby del gol di Strootman, frutto di un incredibile regalo di Wallace, asino che voleva volare.

Matias Lequi

Matias Lequi è uno dei primissimi acquisti dell’era Lotito. Rispetto ai (per certi versi necessari) risparmi sui primi giocatori, questo acquisto, sia per cifra economica che per cifra tecnica, sembra ai tifosi della Lazio un fiore nel deserto. Ma questa non è la Ginestra di Leopardi, e il fiore, presto detto, viene sotterrato dalla sabbia calda delle dune orientali. Fuori di metafore, l’ex difensore dell’Atletico Madrid è un autentico fallimento. Sei presenze e zero gol.

Mauricio

Mauricio arriva alla Lazio nel gennaio del 2015 (se ne andrà nel 2016) giocando con la maglia dei biancocelesti la bellezza di 39 partite (una marea). Metterlo tra i bidoni, certo, può sembrare ingeneroso. Qualche buona partita Mauricio l’ha pure giocata, e d’altra parte la presentazione di Tare non lasciava spazio a troppi entusiasmi: «LA PRINCIPALE ESIGENZA DI QUESTO MERCATO ERA IL DIFENSORE, ED ABBIAMO PRESO MAURICIO». Un po’ come quando ti si rompe di continuo il rubinetto ma non hai soldi per ripararlo definitivamente, così chiami l’idraulico (scarso) di fiducia. Non ne compri uno nuovo, di rubinetto, lo aggiusti. I risultati, alla lunga si vedono (vedi Lazio-Palermo 2-1, e il regalo sul gol di Dybala).

Christian Manfredini

Christian Manfredini arriva alla Lazio nel 2004. Vi rimarrà fino al 2011. Si sposterà in prestito più volte. Dopo una splendida stagione nel Chievo dei miracoli, l’ivoriano naturalizzato italiano arriva alla Lazio coi favori del pronostico. Il suo primo anno è disastroso, ma al ritorno gioca un buon calcio, segnando qualche gol e fornendo una serie di prestazioni se non eccellenti, senza dubbio sufficienti. Lo inseriamo tra i bidoni perché le aspettative su questo ragazzo, dopo aver vinto lo Scudetto primavera con la Juventus, e dopo aver brillato a Verona, non sono mai state mantenute nella capitale.

Moritz Leitner

Nell’estate del 2016, la Lazio acquista un nome di “qualità” dal Borussia Dortmund. Si tratta di Moritz Leitner, e se non vi ricordate di lui, state tranquilli: molti laziali non saprebbero nemmeno dire se alla Lazio abbia realmente giocato. Il suo costo? 2 milioni di euro. Le sue presenze? 2. Leitner è per noi il capitano ad honorem di questa speciale formazione. Assolutamente surreale.

Ivan De La Pena

Ivan De La Pena, detto dai tifosi laziali “Il piccolo Buddha”, arriva alla (ultima) Lazio (di Cragnotti) per la modica cifra di 30 miliardi di lire. Ha 22 anni e l’esperienza al Barcellona, al fianco di Maestro Pep Guardiola, è agli occhi di Cragnotti più che sufficiente per investire su di lui una cospicua somma di denaro. Non rispetterà mai le attese, deludendole e ritardandole. È ricordato per la sua lentezza infinita.

Gaizka Mendieta

Accanto al piccolo Buddha, non possiamo non ricordare Gaizka Mendieta, Mr 90 miliardi. Cragnotti lo insegue a lungo nell’estate del 2001 per rimpiazzare i partenti Veron e Nedved. Capello, che quell’anno vincerà lo scudetto con la Roma, lo ritiene addirittura superiore al cecoslovacco. Dopo aver brillato al Valencia, dove è per due anni di fila miglior giocatore della Champions League, si spegnerà alla Lazio, dimostrando valido il detto di De André. Almeno da menzionare la sfida contro il Perugia, dove viene umiliato da Gatti, ex giocatore dilettantistico. Mendieta è oggi un DJ di successo.

Ederson

Honorato Ederson. Arriva alla Lazio nel 2012, da svincolato. Molti lo conoscono già; Ederson si è infatti messo in mostra con la maglia del Lione – un Lione in cui giocano Pjanic, Benzema, Juninho, un Lione dominatore di Francia. Il suo talento è indiscutibile: il brasiliano ha numeri straordinari, e guardarlo giocare (chi scrive lo può testimoniare) è un piacere per gli occhi. Ma Ederson non è solo classe, è sostanza: è grinta, è attaccamento alla maglia (la sua esultanza dopo il primo gol al Catania è il volo di un’aquila), è saudade, soprattutto. Sì, perché il brasiliano, al netto di tre stagioni con pochi alti e molti bassi, è stato più ai box (per infortuni di media e grave natura) che in campo. Chiamarlo bidone è un colpo al cuore. Siamo davvero al limite.

Emiliano Alfaro

Emiliano Alfaro Toscano, soprannominato El Pícaro (il ladro) arriva alla Lazio nel gennaio del 2012. Nel settembre dello stesso anno viene ceduto all’al-Wasl, dove rinasce all’ombra delle dune saudite. Torna in Italia e non giocherà mai con la Lazio. Viene ceduto nel 2014 al Liverpool (di Montevideo), squadra che lo ha lanciato e alla quale, come un boomerang, è infine tornato.

Philipp Djordjevic

Di Philipp Djordjevic vogliamo ricordare la moglie, una delle donne più belle che abbiano mai varcato le porte della capitale, e l’incredibile esordio – tripletta contro il Palermo alla Favorita, segnando tra l’altro il terzo gol con un sinistro al volo, secco, chirurgico, alla Adriano. Un po’ come l’imperatore sull’altra sponda del Tevere, però, Djordjevic non dà seguito alle grandi premesse. È stato ceduto due anni fa al Chievo Verona, per retrocedere in Serie B.