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I recenti exploit di partecipazione ai tornei live, registrati alle WSOPE di Rozvadoz prima e all’EPT di Praga poi, sembrano indicare che la voglia di poker è ancora intatta.

In modo ancora più evidente questo vale per il gioco via Internet che, soprattutto nel periodo del lockdown, ha raggiunto picchi ai quali non si assisteva almeno da un quinquennio.

Il poker post-pandemico gode dunque di buona salute? Anche se è presto per dare un giudizio definitivo, la risposta per ora è positiva. Qualcuno ipotizza addirittura una rinascita di questo gioco, dopo i grandi scandali e le traversie che lo hanno danneggiato (leggasi UltimateBet, Full Tilt, Black Friday, Absolute Poker e Mike Postle).

Tra i sostenitori di questa ipotesi c’è Carlo Savinelli, figura storica del poker italiano nonché professionista di livello internazionale. La sua visione del futuro del poker esige tuttavia una distinzione importante: quella tra poker dal vivo e poker online.

Due realtà che il 35enne campano (Carlo Savinelli è originario di Maddaloni, provincia di Caserta) conosce molto bene perché da quasi 15 anni costituiscono i suoi strumenti professionali.

Carlo Savinelli

Come per tanti altri, la sua passione per il poker nasce tra il 2007 e il 2008. E’ la fase in cui il Texas Hold’em si sta diffondendo nel Belpaese: sia attraverso le prime trasmissioni televisive che lo fanno entrare nella case di milioni di persone, sia grazie alle piattaforme online che lo rendono un gioco accessibile per tanti.

Carlo Savinelli in quel periodo è uno studente di Legge. Un percorso di studi che lo porterà fino alla Laurea ma non alla destinazione che inizialmente si era prefissato, cioè quella di una carriera in Magistratura. Il “colpevole” lo abbiamo già anticipato: il poker, che da semplice passione condivisa con amici e compagni di università, nel giro di qualche anno diventerà una professione.

Nel 2008 il player casertano mette a segno il suo primo in the money in un torneo ufficiale, al Campionato Pro di Sanremo. Da lì in avanti ce ne saranno altri 80, almeno tre ogni anno fino ad oggi, con le uniche eccezioni del 2010 (1) e del 2020, quando la stagione torneistica è stata congelata dalla pandemia. Il tutto per più di un milione di dollari vinti con i tornei live. Nel suo palmares spiccano la vittoria all’IPO di Campione e il 2° posto al WPT di Parigi (entrambi nel 2014), il 9° posto all’EPT di Deauville (2015) e le vittorie nell’HR Winamax Poker Tour (Parigi 2015) e nel PPT di Campione (2016).

Senza dimenticare i successi ottenuti online e le sessioni ai tavoli di cash game. Questa è la strada che finora Carlo Savinelli ha percorso nel mondo del poker professionistico.

L’oggi e il domani di questo gioco sono invece il contenuto dell’intervista che ci ha concesso a Praga, durante la tappa dell’European Poker Tour, e per la quale lo ringraziamo.

Carlo Savinelli (credits PokerNews)

Ciao Carlo, è un piacere averti qui su PokerStarsnews.it. Dopo tanti di carriera da professionista, qual è oggi il tuo rapporto con il poker?

Un saluto a tutti! Il mio rapporto con il poker oggi è puramente professionale. E’ un lavoro come di fatto è stato quasi sin dall’inizio ma, se parliamo di passione, allora devo ammettere che quella è diminuita. Anche la disinvoltura con la quale ho vissuto i primi anni da pro è necessariamente cambiata.

Sono cambiati gli obiettivi?

A 35 anni devi essere più pragmatico. La rincorsa del sogno, della vita da rounders lascia il posto a scelte diverse. Devi pensare alla famiglia, a un figlio che cresce e questo incide anche sul rapporto con il poker, perché la componente economica prende il sopravvento. Tutto deve essere valutato di conseguenza: il tipo di torneo, il field più profittevole, il buy-in che non condiziona la real life e via dicendo.

Cosa ti manca di più del “periodo d’oro” del poker in Italia?

Oltre alla spensieratezza, mi manca l’atmosfera che si viveva ai tavoli in quel periodo. Era un poker diverso, molto più intriso di divertimento e fatto di rapporti amichevoli. Come giocatore, è stato il mio periodo più bello.

In che modo è cambiato il poker con il passare del tempo?

E’ diventato più competitivo e questo, purtroppo, ha un po’ incattivito il modo di viverlo. Perfino la meccanica delle conoscenze ne ha risentito. Nel poker adesso esistono delle “cricche”, cioè gruppi giocatori che sono molto solidali fra loro ma altrettanto chiusi nei confronti di chi è un estraneo. Spesso queste cricche hanno alla base rapporti di convenienza che non le rende “pure”.

In questo senso, la mia è una visione disincantata: oggi è difficile avere grandi amici nel mondo del poker. Per questo mi tengo stretti quei pochi che ho.

Carlo Savinelli (credits PokerNews)

Ma c’è almeno qualche segnale positivo all’orizzonte?

Sì, c’è molta voglia di tornare a giocare. Io mi auguro che ci sia una rinascita del poker a partire da questo slancio, ma credo che prima di tutto sia necessario puntare sul gioco live.

In un tuo recente post apparso su Facebook hai indicato una sorta di live vs online: è così?

Non esattamente. Si tratta di rivedere la valutazione su entrambi. L’online è sicuramente più profittevole: puoi giocare tanto, senza spese e senza orari. Ma il poker dal vivo è un gioco più completo, anche perché quando sei seduto a un tavolo live non hai alcun aiuto “esterno”: ci sei tu da solo contro gli avversari, usi la tua testa, le tue skills, la tua esperienza e nient’altro! Questo invoglia le persone a giocare.

Io credo che il “rinascimento” del poker passi per il gioco dal vivo. Bisogna però incentivarlo…

In che modo?

Servono i circoli regolamentati. E’ lì che si formano i nuovi appassionati di poker. Purtroppo in Italia i club di poker sono ancora immersi in un’area grigia dal punto di vista legislativo. Manca una normativa nazionale: in certe aree si gioca abbastanza liberamente, in altre non si può proprio, in altre ancora ci sono limiti che rendono difficile organizzare un buon torneo.

La mia proposta è di guardare al modello francese.

Spiegaci in cosa consiste…

In Francia, il circolo è una pokeroom legalizzata e soggetta a tassazione. I tornei possono avere un buy-in più alto di quello che si vede nei circoli italiani “ufficiali” e questo consente all’organizzatore di offrire eventi migliori. Si può anche giocare a cash game entro i limiti previsti dalla legge. In sostanza, c’è più legalità.

Il risultato è tre volte positivo: le persone sono invogliate a giocare, il field cresce e lo Stato recupera una parte di introiti che altrimenti finiscono nel cosiddetto “sommerso”. La regolamentazione dei club di poker genera un “circolo virtuoso”.

Sembra una ricetta vincente. Aggiungiamo che più legalità significa anche scelte più consapevoli e, spesso, meno errori. Nella tua carriera di professionista pensi di averne commessi?

Sì certo, ho fatto tanti errori. Se potessi tornare indietro gestirei meglio le mie vincite. Certi sprechi non li farei più e oggi probabilmente avrei una situazione ancora più solida. Quando sei giovane e non sei abituato a gestire grosse vincite, alcuni errori di gestione fai fatica ad evitarli.

Però devo anche ammettere che ho imparato tanto dai miei sbagli, senza i quali forse non avrei raggiunto gli stessi traguardi. Sono convinto che, sei hai capacità di fare autocritica, anche gli errori ti possono insegnare tanto.

Immagine di testa: Carlo Savinelli (credits PokerNews)