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In una edizione non troppo fortunata degli Internazionali d’Italia, tra forfait dei big e grosse sorprese sul campo, il grande torneo romano vive comunque un momento a suo modo storico: per la prima volta, due semifinalisti su quattro saranno cileni. Ricapitoliamo allora la storia del rapporto del paese sudamericano con il Foro Italico, ovvero i predecessori di Nicolas Jarry e Alejandro Tabilo.

Tabilo, Jarry e la prima volta di due cileni in semifinale agli Internazionali BNL d’Italia

Per entrambi sarà la prima semifinale in carriera in un ATP Masters 1000, ma né Alejandro Tabilo né Nicolas Jarry immaginavano che avrebbero scritto una pagina di storia per il tennis del loro paese, il Cile. Un paese la cui storia tennistica si è già intrecciata con l’Italia grazie alla celeberrima finale di Coppa Davis 1976, ma non solo. Entrambi sono stati abbastanza fortunati, ma il tennis è una disciplina in cui ciò che la sorte ti mette a disposizione te lo devi sempre guadagnare sul campo, e nessuno potrebbe mai dire a Tabilo e Jarry che non hanno meritato questa ribalta.

Tabilo ha approfittato di una versione estremamente sbiadita di Novak Djokovic, sconfitto in una partita che va oltre ogni possibile sogno erotico per il 26enne cileno. In precedenza, Alejandro aveva sconfitto un buon avversario al 1° turno nella persona di Yannick Hanfmann, ma soprattutto ha confermato quanto di buono fatto al 2° turno con Nole nel 3° turno contro Karen Khachanov. Il bombardiere russo è stato domato dal terraiolo cileno con un doppio tie-break e un rendimento al servizio ancora straordinario. Quindi, agli ottavi di finale ha superato il cinese Zhizhen Zhang, a sua volta autore di scalpi importanti come Shelton e implacabile contro un terraiolo in gran forma come Monteiro. Così, in una condizione anche mentale particolare data la fresca separazione con il suo storico coach Guillermo Gómez, ecco Alejandro Tabilo in versione extra-lusso, che sfiderà Alexander Zverev nella più “chiusa” delle due semifinali, almeno in apparenza.

Nicolas Jarry è un nome che suona meno “parvenu”, rispetto al suo connazionale. Circa due anni più anziano (è nato nell’ottobre 1995), Jarry non è nuovo a exploit anche lontano dalla terra battuta, superficie in cui è nato e che rimane quella prediletta, ma non certo l’unica in cui riesce a esprimere il suo tennis semplice ma di qualità e potenza impressionanti. Fino a Roma, Nicolas aveva vissuto un 2024 contraddittorio e altalenante: out al primo turno in Australia da Cobolli, quarti al Masters 1000 Miami, poi un inizio difficile sull’amata terra rossa. Al Foro Italico, Jarry era arrivato con un record di 11 vinte e 11 perse nel 2024, non proprio il massimo. Poi la sorte ci mette del suo ed eccolo impegnato in un primo turno piuttosto duro contro il nostro Matteo Arnaldi. Il sanremese però è in giornata no e il compito di Jarry è molto più agevole. Poi, i ritiri in serie dalla sua parte (Lehecka, poi Berrettini, oltre a Sinner e Alcaraz che avrebbe potuto trovare sulla sua strada) gli hanno messo di fronte prima il numero 129 Stefano Napolitano, quindi il n.109 Alexandre Muller, che gli aveva fatto la cortesia di togliere di mezzo Andrey Rublev.

Come detto prima, però, nel tennis la fortuna devi meritartela sempre. Ed ecco allora una rimonta bella ed esaltante, contro uno dei pochi grandi favoriti rimasti come Stefanos Tsitsipas, che era avanti di un set e di un break, ma Nicolas è stato capace di inserire un tarlo nella testa del greco e di demolirlo, con quel drittone fantastico, un gran servizio e una enorme personalità.

Il Cile, l’Italia e il Foro Italico, da Ayala a “Mano de piedra” passando per Marcelo Rios

Tra i due semifinalisti di oggi, Nicolas Jarry è quello che ci permette di fare un collegamento con il passato. Infatti, suo nonno è Jaime Fillol, ovvero uno dei protagonisti della finale di Davis del 1976. Ma il legame di Fillol è con l’Italia in generale, non con il torneo del Foro Italico dove non trovò mai modo di farsi notare. Altri suoi connazionali, invece, ce l’hanno fatta.

Il primo fu Luis Ayala, grande talento vincitore nel 1959 contro l’australiano Neale Fraser, dopo avere sconfitto in semifinale Nicola Pietrangeli 6-4 10-8 0-6 6-1. L’anno seguente, Pietrangeli si sarebbe preso la rivincita al Roland Garros, negando ad Ayala il primo e unico torneo del Grande Slam proprio in finale. E finale aveva fatto anche a Roma, fallendo il back-to-back in una folle partita contro l’americano Barry MacKay: 7-5 7-5 0-6 0-6 6-1.

Se non consideriamo il successo in doppio di Hans Gildemeister nel 1981, in coppia con l’ecuadoregno Andres Gomez, per vedere un altro cileno almeno in semifinale agli Internazionali d’Italia, bisognerà attendere ben 37 anni, e non sarà un’attesa qualunque. Nel 1997, il pubblico romano fa la conoscenza con Marcelo Rios, uno dei talenti più puri e al tempo stesso sconcertanti del tennis moderno. Mancino dotato di tocco raffinato e favoloso anticipo ma ai quali non faceva da contraltare una grandissima voglia di sbattersi per migliorare, arriva in finale da testa di serie numero 7, ma sbatte contro la regolarità enciclopedica – e un po’ noiosa – di Alex Corretja, che non gli lascia scampo e lo domina per 3 set a 0.

L’anno dopo, però, Rios si prende la sua rivincita. In marzo aveva vinto il Sunshine Double (Indian Wells e Miami), doppio colpo che lo proiettava al n.1 del ranking ATP, primo (e ad oggi unico) cileno a riuscirci, e unico a riuscirci senza mai aver vinto una prova del Grande Slam. A Roma si era guadagnato la finale battendo un osso durissimo come Guga Kuerten, ma in finale vince senza giocare, per il ritiro dell’infortunato Albert Costa. Il successo del 1998 è il secondo e ultimo di un cileno al Foro Italico, mentre la stella di Rios si sarebbe spenta in maniera inopinatamente rapida. L’ultima sua impresa romana è datata 2001, ma è una denuncia per resistenza a pubblico ufficiale dopo aver malmenato un tassista e aggredito i carabinieri accorsi in suo aiuto. La gente non ha mai dimenticato la fugace apparizione di Rios ai vertici del tennis mondiale, mentre i rapporti con i colleghi non erano diciamo dei migliori. Al tempo, i più cattivi parlavano di un suo rapporto piuttosto complicato con la doccia.

L’ultimo tennista cileno a raggiungere almeno la semifinale degli Internazionali BNL d’Italia è stato un tennista molto amato negli anni 2000: Fernando González, noto anche come “Mano de piedra” per il dritto dalla potenza leggendaria e la grande generosità in campo. Nel 2007, dopo avere dominato il nostro Filippo Volandri in semifinale, Mano de piedra si dovette arrendere allo strapotere di Rafa Nadal, vincitore per 6-2 6-2.