“È una torrida sfida, ideologicamente proibita. Agli schemi d’attacco, il palazzo risponde col tacco”. 1999, Antonello Venditti in Goodbye Novecento, canta la coscienza di Zeman.
Era un’Italia completamente diversa, ma non estremamente differente. Tutt’altro: aveva già iniziato il processo di cambiamento, almeno nel calcio, proprio chi coltivava quella coscienza. Zdenek Zeman: per qualcuno un genio, per altri fin troppo compreso, di sicuro divisivo e perciò in buona sostanza rivoluzionario.
Zeman era un pallamanista e pallanuotista, nel suo passato aveva giocato anche a hockey su ghiaccio. Il calcio? Grande passione, certo, forgiata dallo zio materno Vycpalek. Dice qualcosa? Sì, ex calciatore e grande allenatore del passato della Juventus. Juventus di cui Zeman si è sempre detto tifoso, salvo poi attraversare fasi… controverse. Mettiamola così.
Comunque, nel 1991, Zeman è alla terza stagione alla guida del Foggia. Ecco: tecnicamente sarebbe la quarta. Perché dopo un avvio nel basso calcio siciliano, la prima e grande occasione era arrivata nel 1986, proprio lì, proprio in Puglia; poi Parma e Messina, quindi ancora Foggia. Inizia il mito di Zemanlandia. E nulla sarà più come prima, per tutti.
Quel Foggia e quel 1991
Ora: uno dei grandi meriti del Foggia è stato sempre quello di aver lanciato giocatori fortissimi, ma fino a quel momento sconosciuti. Il presidente Casillo è sempre stato molto orgoglioso di quel tratto “paterno” di Foggia, e già in Serie B aveva mantenuto giocatori come Ciccio Baiano, Beppe Signori, capitan Barone e Picasso in regia.
È chiaro però che in Serie A serviva un booster di esperienza e di qualità, ecco perché il lavoro di Altamura e Pavone fu fondamentale.
I primi colpi? Salvatore Matrecano in difesa, preso dal piccolo Turris e relegato a una carriera di altissimo profilo. Poi gli stranieri: Altamura aveva preso Dan Petrescu dallo Steaua Bucarest, un giocatore di livello incredibile, che troverà fortuna anche in Inghilterra e che prima aveva già sul palmarès una Coppa dei Campioni.
Con il giocatore rumeno, arrivò anche il russo Kolyvanov, stella della Dinamo Mosca. E soprattutto il connazionale Shalimov, però dallo Spartak. Insomma: ben più di una questione di salvezza. Ma una squadra coraggiosa, in grado di fare bel calcio.
L’assicurazione però era Zeman. O meglio: il Foggia di Zeman. E quindi i gol di Baiano, la classe di Signori, la leadership di Rambaudi. Il tridente delle meraviglie che intrigò anche Sacchi, e che fece la fortuna di una città intera. La loro conferma fu il vero colpo da fuoriclasse di quella dirigenza.
La rosa del Foggia di Zeman 91/92
Giocatore | R | Giocatore | R |
---|---|---|---|
Francesco Mancini | P | Gianluca Musumeci | C |
Mauro Rosin | P | Mauro Picasso | C |
Angelo Consagra | D | Alessandro Porro | C |
Salvatore Fresi | D | Dan Petrescu | C |
Gualtiero Grandini | D | Roberto Rambaudi | C |
Pasquale Padalino | D | Carlo Ricchetti | C |
Salvatore Matrecano | D | Igor Shalimov | C |
Tommaso Napoli | D | Francesco Baiano | A |
Onofrio Barone | C | Aldo di Corcia | A |
Maurizio Codispoti | C | Igor Kolyvanov | A |
Giuseppe Lo Polito | C | Giuseppe Signori | A |
Bene, a chi dare un’occhiata nello specifico?
Sceglierne uno vorrebbe dire allontanarsi dal collettivo, e per quanto le unicità e le individualità di quel Foggia avevano cambiato nel profondo la squadra pugliese, la forza consisteva sempre nel talento generale, di com’era messa in campo quella squadra.
Partiamo dai portieri: Mancini era avanti vent’anni per il modo di giocare, da primo uomo d’impostazione. Poi in difesa: un giovanissimo Salvatore Fresi, Padalino e Matrecano i perni, con Consagra, Grandini e Napoli a riempire un reparto di assoluto affidamento.
In molti, oltre al tridente, ricordano il centrocampo profondo del Foggia di Zeman: oltre a capitan Barone, la stella era ovviamente Igor Shalimov: 33 presenze e 9 reti in quella Serie A, poi la chiamata dell’Inter; Codispoti era ormai una certezza in zona gol, Picasso era stato uno dei principali autori della salita in Serie A. E Porro, ecco, una splendida scoperta dopo l’acquisto due anni prima al Fano. Petrescu e Rambaudi andavano a completare con qualità, gol, giocate e soprattutto momenti decisivi. Il bel calcio era una conseguenza, o quasi.
Di sicuro, la ricetta era ben fatta, perché il prodotto finale era dolcissimo. Kolyvanov, approdato in Puglia dopo aver vinto gli Europei Under 21 con la Russia, faceva da stuntman a Baiano (capocannoniere) e Signori (principio di campione).
Il campionato della rivelazione
Oh, di Baiano se ne accorsero tutti subito, proprio immediatamente: dopo i primi match con Inter (pari) e Juventus (ko in casa), il primo e grande blitz di Zeman fu al Franchi di Firenze: 2-1 con la Fiorentina, dopo la rete di Faccenda, la rimonta in 3 minuti firmata Petrescu e Codispoti.
Poi altri tre al Cagliari (Rambaudi e Codispoti, poi Baiano), pari col Parma e altri 3 in casa al Cagliari (nuovamente Rambaudi, Codispoti e Baiano). 6 gol nelle prime 4 partite, e la grande rivincita in quel 3 novembre del 1991, ancora oggi urlato tra le strade della città: il 4-1 al Bari, in casa, con tripletta di Ciccio Baiano e la rete di Signori.
Da lì in poi: vittoria con la Cremonese, ko con Atalanta e Verona, pari con Sampdoria e Napoli, 5 gol presi dalla Lazio. Un’altalena di emozioni, come le nove partite senza vittorie dopo l’1-0 (ogni tanto capitava) con il Genoa. Serve ancora il Bari per sbloccarsi definitivamente, stavolta a San Nicola: 1-3, Baiano, Shalimov e il sigillo di Kolyvanov.
Zeman stappa finalmente la sua squadra, fisicamente inarrivabile: arrivano le vittorie con la Cremonese, pari a Bergamo, poi 5-0 al Verona, 1-1 con la Samp di Vialli e Padalino che batte il Napoli in casa, così come Rambaudi-Baiano con la Lazio una settimana più tardi.
Chiude uno 0-2 a Marassi, contro il Genoa, e il Foggia è sostanzialmente a posto così. Nell’ultima giornata, si prende anche il lusso di uscire tra gli applausi dopo 8 reti incassate contro il Milan (dopo essere andati in vantaggio a fine primo tempo).