Nonostante sia appena iniziato, l’ATP Masters 1000 Cincinnati Open ha già regalato un record all’Italia, l’ennesimo di una golden era davvero inimmaginabile, fino a pochi anni fa. I cinque italiani teste di serie rappresentano una prima volta per il nostro paese, sia a livello Masters 1000 che di tornei del Grande Slam.
Se Jannik Sinner non fa più notizia, la presenza di Lorenzo Musetti (#8), Flavio Cobolli (#15), Luciano Darderi (#29) e Lorenzo Sonego (#32) impone una riflessione. A parte il campione altoatesino, c’è un tennista azzurro che può legittimamente ambire alla vittoria di uno Slam?
Jannik Sinner e lo straordinario che diventa normale
Delle qualità di Jannik Sinner si è detto e si dirà ancora moltissimo, ma ce n’è una che forse è la più importante e meno visibile di tutte. Si tratta di una qualità che accomuna l’altoatesino a molti dei più grandi sportivi della storia, di varie discipline: la capacità di far apparire normale ciò che è straordinario.
Abbiamo già detto più volte che i Big 3 non hanno solo cambiato la storia del tennis, ma hanno in qualche modo anche distorto la realtà. La realtà è che eccellere è difficilissimo, ma mantenere l’eccellenza a lungo è qualcosa di raro, rarissimo. I tennisti di oggi, diciamo dalla top 30 in su, sono quasi tutti in grado di offrire performance a livelli altissimi. Ma pochi riescono a mantenerla a lungo perché il tennis è oggi logorante a livelli mai visti, sia a livello delle sollecitazioni fisiche che della battaglia mentale che è in ogni match, ogni game, ogni palla. Vedere Sinner essere così sul pezzo praticamente sempre è uno spettacolo poco appariscente, ma chi conosce il tennis sa quanto ciò sia di una difficoltà immane e segna, più di altre cose, la distanza tra Jannik e gli altri.
Non solo Sinner: chi è il prossimo italiano che potrebbe vincere uno Slam? E perché proprio Flavio Cobolli?
Come detto, la qualità nel tennis non è solo nell’esecuzione tecnica dei colpi, ma nella capacità di farlo a lungo e soprattutto nei momenti che contano. Ovvero, i tornei del Grande Slam. Se si esclude il nostro n.1 al mondo, i tennisti che tecnicamente ci sono andati più vicini sono Matteo Berrettini e Lorenzo Musetti.
“Berretto” aveva rotto il ghiaccio, inaugurando quell’età dell’oro di cui allora si poteva solo intuire la possibilità. La sua finale di Wimbledon rimane uno dei percorsi più entusiasmanti mai visti, da parte di un tennista italiano, ma purtroppo le cose si sono molto complicate per lui. Il fisico gli ha imposto diversi stop e, col tempo, ciò ha intaccato fatalmente anche la “confidence”, la fiducia nei propri mezzi da parte del martello italiano. Risorgere è sempre possibile e lui avrebbe il tennis che serve per arrivare in fondo a uno Slam, ma la porticina si è fatta strettissima.
Lorenzo Musetti è capace di mirabilie, in assoluto uno dei giocatori più spettacolari del circuito e infatti è amatissimo non solo dagli italiani. La sua semifinale di Wimbledon 2024 ci aveva lasciato un dubbio: è la svolta definitiva per “Muso”, oppure una dorata eccezione? Il dubbio non è tuttora risolto, anche se l’altra semifinale centrata all’ultimo Roland Garros ci ha detto diverse cose. In primis, Lorenzo e il suo team hanno lavorato moltissimo sul piano atletico e oggi Musetti è in grado di affrontare sette partite al meglio dei cinque set in maniera molto diversa da prima. La migliore condizione atletica gli consente di arrivare meglio sulla palla e il braccio divino fa il resto. Però, c’è un però…
Il gran lavoro atletico ha reso il suo (gran) fisico un po’ più fragile di prima e, purtroppo, i ripetuti infortuni muscolari lo confermano. Lorenzo Musetti rimane un naturale candidato a essere il prossimo italiano vincitore di uno Slam, ma deve risolvere questi delicati equilibri.
A fine marzo, il bilancio di Flavio Cobolli nel 2025 recitava: 10 partite giocate, 9 partite perse e una vinta, contro Eliot Spizzirri (n.144 ATP) all’esordio nel Challenger di Phoenix. Poi, nella testa di Flavio è scattata qualcosa, che lo ha portato a trovare stimoli, condizione atletica e fiducia anche nel lavoro quotidiano. Sono arrivate così il primo trionfo nel circuito maggiore, a nell’ATP 250 di Bucarest, e il primo ATP 500 conquistato ad Amburgo in maggio. Poi, ecco la mirabolante performance di Wimbledon, sorprendente solo per chi non lo ha guardato giocare. Sull’erba del Championship, e su una superficie nella quale fino a quel momento aveva 5 partite vinte e 6 perse, Cobolli è sembrato improvvisamente a casa sua. Miracolo? No, è quel click mentale che fa fare il salto di qualità ai tennisti. Qualcosa di simile era accaduto a Musetti, le cui qualità erano però già evidenti. Quelle di Cobolli sono invece meno eclatanti, ma i suoi miglioramenti sono lì, a parlare per lui. “Cobbo” sa fare pressoché tutto in campo, ma soprattutto difficilmente sbaglia una scelta tattica ed è un feroce competitor. Quest’ultima qualità lo rende, oggi, l’italiano più somigliante a Jannik Sinner, con tutte le virgolette del caso.
In campo è velocissimo ma i suoi colpi non sono leggeri, come capita a volte di vedere nei giocatori molto rapidi che pagano qualcosa in potenza pura. Inoltre, come accennato poc’anzi, Cobolli ha la competizione nel sangue e quella naturale inclinazione a cercare e trovare, se c’è, un modo per venire a capo di qualsiasi avversario. Questa duttilità lo rende, ad oggi, il candidato più intrigante per diventare il prossimo italiano su un trono Slam. Per farlo, però, serve un ulteriore salto di qualità.
Gli altri, fra alti e bassi
Passando rapidamente in rassegna gli altri, Luciano Darderi ha sicuramente sorpreso tutti e il suo approdo in top 30 è sicuramente frutto dell’enorme lavoro fatto. Difficilmente lo vedremo arrivare in fondo così spesso lontano dalla terra battuta, ma nessuno gli ha regalato nulla e ha ancora margini di miglioramento. Margini li ha anche Matteo Arnaldi, che però ha ancora quel problema di tennis troppo umorale, per pensare di arrivare in fondo ai grandi tornei. Lorenzo Sonego sembra invece aver vissuto il suo “prime”, come si dice, può sorprendere ancora in qualche singola occasione (come i quarti in Australia), ma nulla più.
Mattia Bellucci e Luca Nardi sembrano ancora acerbi, mentre per Federico Cinà e Jacopo Vasamì è decisamente troppo presto e vanno lasciati crescere in pace.


