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Dal punto di vista tattico, l’aspetto che divide maggiormente gli allenatori è la disposizione difensiva, che fondamentalmente può essere a 3 oppure a 4.

Ogni allenatore ha le sue preferenze, anche se poi deve sempre fare i conti con le caratteristiche degli uomini a disposizione. Ma perché si sceglie di schierare 3 difensori piuttosto che 4?

Perché la difesa a 3

Con l’affermarsi della difesa a zona e il tramonto del ruolo del libero, la disposizione prevalente delle difese negli anni ‘90 divenne la linea a 4, con due difensori centrali (talvolta ancora differenziati tra marcatore e stopper) e i due terzini sulle fasce.

Qualche eccezione era presente, come il Parma di Nevio Scala disposto con la linea a 3 che scalò le gerarchie del calcio italiano arrivando anche a trionfare in campo europeo.

Verso la fine del decennio poi le performance dell’Udinese di Alberto Zaccheroni, che nel 1998 conquistò uno storico 3° posto alle spalle di Juventus e Inter con uno spregiudicatissimo 3-4-3, riportò sotto i riflettori questo assetto tattico che si diffuse soprattutto tra le squadre meno tecniche.

La difesa a 3 infatti permette, con l’arretramento degli esterni, di comporre facilmente una linea di 5 giocatori, con 3 centrali forti di testa e in marcatura a presidiare l’area di rigore e 2 esterni a chiudere le corsie laterali. Questi stessi esterni poi diventano un’arma efficace per ripartire in velocità e innescare la contromanovra offensiva.

In linea di massima invece la difesa a 4, che permette di mantenere più uomini a centrocampo, consente di sviluppare maggiormente il possesso palla a quelle squadre dal tasso tecnico maggiore, che preferiscono tessere una manovra offensiva più avvolgente e ragionata. In particolare, quando non si hanno in squadra giocatori dalle spiccate doti atletiche, con la difesa a 4 si copre meglio il campo con minore dispendio fisico.

Vantaggi della difesa a 3

Oltre ad assicurare un maggiore controllo dell’area di rigore, la presenza di 3 giocatori sulla linea arretrata può favorire gli scambi e la ripartenza dal basso: uno dei 3 centrali sarà sempre libero dalla pressione e può cercare sia l’appoggio per vie centrali che i corridoi esterni.

Gli esterni così larghi poi costringono le difese avversarie ad allargarsi, creando quindi maggiori spazi per gli inserimenti dei centrocampisti.

L’assetto a 3 in difesa permette poi di avere più uomini pronti ad aggredire i portatori di palla all’inizio della manovra avversaria, favorendo così una ripartenza immediata dell’azione.

Svantaggi della difesa a 3

Per giocare con una difesa a 3 bisogna essere dotati di esterni di centrocampo dotati di grande corsa e resistenza, dal momento che devono coprire tutto il campo in entrambe le fasi di gioco, e bravi sia nei contrasti che nei cross e nei dribbling.

Il loro lavoro però si sviluppa esclusivamente lungo le corsie laterali, con poche possibilità di assistere i compagni in mezzo al campo. Il centrocampo diventa quindi composto da soli 3 giocatori (o addirittura 2 nel caso di un 3-4-3), e senza una perfetta intesa nei movimenti a scalare e coprire le linee di passaggio avversario può lasciare così il predominio territoriale agli avversari.

Evoluzione degli schemi con difesa a 3

Se il 3-4-3 e il 3-5-2 hanno conosciuto un buon successo all’inizio del millennio, sono poi andati in difficoltà quando i moduli con una sola punta centrale hanno iniziato a prendere piede, che si trattasse di 4-2-3-1 o di 4-3-3 con gli attaccanti esterni larghi.

I raddoppi sulle fasce costringevano gli esterni a ripiegare costantemente sulla linea dei difensori, con le squadre che si arroccavano in difesa non riuscendo a contrastare il giro palla avversario sulla propria trequarti.

Non a caso oggi molti allenatori, come Gian Piero Gasperini e Ivan Juric in Italia, scelgono di schierare le squadre con un 3-4-2-1, in cui due trequartisti possono retrocedere a centrocampo dando l’opportunità ai mediani di allargarsi e dare supporto agli esterni, favorendone la risalita e creando anche spazi per la proiezione offensiva dei centrali difensivi.

Quando tra 4 e 3 non c’è più differenza

Ad oggi i sistemi di gioco sono diventati sempre più fluidi e i giocatori devono essere in possesso di un dinamismo tale da riuscire a coprire più zone di campo e cambiare l’assetto tattico di una squadra nel corso di una singola azione.

Ecco quindi che, a prescindere dallo schieramento iniziale, i sistemi di gioco tendono sempre a svilupparsi secondo un impianto comune, ovvero con tre giocatori che impostano il gioco davanti alla propria area e gli esterni che salgono a supportare la manovra offensiva. In un certo senso quindi anche le difese a 4 si trasformano in difese a 3 (o a 5, dipende dal momento della gara e da dove la pressione offensiva degli avversari costringe gli esterni), secondo due principi di gioco differenti.

La salida lavolpiana: il mediano scende tra i difensori

Il primo è la cosiddetta salida lavolpiana, un meccanismo sviluppato dall’allenatore messicano Ricardo La Volpe e diffuso in Europa da Pep Guardiola: in fase di costruzione il mediano della squadra scende a piazzarsi in mezzo ai due centrali di difesa, fornendo loro una linea di passaggio pulita e la possibilità di allargarsi maggiormente verso l’esterno. In questo modo i terzini possono salire ad affiancare le mezzali o in certi casi addirittura posizionarsi sulla linea d’attacco.

Nel Barcellona questo compito lo svolgeva Rafa Marquez, oggi al Manchester City Guardiola affida il ruolo di mediano basso di costruzione a Rodri, arrivato per sostituire l’ormai 36enne capitano Fernandinho, principale regista arretrato della squadra finora.

Nel campionato italiano vediamo spesso un lavoro simile affidato a Brozovic nell’Inter, sia durante il periodo di Conte che in quello di Simone Inzaghi, entrambi infatti caratterizzati dalla difesa a tre.

La difesa a 3 e ½ che è valsa un Europeo all’Italia

Un altro artificio per cui l’assetto difensivo cambia da 4 a 3 o viceversa è quello che in Italia abbiamo visto mettere in pratica negli ultimi anni in maniera opposta da Luciano Spalletti e Paulo Sousa.

Il primo, nella sua ultima esperienza romana e in quella interista, sceglieva di mettere in campo una difesa a 4 in cui uno dei laterali aveva tendenze spiccatamente più offensive rispetto al suo opposto. In fase di possesso palla questo terzino saliva a supportare l’azione offensiva, con il centrale difensivo sul suo lato che si allargava verso l’esterno, mentre l’altro terzino si avvicinava al centro della difesa ricreando così un perfetto assetto a 3.

Viceversa, nella Fiorentina di Paulo Sousa la squadra partiva con una difesa a 3 in cui uno degli esterni era un terzino adattato che in fase difensiva si allargava sull’esterno, mentre sul lato opposto l’esterno alto retrocedeva in difesa.

Al momento anche Roberto Mancini tende a riproporre questa sorta di “difesa a 3 e ½” con l’Italia: nel corso del vittorioso Europeo 2020 Leonardo Spinazzola (ed Emerson Palmieri dopo l’infortunio subito dal romanista) partiva da posizione di terzino sinistro per poi giocare come una sorta di ala aggiunta, mentre sul lato opposto Giovanni Di Lorenzo svolgeva compiti prettamente difensivi avvicinandosi a Leonardo Bonucci, perno centrale della difesa con compiti di impostazione. Giorgio Chiellini, l’altro centrale, spesso e volentieri si allargava verso sinistra, occupando una posizione quasi speculare a quella di Di Lorenzo.