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La Milano nerazzurra, fin dal nome della squadra, ha sempre avuto una grandissima vocazione internazionale.

Se i primi successi europei dei cugini milanisti erano legati al verace Nereo Rocco, l’Inter diventava grande grazie al cosmopolita tecnico argentino Helenio Herrera.

Tra i grandi stranieri che hanno contraddistinto la storia nerazzurra, dal trio tedesco guidato da Lothar Mattheus fino al Fenomeno brasiliano Ronaldo, c’è anche un umile ragazzo argentino che, arrivato quasi sotto silenzio, all’Inter ci è cresciuto, fino a diventarne uno dei capitani più amati, nonché il recordman di presenze e giocatore più vincente della storia del club: Javier Zanetti.

Javier Zanetti e l’Inter: una storia di maggio

Nella storia di Javier Zanetti con l’Inter i primi giorni di maggio si ripropongono in maniera curiosa.

La vita nerazzurra di Zanetti inizia il 13 maggio del 1995: il neo-presidente dell’Inter Massimo Moratti annuncia l’acquisto di un giovane difensore argentino, che aveva osservato insieme al figlio in una videocassetta contenente le riprese di alcuni match della selezione olimpica albiceleste.

Facciamo un salto di 7 anni, al 5 maggio 2002, il giorno più doloroso per una generazione intera di tifosi interisti, con lo scudetto perso per il sorpasso effettuato dalla Juventus all’ultima giornata. Insieme alle lacrime di Ronaldo e Materazzi si ricorda lo sguardo affranto di Javier Zanetti, al suo primo anno da capitano della squadra dopo aver indossato la fascia negli anni precedenti solo in assenza di Ronaldo.

Esattamente 8 anni più tardi, il 5 maggio 2010, Zanetti avrebbe sollevato la Coppa Italia, primo trofeo di una stagione indimenticabile che nell’arco dei successivi 17 giorni avrebbe visto i nerazzurri conquistare anche il loro 18° scudetto e la terza Coppa dei Campioni, diventando la prima squadra italiana a centrare uno storico triplete.

Il 2 maggio 2021, al fischio finale tra Sassuolo e Atalanta che ha consegnato la matematica certezza della vittoria del 19° scudetto nerazzurro, Javier Zanetti era sul tetto della sede dell’Inter di Viale della Liberazione a Milano, sventolando la bandiera nerazzurra non più in qualità di capitano, ma di vicepresidente della società, che da Massimo Moratti è passata in mano a proprietà prima indonesiana e poi cinese, mantenendo però proprio l’ex capitano argentino come legame con la storia e l’identità della squadra.

L’arrivo a Milano all’ombra del carneade Rambert

Sebastien Rambert è stato una delle tante illusioni partorite dal calcio argentino, che anche a causa della sua tendenza ad affibbiare divertenti nomignoli ai vari calciatori fin troppo spesso celebra e incensa troppo presto giocatori che si rivelano poco più che mediocri.

L’Avioncito Rambert, celebrato come un piccolo genietto offensivo anche da ex campioni del calibro di Omar Sivori, viene acquistato dall’ Independiente di Avellaneda da Massimo Moratti nell’estate del 1995, superando le offerte di Juventus e Parma.

Sul volo con cui arriva Rambert in Italia si imbarca anche questo terzino destro di 21 anni del Banfield, già acquistato qualche settimana prima su consiglio dell’ex leggenda interista Angelillo. I giornalisti sono tutti a registrare e commentare l’arrivo di Rambert e pochi prestano attenzione a questo ragazzino che ha fatto il viaggio con i suoi pochi effetti personali in una busta di plastica e gli scarpini in mano. Si tratta di un giovane Javier Zanetti, già soprannominato Tractor per via della sua progressione palla al piede lungo la fascia.

Se l’Avioncito in realtà non spiccherà mai il volo in maglia nerazzurra, racimolando solo 2 presenze nelle coppe e togliendo il disturbo nel mercato autunnale, il Tractor inizierà ad arare il campo di San Siro e non si fermerà per i successivi 19 anni.

Capitano nei dolori e nelle gioie

L’Inter di Moratti è passata alla storia come una delle squadre più folli nella storia del campionato italiano. Ricchissima di talento, con il presidente che ogni anno comprava giocatori di primissimo piano, capace di vittorie esaltanti e sconfitte eclatanti, la squadra è stata rivoltata più e più volte nel corso degli anni, con una girandola impressionante di allenatori che si sono susseguiti sulla panchina nerazzurra.

Dall’inglese Roy Hodgson all’amatissimo Gigi Simoni (con cui vinse la Coppa UEFA segnando in finale alla Lazio), dall’esperienza disarmante di Marco Tardelli all’enorme equivoco rappresentato da Marcello Lippi, l’unica vera costante dell’Inter in questi caotici anni fu rappresentata da Javier Zanetti, che grazie alla sua duttilità tattica diventò fin da subito un elemento inamovibile della squadra, che si trattasse di giocare da terzino oppure a centrocampo.

Attenzione, parte la sua palla dentro, primo palo, una mischia, può andare il Capitano,carica il destro… Il tiro… È gol! È gol! È gol è gol è gol!!! Il Caapitaaano!!!

Incipit dell’inno dell’Inter Pazza Inter, con il gol di Zanetti in Empoli-Inter del 6/11/2002 commentato da Roberto Scarpini

Con l’arrivo di Hector Cuper la fascia di capitano passò in maniera definitiva da un Ronaldo martoriato dagli infortuni a Javier Zanetti, prototipo ideale del giocatore che il tecnico connazionale voleva in campo: generoso, serio, sempre concentrato e pronto a dare il massimo.

In tutti questi anni di delusioni, culminate con il 5 maggio e con l’eliminazione in semifinale di Champions League per il doppio pareggio nel derby contro il Milan, Zanetti non rinunciò mai a metterci la faccia con i tifosi, non nascondendo mai le responsabilità della squadra nei momenti difficili.

Il riscatto, i record e il ritiro

Sempre titolare con qualsiasi allenatore, passando da Cuper a Zaccheroni fino a Mancini, Zanetti poté finalmente iniziare a festeggiare il primo trofeo dopo la Coppa UEFA del ‘97, sollevando la Coppa Italia nel 2005, per poi iniziare un ciclo di vittorie in campionato, arrivate dopo lo scandalo Calciopoli e la retrocessione della Juventus con revoca di due scudetti, il secondo dei quali assegnato all’Inter.

I nerazzurri vinsero quindi altri 2 scudetti consecutivi con Mancini alla guida, per poi puntare al successo europeo con l’arrivo di José Mourinho sulla panchina. Insieme al tecnico portoghese, arrivò anche il primo giocatore in grado di togliere il posto a Zanetti come terzino destro, il brasiliano Maicon.

Zanetti non perse però la maglia da titolare, spostandosi a giocare a centrocampo. Sempre più uomo simbolo dei nerazzurri, è lui a sollevare la Champions League nella magica notte di Madrid del 22 maggio 2010, e a portarla, alle prime ore dell’alba, all’interno di un San Siro gremito di gente in attesa da tutta la notte.

Nella stagione successiva Zanetti vince da capitano anche il Mondiale per Club, mettendo a segno in semifinale contro il Seognam quella che sarà l’ultima sua rete in carriera.

Alla soglia dei 40 anni, Zanetti resta sempre uno dei giocatori più presenti e generosi in campo della squadra, fino a quando, superate le 1100 partite da professionista, il 21 aprile 2013 riporta la rottura del tendine di Achille in una partita contro il Palermo.

Nonostante l’età Zanetti rientra in campo 7 mesi dopo, disputando quindi tutta la stagione 2013/2014 al termine della quale, a 40 anni e 281 giorni, annuncia il ritiro dal calcio giocato. Chiude la sua carriera con il record di presenze in maglia nerazzurra, 858 di cui 615 in Serie A (miglior straniero di sempre), con il maggior numero di minuti giocati, 73284 e con il maggior numero di stagioni da capitano, ben 13.

Inoltre è il giocatore più vincente della storia del club, con 16 trofei conquistati (1 Coppa UEFA, 5 Scudetti, 4 Coppe Italia, 4 Supercoppe italiane, 1 Champions League e 1 Coppa del mondo per club) di cui 15 da capitano.

Una volta appesi gli scarpini al chiudo, contestualmente con la cessione della società da parte di Massimo Moratti, è stato immediatamente nominato vicepresidente dal nuovo proprietario Erik Thohir, mentre la maglia numero 4 è stata ritirata.

Oggi Zanetti si dedica a rappresentare l’Inter nelle sedi istituzionali, ai progetti Inter Campus in giro per il mondo e alla sua Fondazione Pupi, l’organizzazione di beneficienza che si occupa di supportare i bambini disagiati nella zona di Buenos Aires.