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I grandi tornei di poker che oggi conosciamo sono competizioni dove tutto è regolamentato nei minimi dettagli. Dietro a questi eventi ci sono infatti professionisti del settore che garantiscono uno svolgimento fluido e piacevole del gioco.

Ma non è sempre stato così, ci sono voluti i pionieri del poker da torneo che hanno provato, sbagliato e poi migliorato le competizioni. Parliamo naturalmente delle World Series Of Poker e del loro creatore, Benny Binion.

Ad esempio, se si va ad analizzare il primo Main Event WSOP, organizzato nel 1970, si scopre che non è trattato di un torneo vero e proprio. Johnny Moss lo ha vinto perché è stato votato come il miglior giocatore al termine di una serie di sessioni di cash game: niente eliminazioni, niente tavolo finale, niente payout ufficiale.

La mancanza di un vincitore “sul campo” ha indotto Binion a cambiare direzione. E così, un anno dopo, il ME WSOP è diventato un torneo simile a quelli odierni, pur con un numero bassissimo di partecipanti: 6. Ma anche in quella occasione la struttura direttiva è rimasta molto embrionale, quasi si trattasse di un sit&go fra amici (e in parte lo era).

Un caso clamoroso di come l’organizzazione fosse ancora approssimativa si è verificato nel 1973, quando il torneo di Stud Poker è iniziato con diverse ore di ritardo perché il leggendario Johnny Moss era impegnato in un partita di cash game. Solo al suo arrivo Benny Binion ha potuto dare lo start al torneo.

Eppure questi problemi di organizzazione, di regole e di arbitraggio al tavolo erano già evidenti al “patron” delle WSOP. Semplicemente Binion sapeva di non poter essere lui il supervisore degli eventi. Gli serviva una persona “super partes”, una persona in grado di capire il gioco e di gestire i giocatori senza creare contrasti nell’ancora piccola community dei torneisti.

Nel 1973 la persona c’è ed è seduta proprio a quel torneo di Stud Poker: si chiama Eric Drache.

Eric Drache (credits PokerNews)

Nato nel 1943 a Brooklyn, Eric Drache è figlio di un bookmaker dal quale, molto probabilmente, eredita la passione per il gioco. Nel caso del giovane Eric, tuttavia, la passione passa rapidamente dal lato della competizione a quello del puro e semplice azzardo.

Eric Drache inizia a giocare a poker quando ha solo a 10 anni e ai tempi del liceo si dedica già alle partite con denaro. L’escalation continua poi all’università. Dopo essere stato ammesso alla facoltà di chimica, trascorre il giorno del primo esame all’ippodromo, impegnato a scommettere sulle corse di cavalli. Vince e perde con la stessa velocità con cui si procura i soldi lavorando e poi li se li gioca. Per Drache “guadagnare soldi non era un fine in sé, ma un mezzo per continuare a giocare“. (cit. Storia del Poker di Frank Daninos, ed. Odoya 2011).

Qualcosa comincia a cambiare verso la metà degli anni Sessanta quando Eric Drache viene mandato in Vietnam nel corpo della polizia militare. Qui – per sua fortuna – trascorre la maggior parte del tempo giocando a Seven Card Stud con i commilitoni e diventa l’organizzatore di serate dove la posta in palio sono solo pacchetti di sigarette: “Non ho mai fumato, ma posso dirti che mi dovevano almeno tre milioni di pacchetti” racconterà poi a un giornalista inglese. Drache dimostra di essere un ottimo giocatore di Stud ma soprattutto scopre che il poker ha senso anche senza l’adrenalina dell’azzardo.

Quell’esperienza – e la lettura del libro The Education of a Poker Player di Herbert Yardley – gli fanno scoprire che il gioco può aprire strade diverse. E così, una volta tornato nel New Jersey, Eric Drache comincia ad organizzare a casa sua partite private con la rake, cioè con una percentuale sui piatti che viene intascata da lui. L’attività non è però ufficiale, qualcuno lo racconta al fisco americano e Drache è costretto a chiudere, a pagare 2mila dollari di multa e a farsi sei mesi di prigione. Scontata la pena decidere di dedicarsi al poker giocato, quello dei tornei appena nati a Las Vegas. E questo ci riporta al già citato final table del 1973.

Terminato l’heads-up al secondo posto dietro a Walter Pearson, Drache va da Binion per parlargli di come potrebbero essere migliorate le WSOP. Binion gli risponde offrendogli il ruolo di direttore generale dei tornei, quello che oggi si chiama Tournament Director o TD. Eric Drache accetta e si mette subito all’opera.

Inizia a dare più regolarità agli orari di gioco, fissa alcune regole specifiche per gli eventi e cerca di dare più rigore all’intera manifestazione. Al tempo stesso cerca di attirare più giocatori.

L’operazione più interessante in questo senso è la decisione di modificare il payout del Main Event WSOP 1978: niente più tutto al vincitore (winner takes all) ma distribuzione in percentuale tra i primi 5 (50%, 20%, 15%, 10% e 5%). La scelta è apprezzata da tutti i partecipanti e contribuisce a rendere più gettonato il torneo principale delle WSOP.

Un anno dopo – ma potrebbe essere lo stesso 1978 perché Drache ha ammesso di non essere sicuro della data – arriva un’altra novità. Girando per i tavoli da poker del Binion’s Horseshoe alla ricerca di nuovi giocatori per le WSOP, Eric Drache ne nota uno dove ci sono 10 persone, tutte pronte ad investire mille dollari ciascuna nella partita. A quel punto Drache si chiede: perché non organizzare dei mini tornei da 10 persone che pagano 1.000 dollari per vincere un ticket da 10.000 per il ME WSOP? I “tornei satellite” sono nati in quel momento.

Nel 1979, infine, Eric Drache è al fianco di Benny Binion nella creazione della Poker Hall of Fame, con lo scopo di dare al poker un’aura di maggiore prestigio e un’immagine più “sportiva”.

Queste tre operazioni fanno di Eric Drache un grande innovatore e promotore del gioco, uno che ha saputo dare una svolta importante al settore di quello che oggi chiamiamo poker sportivo. Senza di lui, forse, sarebbe servito molto più tempo prima di assistere all’espansione dei tornei di poker.

Al tempo stesso, però, la sua figura non è esente da lati oscuri. Anche nel periodo d’oro come organizzatore, Drache non ha mai smesso di frequentare le partite a soldi, molto spesso giocando al di sopra dei propri mezzi economici e contro avversari più forti di lui. Racconta un giornalista inglese che “Qualunque sia lo stato delle sue finanze… potete stare certi che sarà sempre pronto a giocare o a spendere tutto quello che ha“. Pur essendo il settimo giocatore di stud al mondo, “gli piace giocare contro i sei che gli stanno davanti“.

Questo è Eric Drache, nel bene e nel male. Scegliete voi come valutare la sua figura. Noi ci limitiamo ad aggiungere che nel 2012 è entrato a far parte della Hall of Fame del poker.

Immagine di testa: Eric Drache, credits PokerNews