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Gli anni novanta (e dintorni) sono stati un vero momento magico per il calcio italiano in Europa, protagonista in praticamente tutte le competizioni con epici scontri e squadre epiche.

La Serie A era in effetti il campionato più bello e difficile del mondo, là dove si potevano vedere tutti i più forti campioni in circolazione. Stranieri che formavano l’ossatura della maggior parte delle squadre della massima serie, ben prima che la sentenza Bosman rivoluzionasse poi tutto. Con una piccola ma significativa eccezione che durò quasi dieci anni: il Piacenza degli italiani.

La scalata verso la Serie A

Mentre il campionato di Serie A stava vivendo gli anni degli olandesi del Milan, dei tedeschi dell’Inter e ovviamente del Napoli di Maradona, nel campionato di C1 stava cominciando a prendere vita una squadra tutta italiana, guidata da un bergamasco tutto d’un pezzo come Luigi Cagni, appena arrivato alla guida del Piacenza e subito trascinato alla promozione nel campionato cadetto.

Una squadra che fino a qualche anno prima aveva rischiato il fallimento, salvata sull’orlo del baratro dal nuovo presidente Leonardo Garilli, che con passione e oculatezza ha però riportato equilibro. Così come quello che in campo era riuscito a dare Cagni, con un gioco quasi all’antica, ma concreto ed efficace.

A tal punto che dopo una salvezza raggiunta l’anno successivo senza troppi patemi, nella stagione 1992-1993 riesce incredibilmente a fare il grande salto, conquistando la prima storica promozione in Serie A all’ultima giornata superando l’Ascoli in classifica.

La prima volta del Piacenza nella massima serie

Ma anche in questa occasione storica per gli emiliani, mentre le altre squadre continuavano a fiondarsi sui grandi campioni stranieri (in quell’anno arrivarono anche Dennis Bergkamp, Desailly a rinvigorire il già folto gruppo), il Piacenza continuò nella sua linea autarchica puntando tutto su una rosa completamente tricolore.

La cosa più straniera di quella squadra appena arrivata in Serie A, era il cognome di Cleto Polonia, il terzino destro di Cagni arrivato come rinforzo nel mercato estivo, insieme al nuovo portiere Massimo Taibi e all’attaccante arrivato dal Parma, Marco Ferrante.

Tutti i pronostici sono contro ovviamente, eppure quella zona mista di Cagni è ben rappresentata proprio da quel gruppo tutto italiano, e dopo la fatica iniziale riesce a ingranare tenendosi quasi sempre fuori dagli ultimi tre posti e togliendosi qualche soddisfazione (tipo l’eliminazione dei campioni del Milan dalla Coppa Italia, per poi imporgli il pareggio anche in campionato).

Sarà proprio quello stesso Milan, già campione per il terzo anno di fila, a regalare la vittoria alla Reggiana l’ultima giornata di campionato (con una squadra quasi tutta di rincalzi), condannando il Piacenza alla retrocessione.

La prima salvezza di Cagni

Paradossalmente quella retrocessione serve però a rinforzare ancora la linea azzurra della squadra di Cagni, che grazie soprattutto ai gol di Pippo Inzaghi, acciuffa subito una nuova promozione.

È tempo però di una piccola rivoluzione in rosa, sempre senza alcuno straniero in lista però. Pippo viene ceduto al Parma, ma vanno via anche alcuni nomi storici delle ultime promozioni: da De Vitis a Papais, da Iacobelli a Suppa.

Garilli però non ha venduto per fare cassa, ma rimette tutto sul mercato per offrire a Cagni forze fresche. Insomma, volti nuovi per un nuovo progetto. Come Nicola Caccia, Massimiliano Cappellini, Eugenio Corini, Eusebio Di Francesco, Angelo Carbone e Mirko Conte.

Ed è proprio con questo gruppo che per la prima volta il Piacenza riesce a salvarsi anche con un paio di giornate di anticipo, alla faccia di tutta la critica che aleggiava intorno al gioco di Cagni, troppo lontano dalle nuove mode strategiche e per di più senza campioni in campo, ma validi elementi funzionali (e che proprio Crani ha saputo semmai esaltare al massimo in questi anni).

La seconda salvezza di Bortolo Mutti

Arriva però anche il tempo di cambiare direzione sulla panchina, e ancora una volta Garilli punta su un nome nuovo, quello di Bortolo Mutti alla sua prima esperienza in Serie A.

Anche in campo arriva una ventata nuova. Caccia è andato verso Napoli e arriva un certo Pasquale Luiso, poi ricordato come il “Toro di Sora”. Anche Corini è andato in maglia blucerchiata, così il centrocampo piacentino sarà affidato a Giuseppe Scienza.

La stagione è difficile, e lo diventa ancora di più con la scomparsa proprio dell’artefice di tutto questo, Leonardo Garilli (sarà il figlio Stefano a portare avanti le cose). Eppure anche questa volta il finale è magico. Luiso con i suoi 14 gol (tra cui uno mitico in rovesciata che darà la vittoria al Piacenza contro il Milan) trascina la squadra fino allo spareggio contro il Cagliari di Carletto Mazzone, e con una doppietta gli consegna anche la seconda salvezza consecutiva.

La terza promozione in A

Gli anni successivi non fanno altro che confermare la linea intrapresa, con una rosa tutta italiana che anno dopo anno contribuisce a sfornare giocatori interessanti, pur poi diretti verso altri lidi. Ma il ricambio continua, così come l’avventura del Piacenza in Serie A che, anzi, raggiunge il suo massimo con un 12° posto nel 1999.

In squadra sono arrivati Pietro Vierchowod, Giovanni Stroppa, Alessandro Mazzola e dalla primavera hanno fatto il loro esordio anche Alessandro Lucarelli e Simone Inzaghi. Proprio Simone sarà autore di 15 reti in quell’ultima stagione.

Nel 2000 però l’alchimia si esaurisce, e la squadra diretta da Gigi Simoni prima e da Maurizio Braghin poi, finisce ultima con soli 19 gol segnati. Poco male perchè il purgatorio di Serie B dura solo una stagione, grazie al ritorno di Caccia (che ne mette dentro 23).

Il nuovo corso degli stranieri

La nuova Serie A conquistata però, segna anche una svolta definitiva. Intorno ormai la sentenza Bosman ha cambiato tutte le regole degli stranieri, e nessuna squadra sembra ormai poterne fare a meno.

La terza promozione nella massima serie infatti, segna anche la fine del Piacenza tutto italiano di questa decade. Arrivano due brasiliani che sapranno poi farsi ben conoscere nel nostro calcio: Amauri (che peraltro diventerà anche naturalizzato giocando pure in nazionale) e Matuzalem.

E in quel 2001 Walter Novellino guiderà il Piacenza in un’ottima annata con ancora un 12° posto, forte soprattutto dei 24 gol di uno strepitoso Dario Hubner.

Ma finito il sogno tutto italiano, il secondo miracolo non si compie e nella stagione successiva, arriva l’ultima retrocessione dalla massima serie (malgrado l’estremo tentativo con il ritorno di Cagni in panchina a metà campionato).

E’ la fine di un ciclo a tutti gli effetti, che porterà qualche interessante stagione in serie cadetta, prima del baratro del fallimento che ha costretto al nuovo nome e a ricominciare dai dilettanti. Ora il Piacenza è tornato a lottare nella nuova Serie C, ma i tempi del “sogno tutto italiano” in Serie A sembrano davvero lontani.