Quello che oggi giocherà la sua prima semifinale in carriera in un Masters 1000 non è solo un Lorenzo Musetti che viaggia verso il suo best ranking, ma anche un giocatore che sta finalmente vincendo la battaglia più importante: quella con il proprio ego.
Battendo Stefanos Tsitsipas, Lorenzo si è garantito almeno il 13° posto ATP, suo massimo in carriera, ma che potrebbe anche migliorare in caso di vittoria anche contro Alex de Minaur, stranamente in grande sintonia con la terra monegasca.
Cosa ci ha detto la rimonta di Lorenzo Musetti contro Stefanos Tsitsipas
Alzi la mano chi, dopo un 6-1 al primo set che era persino più netto nella sostanza di quanto fosse nel punteggio, ha pensato che Lorenzo Musetti ce l’avrebbe potuta fare. Si era già detto svariate volte che questo partire ad handicap, questo non capire subito le partite e dovervi porre rimedio, era un atteggiamento pericoloso. Ma c’è modo e modo di perdere il primo set, e c’è avversario e avversario.
Contro il cinese Bu era stato un evidente misto di ruggine (non giocava sulla terra battuta dalla finale olimpica per il bronzo) e supponenza. Contro Lehecka c’era una qualità molto maggiore dell’avversario, ma anche quel solito difetto, quasi una coazione a ripetere, di cercare di impostare il match secondo la propria comfort zone, senza curarsi nella giusta maniera di cosa stesse facendo l’avversario. Ad ogni modo, era abbastanza unanime l’opinione che concedere metri di campo a Bu fosse qualcosa che Musetti si poteva anche permettere, con Lehecka era già molto più pericoloso, mentre con Tsitsipas sarebbe stato probabilmente letale.
Il problema nel primo set contro il greco, però, non era solo quel rispondere praticamente accanto ai raccattapalle e concedere territorio all’avversario come in un Risiko giocato a perdere. Il problema era soprattutto non aver subito capito di aver di fronte un giocatore fortissimo sulla terra battuta, ma sempre alle sue condizioni: quelle di comandare il gioco e trovare ritmo. Nel primo set, Lorenzo non ci aveva letteralmente capito nulla. Poi, qualcosa è cambiato.
Lorenzo si conquista subito una palla break che però non trasforma. Nel terzo game è lui a concederne tre al greco con altrettanti errori, ma poi vi mette riparo. Sul 2-1 riesce a fare finalmente break, ma si fa ribreakkare nel game successivo. Qui, la maggior parte dei “Lorenzi” che abbiamo visto finora, avrebbe perso testa e match. Ma questo è un Musetti diverso, che ha imparato un concetto di battaglia e, anzi, ha scoperto che il piacere non si prova soltanto nella bellezza dei colpi di cui è capace, ma anche nel rimanere aggrappati a un match quasi compromesso.
Scendere a patti con il proprio ego: la vera vittoria di Lorenzo Musetti
Sembra retorico oppure banale dirlo, ma la forza mentale è il sacro graal di ogni grande giocatore. Perché – non dimentichiamolo – il tennista è un eroe solitario e maledetto, costretto a combattere contro avversari invisibili al resto del mondo, ma presenti. L’autolesionismo di Rublev è solo uno degli esempi più eclatanti di quanto possa divenire disperata questa solitudine, mentre l’ultimo in ordine di tempo è il pianto di Davidovich-Fokina dopo il match vinto con Draper.
Musetti è caduto e cade spesso in errori banali, quasi da giocatore da circolo, qualcosa che confligge tremendamente con un talento da élite assoluta del tennis. Un talento che è stato egli stesso a costringere in un recinto fatto di atteggiamenti negativi come i continui lamenti sulla sfortuna, di piccole e vane certezze, di comfort zone ingannevoli come quella di insistere a rimanere sempre molto indietro come atteggiamento istintivo. Senza considerare, poi, che l’essere molto istintivo significa dare al proprio avversario informazioni di cui può approfittare.
Di più, tante volte Lorenzo Musetti mi ha dato l’impressione di un ragazzo che del suo talento è quasi prigioniero. Lo dimostrano anche alcune dichiarazioni, in cui parla di se stesso in terza persona, quasi come se cercasse di far capire che il Lorenzo che tutti attendono non è necessariamente il Lorenzo “vero”. Anche ieri lo ha fatto, ma lasciando intendere di aver trovato la via di un equilibrio. Cercare affannosamente di essere il Lorenzo che tutti si attendono lo porta lontano dai punti – altissimi – a cui può ambire. Se invece capisce come scendere a patti con il proprio ego, invece che sottomettervisi o sotterrarlo, potremo davvero divertirci.
Quello che ho appena detto è confortato dai numeri. In carriera, Lorenzo Musetti ha un record di 40 vinte e 118 perse dopo aver perso il primo set, in match al meglio dei tre set. Nel 2025 il bilancio è di 5-1, con l’unica sconfitta rappresentata dal 6-2 6-2 incassato da Novak Djokovic a Miami. Le altre sono tutte rimonte: 3-6 7-6 7-5 su Halys e 4-6 6-2 6-3 su Auger-Aliasime a Miami, 46 75 63 su Bu, 1-6 75 62 a Lehecka e, infine, questo 1-6 6-3 6-4 a Tsitsipas.
Oggi, con Alex de Minaur, c’è la proverbiale prova del nove. Perché contro Tsitsipas ha dimostrato di saper superare le proprie debolezze e giocare su quelle di un avversario pur molto forte, mentre l’australiano è mentalmente un muro. Ma tennisticamente, soprattutto sulla terra battuta, non è per lui uno spauracchio.