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Massimo Palanca continua a stupire ed emozionare più di un calabrese. È introverso, timido, taciturno, l’opposto dell’italiano prototipico che parla a squarciagola e, il più delle volte, a voce alta, si fa largo nella vita gridando.

Palanca è il più grande idolo della storia dell’Unione Sportiva Catanzaro 1929, la società giallorossa di Catanzaro, città di un sud estremo che sorge su tre impervie montagne, affacciate sul Mar Tirreno a ovest e sul Mar Ionio a est – uno più azzurro, l’altro più turchese – nella parte più stretta della penisola. Palanca è, dunque, l’eroe di una città che ama in maniera furiosa, e che ha amato lui alla follia, che lo fa ancora oggi che non gioca più per il Catanzaro. I calabresi lo hanno ancora nel cuore.

Piede di fata

Palanca veniva definito scherzosamente il “Cruyff dei poveri“: ha giocato con la maglia numero 11 e, pur essendo un attaccante, ha guidato la squadra come faceva Johann: girando per tutto il campo e cambiando ritmo, idee, intuizioni. È stato l’artefice dell’ultima promozione in Serie A dei calabresi, nella stagione 1977/1978. Nel 1979 segna tre gol in trasferta contro la Roma, il primo dei quali, Olimpico (all’Olimpico). Cioè? Da calcio d’angolo: direttissimo, senza deviazioni.

Palanca ha segnato tredici gol da calcio d’angolo nella sua carriera. Era, oltre al Re di Catanzaro, Piedino di fata: Piede di fata perché portava il 37. La scarpetta sinistra però era un fucile: botta tremenda e raffica costante. Impareggiabile. Così è sempre stato in sei anni intensi, durante i quali le strade di Catanzaro e Palanca si sono incrociate. Prima come adesso, tutto funzionava in base alla rivendita. Palanca, da O’Rey di Catanzaro, aveva raggiunto il suo apice e poteva essere intrigante sul mercato. In particolare per le squadre alla ricerca di un mancino di livello.

Dopo un anno in Serie A, si trasferisce al Napoli, una stagione prima dell’arrivo di Maradona. No, non andò bene per Massimo. Si dice che si sia quasi ritirato, che si sia chiuso in se stesso in attesa di essere richiamato a casa, dov’è poi tornato nel 1986. Il Catanzaro era stato retrocesso in C1, la terza categoria. Dal suo arrivo, la squadra viene promossa e, per un punto, manca la promozione in Serie A nel 1988. E nel suo destino arriva un’altra fitta, un nuovo dolore.

Quel rigore mancato

Contro la Triestina, Palanca ha l’occasione di regalare un nuovo pezzo di storia al suo Catanzaro: con un calcio di rigore, i calabresi andrebbero a riscrivere il risultato e potrebbero raggiungere l’ultimo step per ritrovare la Serie A. Pressione enorme, ma il Piede è Fatato per una ragione. Dagli undici metri, Palanca colpisce il palo, lasciando lo score finale sullo 0-0. Quando la partita è finita senza gol, il volto di Massimo si è rigato di lacrime: il tunnel verso gli spogliatoi gli è sembrato la porta dell’inferno.

Nonostante mancassero 17 partite, ebbe infatti una crisi di nervi. Non si è più ripreso, in fondo. E si è poi ritirato all’età di 37 anni nel 1990, non prima di aver collezionato 27 gol e 97 partite in altre due stagioni. Il 30 giugno 1990, mentre l’Italia si prepara a ospitare i Mondiali, O’Rey disputa l’ultima partita da calciatore, salutando il pubblico che tanto l’aveva amato al minuto 70 di Catanzaro-Barletta, sostituito da Criniti. Standing ovation, abbracci, cuore in gola. E il coro: “Massimè Massimè, pari ‘na molla, pari ‘na molla…”.

I gol da calcio d’angolo

Palanca, certamente, è ricordato e sempre lo sarà per la capacità meravigliosa nel far gol da calcio d’angolo. Un gesto che di per sé può sembrare estremamente egoista, che invece, proprio per Massimo, era l’emblema dell’aiuto ricevuto dai compagni. Lo spiega lo stesso Palanca in un’intervista – c’è un estratto su Youtube – a La Domenica Sportiva: “Per segnare un gol da un corner, in realtà hai bisogno dell’aiuto di un altro della tua squadra – racconta -. Per esempio, lì Claudio Ranieri si è messo davanti al portiere, così da non fargli vedere la palla”. Sì, proprio Sir Claudio, oggi allenatore del Cagliari.

Palanca ha ancora i baffi, anche se grigi e meno carichi. È una leggenda vivente del calcio. Si è allontanato da Catanzaro, lavora da selezionatore per alcune squadre giovanili nelle Marche e gestisce un’attività di abbigliamento a Camerino, più su, più a nord, vicino ad Ancona, dove è nato. Il termine “Cruyff dei poveri” gli provoca le stesse risate: sotto ai baffi, naturalmente.