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Oggigiorno non serve essere un giocatore di poker per conoscere l’espressione all-in. E’ ormai così diffusa che viene ampiamente usata anche fuori dal contesto del gioco.

Si dice “vado all-in” per enfatizzare la decisione di voler rischiare tutto per ottenere qualcosa di importante, che si tratti di soldi, di lavoro, di relazioni o altro ancora.

Nel linguaggio del poker, però, all-in vuol dire puntare tutte le chips. Equivale a pushare e shovare per i più anglofoni, e ai nostrani mandare la vasca, metterle tutte, andare ai resti. Un’azione tipica del Texas Hold’em, ma che si verifica anche nelle altre varianti. Con qualche limitazione, però.

Nikolai Yakovenko (credits PokerNews)

Il caso che riportiamo si è verificato alle World Series Of Poker del 2012 durante il $50.000 Poker Players Championship.

Il PPC WSOP è un evento che esercita un grande fascino tra i top player, un po’ per la posta in palio, un po’ perché richiede abilità in tanti tipi di poker diversi. Rimane infatti storica la tripletta realizzata da Michael Mizrachi. Fino al 2010 il PPC è stato un H.O.R.S.E. (Texas Hold’em, Omaha hi-low, Razz, Seven Card Stud, Seven Card Stud hi-low split-Eight or better), poi è diventato un 8-game, mentre quest’anno è stato giocato come 9-game. Stabile invece la modalità 6-handed.

Torniamo all’edizione 2012. E’ il Day2, nella fase Pot Limit Omaha del torneo. Ci sono cinque limp prima che Nikolai Yakovenko decida di rilanciare a 12.400. I primi 3 limper decidono di chiamare (i limp-call post rilancio sono azioni abbastanza frequenti nel PLO). Da bottone Shaun Deeb, rimasto con solo 68mila chips, invece opta per dichiarare l’all-in da bottone.

Da lì in avanti le azioni si succedono in questo modo: fold dello SB, Yakovenko dichiara all-in, fold di utg e utg+1. Tocca ad Abe Mosseri decidere, il quale ha limpato con una coppia di Assi tra le 4 hole cards. Chiede il count e Yakovenko gli risponde un po’ più del pot. Il giocatore ci pensa quasi 15 minuti, fino a quando uno stizzito Yakovenko gli chiama il clock. Altrettanto seccato, Mosseri annuncia il call.

Lo showdown è questo:

Mosseri: A♣A♠J♣5♣

Deeb: J♥J♠10♣7♠

Yakovenko: K♣K♠3♦3♣

Il dealer gira le 5 carte del board che si presenta così: Q♠J♦2♦10♠8♠. Risultato: Deeb chiude colore e fa triple-up, Mosseri invece si aggiudica il side-pot su Yakovenko grazie alla coppia di Assi. Tutto qua?

Non proprio, perché il bello (o il brutto, fate voi) inizia adesso.

Lo statunitense Abe Mosseri (credits PokerNews)

Infatti nessuno (staff WSOP incluso) si è accorto che lo stack di Yakovenko (407.300 chips) al momento del re-raise era superiore al piatto e nel PLO questa situazione non consente di dichiarare un all-in. In quel momento il giocatore avrebbe potuto fare solo un re-raise del pot, pari a 246.000 chips secondo la ricostruzione del floorman, subito chiamato in causa. Il call di Mosseri, dunque, avrebbe lasciato a quest’ultimo altre 150mila chips per continuare a giocare la mano sul board.

E infatti il floorman decide che bisogna rigiocare la mano a partire dal turn: la carta del turn ed eventualmente quella del river vanno girate di nuovo per consentire a Yakovenko e Mosseri di puntare.

Deeb protesta, perché teme che l’esito della mano che lui ha vinto possa cambiare (ha chiuso colore proprio grazie a turn e river). Il pro americano chiede l’intervento dello storico Tournament Director delle WSOP, Jack Effel, il quale però si porta dietro un supervisore esperto di queste situazioni.

Quest’ultimo cambia la decisione del primo floorman, sentenziando che l’azione è stata accettata da tutti e quindi rimane così come si è conclusa.

A questo punto insorge Nikolai Yakovenko, che tra l’altro ha un conto aperto con Mosseri, reo di aver fatto slowroll su di lui in precedenza. Yakovenko sostiene di non aver mai dichiarato “all-in” ma un “rilancio del pot”. Purtroppo il VAR non c’è e non può provare questa sua affermazione. Gli animi si scaldano.

Alla fine, dopo quasi un’ora di stop per la discussione e per riportare l’ordine al tavolo, la mano resta quella giocata al tavolo senza ripetizioni. Effel ne approfitta e dà lo stop di giornata affinché tutti possano “sbollire”.

Con gioia di uno stanchissimo dealer, reo sì di non aver controllato gli stack al momento del re-raise di Yakovenko, ma anche poco aiutato dai giocatori.

Immagine di testa: la mano del caos (credits PokerNews)