Il sabato italiano all’ATP Madrid è bello “pienotto”, tra Musetti che sfida Etcheverry, Sonego alle prese con de Minaur e Berrettini contro Giron. Inutile dire, però, che il match più atteso è quello che vedrà Matteo Arnaldi opposto a Novak Djokovic.
La leggenda vivente del tennis sta vivendo un crepuscolo complicato, soprattutto in questo 2025 che per lui è andato a strappi. Potrebbe essere l’occasione giusta per il sanremese che, però, deve archiviare i troppi passaggi a vuoto visti anche nel vittorioso esordio contro Borna Coric.
Il dubbio principale, però, ruota intorno a un unico interrogativo ed è quello del titolo di questo articolo.
Novak Djokovic ricuce lo strappo con il tennis, poi bastone e carota su Alcaraz
Nella sua prima conferenza stampa a Madrid, Novak Djokovic ha toccato diversi argomenti. Il suo è stato in qualche modo un intervento pacificatore rispetto alle tensioni scatenate, qualche mese fa, dall’iniziativa giudiziaria di alcuni tennisti facenti capo al sindacato che proprio Nole ha fondato. Anche se al documento mancava la sua firma, in molti avevano letto una sua paternità nell’attacco frontale all’ATP e quello, un po’ più meschino, a Jannik Sinner.
Qui Nole ha rivestito i panni del padre costituente, abbracciando tutti in un discorso di unità riguardo al bene supremo da salvaguardare che è il tennis. “Lo sport è più importante di qualsiasi individuo. Siamo tutti qui al servizio del tennis”, ha detto. Che fosse o meno ciò che pensa conta poco, ma il momento è stato sicuramente quello giusto. Il concetto è stato poi ribadito, sottolineando come uno degli scopi che si è prefissato nel cercare di far durare al massimo possibile lo status di top player è quello di attirare sempre più persone – e soprattutto bambini – verso questo sport.
Djokovic ha poi rivendicato con orgoglio il fatto di essere l’ultimo appartenente a una generazione di fenomeni, ma anche la sua ostinazione a cercare di tenere il passo dei nuovi dominatori Sinner e Alcaraz. A proposito di quest’ultimo e dell’insofferenza che ha palesato nei confronti dei calendari così fitti che non lasciano respiro ai giocatori, Nole ha avuto parole al miele, ma anche da fratello maggiore: “capisco cosa intende, il tennis è uno sport individuale che assorbe tutte le tue energie fisiche, mentali ed emotive. Ti porta via anni della tua vita”, ha detto Novak Djokovic sottolineando però che si tratta di una scelta individuale, e che comunque al mondo ci sono persone in situazioni molto più dure.
Madrid, odi et amo
Il Djokovic “late”, quello degli ultimi anni, ha spesso saltato Madrid. La collocazione del torneo madrileno non sempre si è sposata a dovere con la preparazione del serbo agli appuntamenti a cui ha sempre tenuto di più, in questo caso il Roland Garros. Infatti, Nole non gioca un match qui da ben tre anni, ovvero dalla sconfitta in semifinale del 2022 contro Alcaraz.
Si tratta di un torneo che Djokovic ha comunque vinto tre volte: 2011, 2016 e 2019. Sono solo sei anni dall’ultimo trionfo, ma sembra una vita fa per tutto ciò che è nel frattempo cambiato nel tennis. Ovvero più o meno tutto, tranne – in parte – proprio Nole.
Novak Djokovic e la difficile accettazione del crepuscolo
Ma che Nole vedremo a Madrid? Quello sceso in campo a Monte Carlo, umiliato da Alejandro Tabilo, non sarebbe “da corsa” contro un Matteo Arnaldi pure ancora alterno, come quello visto contro Coric. Sullo sfondo c’è sicuramente il percorso verso un Roland Garros ancora una volta da possibile protagonista, ma anche la corsa al titolo numero 100, solo sfiorato a Miami.
Proprio Miami è stata la seconda e ultima fiammata di “vero” Nole, vista nel 2025. La prima era stata nell’Australian Open, in cui il serbo era parso davvero somigliante al mostro a sei teste che ha portato a casa 24 Slam. Poi, però, c’è il fisico che chiede il conto, l’infortunio e il ritiro in semifinale, la paziente ripresa.
Siamo abituati a considerare Nole come una sorta di immortale, come un mostro semi-invincibile dell’ultimo livello di un videogame. Ma la verità è che il crepuscolo arriva per tutti, e i segnali di quello del serbo sono ormai sempre più frequenti. Quello di oggi potrebbe essere un nuovo capitolo: ce lo dirà il nostro Matteo Arnaldi.