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Il poker usa spesso parole che provengono dal mondo dello sport. Kicker, brick, knockout sono solo alcuni esempi di termini inglesi che dal football americano, dal basket e dalla boxe sono passati al Texas Hold’em.

Il “tuffo” invece è espressione 100% italiana. Si dice che un giocatore “si tuffa” quando compie un’azione estrema, dettata più dal coraggio che dal ragionamento. E non serve che sia carpiato, rovesciato o altro, perché lo stile non c’entra: l’importante è avere la forza di mettere le chips nel piatto con il nulla cosmico in mano.

Il tuffo pokeristico per antonomasia è infatti un bluff al river quando è evidente che l’avversario ha un buon punto. Ci vogliono gli attributi per farlo (niente sessismo in questa affermazione, come dimostra un clamoroso bluff “al femminile” di qualche anno fa) e la giusta poker face. E qui entrano in campo gli specialisti. Patrick Antonius è uno di questi, ma anche Phil Laak non scherza.

Patrick Antonius (credits RIHL)

Anche se non è uno dei giocatori più famosi in ambito torneistico, Laak è un volto molto noto tra gli appassionati di poker. Non fosse altro che per le tante apparizioni negli show televisivi sul gioco, quali Poker RoyaleHigh Stakes Poker, Poker After Dark e I Bet You, nella serie tv E! Hollywood Hold’em e anche in un film, Knight Rider. Da ultimo, ma non meno importante, c’è il suo legame sentimentale con l’attrice-giocatrice di poker Jennifer Tilly.

Attraverso tutta questa esposizione mediatica, Phil Laak ha costruito su di sé un vero e proprio personaggio, con tanto di look caratteristico (felpa e cappuccio sempre alzato, occhiali sportivi da sole) e una parlata strana. Lo ha soprannominato “Unabomber“, per la somiglianza con quello interpretato da un comico americano.

Phil Laak nei panni di “Unabomber” (credits PhilLaakPoker.com)

Da un tipo così al tavolo ti puoi aspettare di tutto, soprattutto il famigerato tuffo. In realtà, Phil Laak è un ottimo giocatore che nella maggior parte dei casi pratica un poker solido. All’improvviso, però, si trasforma da Dr. Jekill a Mr. Hyde e piazza la giocata fuori dagli schemi. A volte va bene, altre va male, ma si tratta comunque di una forma di deception che nel poker è molto importante per non diventare leggibili.

Lo sa bene anche Daniel Cates, un altro che ama “fare il personaggio”. L’anno scorso Cates ha vinto il suo primo braccialetto WSOP presentandosi al tavolo finale vestito in stile Street Fighter, videogame di cui è molto appassionato. La differenza con Laak è soprattutto nell’età e nel background pokeristico. Il primo è nato nel 1972 e ha conosciuto il gioco sui tavolo fisici, soprattutto quelli del cash game. Cates invece è un millennials (classe 1989) e rappresenta la generazione dei player cresciuti su Internet e che si avvalgono delle tante opportunità di training offerte dalla rete. Lui stesso è un online-coach molto gettonato.

Una sfida tra due così non può che dar vita a situazioni estreme, per non dire assurde. E’ successo, un po’ di anni fa…

Daniel “Jungleman12” Cates (credits PokerNews)

L’azione si svolge nel 2012 durante la partypoker Premier League V, una competizione articolata su una serie di Sit&Go.

I bui sono 15k/30k e al tavolo sono rimasti 4 giocatori quando Jungleman12 (il nick di Cates) decide di limpare da Small Blind con A♦9♣. Laak ne approfitta per vedere il flop gratis con 9♦7♠ in mano. I due hanno più o meno gli stessi stack, Laak è avanti di un modesto 10%.

Le prime tre carte del board portano K♣A♣Q♦. Cates centra la top pair ed esce puntando 40.000. Nel 99% dei casi la mano dovrebbe finire qui: Laak non ha nulla, nemmeno lo straccio di un progetto backdoor. E invece subentra Unabomber che si inventa un raise a 97.000. Cates chiama.

Il turn è un A♥ che trasforma la top pair di Jungleman12 in un trips. Check. Stessa azione anche per Phil Laak che consente al dealer di mostrare l’ultima carta.

Al river scende un 6♣. A questo punto Dan Cates checka per la terza e ultima volta. La sensazione è che voglia indurre l’avversario alla puntata per poi chiamare con il tris di assi. Laak ha solo due possibilità: arrendersi, checkare dietro e consegnare il piatto all’avversario, oppure può tentare il bluff in extremis. Unabomber decide di completare il tuffo iniziato al flop e punta 146mila, poco meno del piatto e circa la metà del suo stack.

Va detto che la sua azione è ragionevole e che il vero tuffo lo ha fatto al flop. Ma il rischio di farsi male è comunque molto concreto. Ad evitargli la spanciata arriva però l’incredibile fold di Cates che butta via la mano migliore!

Immagine di testa: Phil Laak (credits PokerNews)