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A innamorarsi è un attimo, a idealizzare anche meno. Nel calcio, poi, è praticamente nulla. Da quando il pallone si è creato un contorno di parole (e immagini, e highlights, e promesse), per i giocatori è praticamente iniziata la scalata verso l’inferno delle pressioni. Ingaggio, cartellino, ruolo cruciale, rapporto con l’allenatore: sono tanti, troppi, i fattori che accompagnano un nuovo acquisto all’interno del contesto squadra. Spesso, dimenticando che per far combaciare calciatore a calcio giocato – di una determinata formazione – ci vuole alla base un incastro di pezzi che va oltre tutto quello che possiamo immaginare.

Chiaro: esistono le eccezioni. Ed esistono giocatori che, soprattutto alla lunga, hanno dimostrato non solo di possedere caratteristiche non adatte ai top club: ma di essere lontani dal mero concetto del gioco del calcio. Si fa per scherzare, ma mica poi così tanto. Del resto, questo è un destino che ha accomunato qualsiasi club: ogni direttore sportivo ha acquistato un giocatore che credeva diverso e funzionale al progetto, ogni allenatore ha dovuto fare scelte impopolari basate sul riscontro del campo. E’ capitato ovunque ed è capitato anche alla Juventus: una top 11 dei cosiddetti ‘bidoni’ è doverosa. E pure sorprendente.

La top 11 dei bidoni bianconeri

Portiere: Van der Sar

“In Italia ho fallito”. Un’ammissione che contiene tutto, perché l’olandese volante si trasformò presto in una lunga saponetta. Acquistato dalla Juve nel 1999 per 17 miliardi di lire, per lui le porte della storia sembravano spalancate: era il primo portiere straniero della storia del club. Vinse un’Intertoto, partì pure bene. Alla seconda stagione, dopo aver commesso parecchi errori, ne fa uno decisivo nella sfida scudetto con la Roma: respinta orribile sul tiro di Nakata e Montella sigla il 3-2, fondamentali per il +2 a fine anno dei giallorossi.

Terzino dx: Marco Motta

Era il 2010 e la Juve, sugli esterni, andava alla ricerca di un profilo con cui ammaestrare il presente e programmare il futuro. Ecco perché Motta, all’epoca appena 24enne ma già con un curriculum incredibile, sembrava la scelta migliore. Cresciuto nell’Atalanta, due stagioni all’Udinese, una al Toro e la consacrazione in Nazionale grazie a un’annata strepitosa alla Roma. In bianconero, due stagioni sfortunate prima del ribaltone societario. Fu capro espiatorio, ma ci mise tanto del suo. Oggi gioca in Indonesia…

Centrale dx: Jorge Andrade

Primo anno di Serie A dopo il purgatorio della B: per rimpiazzare Boumsong, la Juve ha in mano un difensore di livello, già internazionale e con esperienza ad altissimo livello. Si tratta di Jorge Andrade, stella del Portogallo e centrale di qualità: peccato che abbia solo poco spazio, e tutto il resto privato dal destino. La prima stagione in bianconero si conclude dopo quattro partite: frattura alla rotula sinistra. Un’immagine atroce, ripetuta un anno dopo nel ritiro di Pinzolo, dove stava provando a ripartire. Brasile, Inghilterra, Stati Uniti: ci ha provato, ma un paio d’anni dopo il secondo stop aveva già appeso le scarpette al chiodo.

Centrale sx: Jean-Alain Boumsong

Un vice campione del mondo in Serie B. Quando Boumsong accettò la Juventus dopo aver giocato un Mondiale da protagonista, in tanti si sorpresero. Alla fine, la sorpresa è che Deschamps continuasse a dargli spazio pure sul campo dell’Arezzo. Ecco la debacle di Jean-Alain, acquistato dal Newcastle e relegato a comprimario tra Serie B e Serie A: non esattamente il più bello tra i ricordi di vita.

Terzino sx: Athirson

Flamengo, Santos, ancora Flamengo. E… Juventus. Moggi pensava d’aver fatto il colpaccio: un difensore con il senso del gol, un esterno di potenza e dinamica. Nella primavera del 2000, su consiglio di Sivori, la Juve lo prende con grandi speranze. A Torino, Athirson debutterà solo il 1° aprile, 5 gettoni in totale.

Interno dx: Jocelyn Blanchard

Al Metz, di talenti, se ne intendono parecchio. Ecco perché su Jocelyn Blanchard rimasero parecchio delusi quando alla Juve non riuscì a imporsi. Il centrocampista francese, autore e protagonista di un secondo posto pazzesco per la squadra della Lorena (terminarono incredibilmente secondi) nel 1998, firmò immediatamente dopo per la Juventus, reduce da due finali di Champions League consecutive. Un fallimento: gioca 12 partite di cui 6 in Coppa Italia, 3 in Champions League. Mai sopra il 6 in pagella. Anzi, spesso decisamente sotto.

Mediano: Christian Poulsen

Beh, fino all’acquisto fatto dalla Juventus, in Italia Poulsen era già abbastanza conosciuto. Quattro anni prima del suo approdo in Italia, durante Italia-Danimarca si era beccato uno sputo in faccia da Francesco Totti, poi squalificato per tre turni. Alla Juve, la fama di fomentatore lo precede e non riesce mai a staccarsi determinate etichette. 10 milioni per strapparlo al Siviglia su esplicita richiesta di Claudio Ranieri: i tifosi lo contestano sin dall’inizio, una cinquantina di presenze in un paio d’anni e… e poi arrivò Claudio Marchisio a ‘rubargli’ il posto.

Interno sx: Diego Ribas

Ancora oggi, in Brasile, in tanti non riescono a spiegarsi come abbia fatto Diego Ribas a non imporsi in Italia. In particolare, alla Juventus. La convivenza con Del Piero? No, assolutamente: le migliori partite del brasiliano sono state proprio con il capitano. Dunque, cosa? Probabile che tanto abbia inciso anche la fisicità del calcio italiano in generale, e poi la corsa e il sacrificio che non sono esattamente nel dna di Diego. Tant’è: il 26 maggio del 2009, per 23 milioni di euro, passa dal Wolfsburg alla Juventus. Esordisce il 23 agosto e subito è assist per Iaquinta; contro la Roma, alla seconda gara, segna una doppietta in un 3-1 che fa iniziare a sognare. Poi è una prestazione opaca dietro l’altra.

Ala sx: Jorge Martinez

El Malaka, cioè il genio. Un soprannome affibbiatogli dallo zio, anch’egli calciatore, Jorge Barrios. Insomma, un predestinato. Che dal Wanderers al Nacional, passando soprattutto per il Catania, aveva mostrato giocate incredibili e talento da vendere. Ecco, peccato che Jorge Martinez sia arrivato sul più bello, ma non ancora lucidato: è il fiore all’occhiello della prima campagna acquisti Marotta e Paratici, con la Juve di Delneri sprofondata in un nuovo settimo posto. Una sola stagione, poi Cesena, Cluj, Novara e tre anni di Juventud. Ma mai, mai più i fasti siciliani.

Centravanti: Juan Esnaider

Da un uruguaiano a un argentino. Stavolta di scuola Real Madrid. Sì, perché i blancos lo prendono direttamente dal Ferro Carril Oeste: Esnaider gioca al Castilla, poi tra i grandi. Un paio di stagioni di livello assoluto al Saragozza e un’altra stagione al Madrid. Exploit ai cugini dell’Atletico e conferme in un super Espanyol. Ecco, per la Juve è un curriculum che non prevederebbe sorprese. Eppure… doveva sostituire Del Piero (gravemente infortunato) e finì per perdere uno scudetto che sembrava già vinto.

Ala dx: Eljero Elia

Uno scudetto vinto, invece, per Elia. Il grande acquisto di Antonio Conte, voluto fortemente dal leccese dopo un braccio di ferro fortissimo con la dirigenza. Alla fine, eccolo accontentato: blitz di Marotta in Olanda e l’esterno che raggiunge Torino per presenziare nel 4-2-4 immaginato dall’allenatore oggi all’Inter. Quattro presenze totali…