Vai al contenuto

Per un business di successo servono sono almeno due ingredienti fondamentali: una grande idea e la capacità di promuoverla.

Nel mondo del poker questo binomio ha trovato in Benny Binion un perfetto esecutore. Parliamo ovviamente della sua creazione più famosa e, osiamo dire, quella più vincente: le World Series Of Poker, la kermesse torneistica che ancora oggi nell’immaginario degli appassionati rappresenta i campionati del mondo di poker.

Per arrivare a un traguardo così importante, Benny Binion ha dovuto non solo idearla ma soprattutto creare i presupposti per rendere il suo casinò di Las Vegas, l’Horseshoe, il posto ideale per ospitare la kermesse. Un posto, cioè, identificato da tutti come l’epicentro del nuovo poker che avanza.

Noi però a questo punto facciamo un passo indietro.

Benny Binion (credits Dallas Mornign News)

Benny Binion (1904-1989) nasce vicino a Dallas, in Texas, quindi a una discreta distanza da Las Vegas (1.220 miglia, circa 18 ore di auto). Nella Sin City del gioco ci arriva a 42 anni, spinto soprattutto da problemi con la giustizia e da ragioni di sicurezza personale. Alle spalle ha infatti una carriera di successo come trafficante di alcolici (è il periodo del “proibizionismo” negli Stati Uniti) e soprattutto due cadaveri.

Il primo si chiama Frank Bolding, un suo concorrente, al quale Binion spara dopo un’accesa discussione. Viene condannato ma poi il tribunale cancella la sentenza perché ci sono i presupposti della legittima difesa, visto che Bolding era un criminale incallito. Cinque anni dopo Binion spara ancora, un uccide un altro rivale in affari e questa volta la legittima difesa è evidente. Binion evita il carcere ma l’aria che tira a Dallas non è più così salutare per lui.

E così nel 1946 inizia l’avventura di Las Vegas, dove il futuro creatore delle WSOP scopre il mondo del gambling. Inizia lavorando come dirigente nella sala da gioco Las Vegas Club e, dopo aver accumulato la giusta esperienza e trovato i finanziatori, lo acquista ribattezzandolo Westerner Gambling House and Saloon. Siamo nel 1951. Lo stesso anno compra l’Eldorado Club e l’Apache Hotel e li trasforma nella sua roccaforte del gioco: il Binion Horseshoe Casinò.

All’inizio la concorrenza è agguerrita. Benny Binion lo sa ma sa anche che in circolazione c’è un tipo di poker con grandi potenzialità di mercato: il Texas Hold’em No Limit. Potrebbe essere questo il mezzo per lanciare il suo casinò.

Gli servono però dei testimonial. Il primo si chiama Nick “The Greek” Dandolos (1883-1966). Origini greche – anche se il cognome è stato spesso americanizzato in Dandolas -, studi universitari in Inghilterra, una famiglia facoltosa alle spalle (pare di armatori), The Greek è in realtà un gambler clamoroso della East Coast americana. Si dice che con il poker abbia vinto 60 milioni ad Arnold Rothstein, il mafioso newyorkese protagonista delle partite truccate nel campionato di baseball 1919. Si dice inoltre che in breve tempo Nick Dandolos abbia perso gran parte di quella cifra con le corse di cavalli e a craps.

Al centro: Nick “The Greek” Dandolos impegnato al tavolo di craps (credits Wikipedia)

Quando nel 1949 The Greek arriva a Las Vegas, sceglie di visitare l’Horseshoe Casino. La pokeroom è ancora giovane e il movimento ai tavoli è limitato, ma lui ha voglia di action. Vuole una partita high-stakes “senza limiti di puntata”, cioè No Limit. Binion capisce di avere davanti il primo testimonial che gli serve e coglie la palla al balzo proponendo a Dandolos un heads-up. Ma contro chi?

Ed eccoci al secondo testimonial. Benny Binion contatta il suo amico d’infanzia, Johnny Moss, il quale accetta di giocare la partita contro “il greco”. I due si incontrano al centro della lobby dell’Horseshoe, si stringono la mano e si siedono al tavolo. Ha così inizio una partita entrata di diritto nella storia del poker, soprattutto per la durata.

Cinque mesi, durante i quali le poche decine di curiosi iniziali diventano migliaia. Tutti i giorni c’è un capannello di persone che osserva i due professionisti sfidarsi a poker, soprattutto con il TH No Limit. Qualcuno riesce anche ad inserirsi brevemente nella partita, pagando un buy-in minimo di 10.000 dollari, ma nessuno dura a lungo. Alla fine restano solo Nick Dandolos e Johnny Moss.

Johnny Moss (credits PokerNews)

Dopo 5 mesi di carte e tanti soldi sul tavolo, il primo ad alzarsi dalla sedia è il greco. Dandolos china il capo di fronte a Moss in segno di omaggio e poi si congeda dal suo avversario con una battuta da vero englishman diventata famosa: “Signor Moss, devo proprio lasciarla andare“. (“Mr. Moss, I have to let you go“)

Johnny Moss, futuro vincitore di tre braccialetti WSOP, non può che essere soddisfatto dal momento che in tasca ha un paio di milioni di dollari in più (qualcuno dice quasi quattro).

Non sappiamo invece quanto abbiamo incassato l’Horseshoe in quel periodo. Probabilmente tanto. Profitti a parte, è tuttavia certo che con quella operazione Benny Binion ha reso famoso il suo casinò in tutti gli States, rendendolo un punto di riferimento per tutti coloro che vogliono provare la “cadillac del poker“.

Se ne ricorderà ventuno anni più tardi quando, con un’altra grande intuizione, organizzerà le prime World Series Of Poker.

Immagine di testa credits PokerNews