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Le azioni di gioco nel poker vanno indicate con chiarezza. Il motivo è ovvio: evitare che si crei confusione sia per gli altri giocatori sia per chi ha il compito di garantire il corretto svolgimento della partita, cioè la/il dealer.

Anche perché il più delle volte l’errore viene fatto in buona fede, ma in certi casi potrebbe nascondere il tentativo di ottenere scorrettamente un vantaggio – informazioni soprattutto – sugli avversari. Il caso più tipico di errore intenzionale è l’angle shooting, che vi abbiamo descritto in un precedente articolo.

Fortunatamente, per le questioni complesse possono essere invocati i floormen o tournament directors (sono loro il VAR del poker?) al fine di dirimere il caso. Di solito questo comporta uno stop più o meno lungo dell’azione di gioco. Per evitarlo, conviene dichiarare le proprie azioni con chiarezza. Qual è il sistema migliore?

L’ideale è usare sia la voce che le mani. Con la prima si comunica a tutto il tavolo la propria decisione e questa è la dichiarazione più vincolante. Le mani poi spostano le chips/le carte oltre la linea che definisce l’area in cui queste non sono più nostre.

Vediamo quali sono le situazioni più comuni.

Immagine credits PokerNews/Triton Poker

Fold

Nel caso del fold, ovvero la scelta di uscire dall’azione, le mani possono bastare. Prendiamo le carte e, tenendole sempre coperte, le restituiamo alla/al dealer. Nulla vieta però di pronunciare anche la parola “fold”. In particolare quando l’azione si svolge in heads-up e c’è una puntata che non vogliamo chiamare, possiamo dichiarare a voce il fold e poi mostrare le carte. L’importante è mostrarle a tutti, come si dice in inglese “show one, show all“.

Ci sono vari modi per uscire dall’azione. C’è il fold esasperato, con il quale di solito il giocatore lancia platealmente le carte nel muck. C’è il fold arrabbiato, accompagnato da un sussulto e da un gesto di stizza nei confronti del dealer. E poi c’è fold più passivo e noncurante che fa capire come non ci fosse un reale interesse per la mano. La versione estrema di quest’ultimo è il fold-senza-pensarci: le carte vengono gettate via manco fossero radioattive.

Noi consigliamo il semplice fold, lento, misurato, convenzionale e senza troppi fronzoli. In questo modo nessuno potrà carpire informazioni da utilizzare nel prosieguo della partita.

Call

Il call beneficia della dichiarazione a voce perché, dopo l’annuncio, il “call” non può essere corretto in un “raise”. Questo vale anche per l’azione con le mani. Per esempio, se dopo la puntata di un avversario non diciamo niente ma spostiamo le chips nel piatto un po’ alla volta, questo vale come un call. In sostanza, non si può prima mettere qualche chips e poi aggiungerne altre: questa azione, in gergo, si chiama “string bet“. Allo stesso modo, non possiamo spingere le chips oltre la linea e poi riprenderle.

Immagine credits PokerNews/WSOP

Raise

E’ con il rilancio (raise) che di solito casca il palco. Non tanto per i giocatori più esperti, ma per i principianti che spesso dimenticano che al tavolo da poker le azioni sono quasi sempre vincolanti. Anche per il “raise”, se questo non viene verbalizzato ma vengono soltanto spinte alcune chips oltre la linea di puntata, il gesto viene considerato vincolante. A quel punto ci possono essere due scenari.

Se il numero di chips è inferiore o uguale alla puntata precedente sarà interpretato come un call. Se invece investiamo più chips di quelle messe dall’avversario, l’azione sarà considerata un raise. Nel caso la quantità sia inferiore al raise minimo, il regolamento prevede che si tratti comunque di un rilancio e dovremo aggiungere le chips mancanti.

L’unica eccezione è il “one-chip call“, cioè mettere una sola chip – di denominazione più bassa o più alta rispetto alla puntata – oltre la linea ma senza alcun annuncio a voce. Non importa se la chip vale più della puntata: quando è una sola e non viene fatto alcun annuncio verbale, si tratta di un call. Sconsigliato.

Check

Questa azione è la più… rilassante. Il check, infatti, è l’unica mossa nel poker per cui esiste un segnale manuale codificato. In sostanza si batte in qualche modo la mano sul tavolo, ma la classica “bussata” è ormai fuori moda e i più esperti utilizzano metodi meno plateali.

Come ad esempio il singolo colpetto col dito, diffuso tra quei giocatori abituati a ridurre al minimo i movimenti del corpo. Muovono solo un dito, mantenendo rigida ogni altra parte del corpo nel tentativo di non dare informazioni. A volte i giocatori hanno le braccia incrociate davanti al corpo, con una mano che abbraccia l’arto opposto. Così, danno un colpetto sul loro tricipite, segnalando il check.

Lo svantaggio principale di questa azione è di essere poco evidente. Se il dealer non la nota, si potrebbe creare un fraintendimento: il giocatore pensa di aver eseguito il check, mentre la/il dealer in realtà sta ancora aspettando un’indicazione percepibile. L’altro problema si verifica quando il giocatore fa un minuscolo movimento prima di raggiungere le chips, inducendo il dealer a pensare al check. A volte, può essere necessario l’intervento del floorman.

L’azione più esplicita è battere 2-3 volte la mano aperta sul tavolo, senza troppo forza ma in maniera tale che il gesto sia chiaro.

Tuttavia, per qualsiasi azione di gioco la scelta migliore rimane quella che abbia indicato all’inizio: dichiararla a voce. E l’ambiguità sparisce.

Immagine di testa credits PokerNews/Triton Poker