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Essere camaleontici può essere di per sé un pregio ma cambiare pelle in base a chi ci si trova di fronte non è sempre una buona idea. Quella tra Lazio e Milan è stata una sfida ad alta tensione dove a farla da padrone è stato soprattutto il nervosismo tra i giocatori in campo. Le direzione arbitrale non ha di certo aiutato a quietare gli animi. Anzi, quanto accaduto ha aperto una sorta di nuova voragine normativa dettata da disattenzione o cattiva gestione con un inevitabile condizionamento della partita stessa.

Al termine dello stesso si è parlato a dismisura di antisportività. Quel fairplay che Pulisic non ha mostrato quando Castellanos era a terra dopo aver subito un colpo al viso. Il direttore di gara non ha interrotto il gioco pertanto, nonostante l’avversario fosse ancora tramortito, l’americano ha tentato di proseguire l’azione che l’avrebbe verosimilmente portato vis à vis con Provedel. Come già sottolineato, ad aver perso il polso della situazione è stato chi proprio chi doveva gestire e ciò ha ribaltato le percezioni.

Il match è stato indubbiamente viziato dalle scelte arbitrali. Ciò risulta ancora più evidente dando un attento sguardo alle prestazioni messe in campo da entrambe le compagini. La Lazio si è rivelato un vero e proprio diesel nel primi 45′. Il palleggio biancoceleste è stato evidente e ben eseguito, in grado di mettere in difficoltà il centrocampo fallace e poco incisivo del Milan. I rossoneri si sono resi pericolosi solo poco prima dell’intervallo grazie ad un guizzo di Pulisic. Protagonista da ogni punto di vista.

Quello tra Pulisic e Pellegrini è stato scontro a prima vista: quando è corretto parlare di antisportività?

Pulisic e Pellegrini non si sono amati dal 1′ minuto. Una delle principali qualità dell’americano sta nel non dare punti di riferimento all’avversario e quando ne ha l’opportunità, inserirsi negli spazi in velocità. Il numero 3 biancoceleste ha trovato non poche difficoltà nell’arginare l’avversario e questo lo ha portato a commettere il primo fallo da ammonizione. La bagarre tra i due continua, senza esclusione di colpi e forse con un pizzico di malizia.

L’antisportività è altro. Nella disanima di quanto accade sul terreno di gioco, è corretto dare un peso alle parole. Negli anni il calcio ha visto in più occasioni la mancanza di fairplay. Gli episodi nel recente sono innumerevoli, forse l’attenzione dovrebbe essere spostata sull’atteggiamento dei giocatori in campo. Si vedono troppo spesso scene nelle quali gli stessi si accasciano a terra senza un reale motivo. Ciò spesso vizia le partite e ne da una resa poco conforme alla realtà.

Che si parli così tanto e approfonditamente dei torti arbitrali subiti dall’avversario da parte del direttore di gara non giova alla credibilità del Milan. Non certo perché il potenziale manchi, piuttosto per evidenti errori tecnico-tattici con un centrocampo sostanzialmente ad intermittenza che spesso si rende protagonista in negativo. I rossoneri sono vittime di una sorta di paradosso per il quale quando giocano bene non riescono a vincere mentre, se la prestazione è mediocre o peggio il successo in un certo qual modo arriva.

A risollevare la serata, sponda rossonera è stato Noah Okafor. Subentrato al 71′ al posto di uno sbiadito Yacine Adli, ha avuto la sua prima occasione poco dopo il suo ingresso. Tuttavia, all’88’ lo svizzero trova la rete del vantaggio, nonché il suo quinto gol in rossonero ed il quarto dalla panchina. Che l’apporto del numero 17 sia stato fondamentale è indubbio, però lui lui pare soffrire di di un blackout intermittente che non gli permette di essere costante.

Ora, ciò che sembra piuttosto limpido è l’imprevedibilità del Milan. Talvolta risulta talmente mutato dal punto vista mentale e dalla resa sul campo tra una partita e l’altra che sembra quasi non sapersi riconoscere. Le punte di diamante della squadra sono troppo spesso latenti e ciò comporta sul lungo periodo la dissoluzione di obiettivi stagionali. Esattamente come sta accadendo in questo momento.