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Dimenticare Lara Croft è praticamente impossibile. Il merito è soprattutto della saga Tomb Raider che ha fatto dell’archeologa inglese alla costante ricerca di antichi tesori un’icona degli anni novanta.

Ma qual è stata la storia e la fortuna del titolo?

L’ESORDIO E L’EPOCA D’ORO

Era il 1996 quando faceva capolino, prima su Sega Saturn e poco dopo su PlayStation e PC, Tomb Raider, sviluppato da Core Design e pubblicato da Eidos Interactive.

Tomb Raider è un adventure 3D in terza persona con spiccati elementi di platforming. L’obiettivo del gioco è guidare Lara alla fine del livello. In mezzo ci sono ampie – per l’epoca – aree di gioco da esplorare. Per farlo è necessario superare ostacoli naturali, risolvere enigmi e affrontare diversi tipi di nemici (animali feroci, antagonisti umani e perfino creature sovrannaturali).

Quel primo capitolo della futura serie è un gioco lento e ragionato che mette il focus sull’esplorazione, con pochi ma ostici combattimenti e avversari.

Il gioco viene acclamato tanto dal pubblico quanto dalla critica in quanto presenta una veste grafica tutt’altro che scontata, una trama accattivante e un gameplay capace di innovare completamente il platforming. Inoltre il personaggio di Lara è il primo protagonista femminile nella storia del videogioco. Anche se nella primissima bozza avrebbe dovuto essere un uomo armato di pistola e frusta tipo Indiana Jones, la scelta dello sviluppatore è molto azzeccata, perché avvicina al titolo non solo il pubblico maschile ma anche quello femminile.

Il successo di Tomb Raider è tale da scalzare perfino Super Mario 64 dalla vetta delle classifiche di vendita. Lara diventa subito una vera e propria icona, un fenomeno di culto. Il personaggio esce dal medium videoludico per comparire praticamente ovunque: riviste di gossip, pubblicità e perfino nelle canzoni.

A questo punto, Eidos Interative si rende conto delle potenzialità del titolo. Il publisher decide quindi di ampliare il team di Core Design, per ridurre i tempi di sviluppo e realizzare un nuovo Tomb Raider all’anno. Quando la notizia si diffonde, Tomb Raider II diventa subito uno dei giochi più attesi del 1997. Un solo anno per produrlo.

La velocità con cui viene realizzato il secondo capitolo si basa anche sul riutilizzo di alcune idee scartate per il primo. Tomb Raider II rimane abbastanza simile al titolo originale, ma ci sono anche importanti migliorie. Illuminazione dinamica, mappe più vaste, veicoli guidabili, nemici più numerosi e un arsenale più ampio. Con questi nuovi asset, Tomb Raider II diventa un successo commerciale immediato.

Così nel 1998 esce Tomb Raider III: Adventures of Lara Croft. Ovviamente anche questo sequel è molto atteso, ma nel gioco comincia a intravedersi qualche piccola falla. Il comparto grafico è ormai un po’ datato e i controlli sono poco reattivi. Nonostante questi deficit, Tomb Raider III si rivela un altro successo.

Un anno dopo arriva Tomb Raider: The Last Revelation. Il quarto capitolo della saga riceve inizialmente critiche positive che però, un po’ alla volta, diventano critiche alla scarsissima innovazione. E qualcosa di vero c’è perché il titolo, pur di successo, registra vendite inferiori ai suoi predecessori. Il publisher sta proponendo meccaniche già viste e il pubblico comincia ad essere saturo. E’ l’inizio della discesa.

IL DECLINO DELLA SAGA

Il vero periodo buio della saga inizia con Tomb Raider: The Angel of Darkness, il primo capitolo pubblicato per la nuova generazione di console (PlayStation 2).

Il gioco esce nel 2003 dopo una serie di rinvii. La. pubblicazione è però forzata da Eidos Interactive che non intende superare l’anno finanziario in corso. Il risultato è un titolo che arriva sugli scaffali decisamente incompleto. I problemi tecnici sono evidenti: soprattutto un altissimo numero di bug e una narrazione confusionaria e piena di buchi, sinonimo degli evidenti tagli effettuati durante lo sviluppo.

L’insuccesso di The Angel of Darkness spinge il publisher a sostituire gli sviluppatori, passando il progetto a Crystal Dynamics.

Il primo realizzato dal nuovo team è Tomb Raider Legends (2006). L’obiettivo dello sviluppatore è rilanciare la serie con numerose innovazioni e dando al gioco una sterzata più action. L’operazione riesce solo in parte, ma Legends riceve comunque buone critiche. Alla luce di questa partenza accettabile, a Crystal Dynamics vengono assegnati anche i successivi due progetti. Tomb Raider: Anniversary (2007) è un remake liberamente ispirato al primo Tomb Raider e in quanto tale ha meno problemi. Tomb Raider Underworld (2008) invece non convince appieno e porta nuovamente il brand in un periodo di caduta libera.

IL REBOOT DEL 2013

Nel 2009 Eidos Interactive viene acquisita da Square Enix. La holding nipponica non vuole abbandonare il franchise di Tomb Raider anche se è consapevole che il brand abbia bisogno di una svecchiata.

E così nel 2013 esce Tomb Raider, ancora una volta sviluppato da Crystal Dynamics per PlayStation 3, Xbox 360 e Microsoft Windows. Si tratta di un reboot che stravolge il concept originale e dà vita ad un videogioco più maturo e realistico.

Il titolo reinventa non solo la protagonista stessa – che diventa un’eroina umana, giovane, inesperta e quindi più credibile – ma rinnovando anche il gameplay e la narrazione.

Tomb Raider 2013 pesca infatti a piene mani dal videogame Uncharted di Naughty Dog per quanto riguarda i livelli abbastanza lineari ma ricchi di azione e il taglio spiccatamente cinematografico della narrazione. Inoltre riprende la meccanica delle tombe vista in diversi Assassin’s Creed.

Il gioco viene accolto in modo decisamente caloroso. La bontà del prodotto è confermata dai premi che riceve, comprese tre importanti nomination agli E3 Game Critics Awards: Miglior gioco, Miglior gioco per console, Miglior gioco action/adventure. La porta per ulteriori sequels è spalancata.

Il 2015 è l’anno di Rise of the Tomb Raider che amplia le meccaniche di crafting introdotte dal predecessore e presenta aree da esplorare molto più vaste, differenziando il titolo da Uncharted.

Infine nel 2018 esce Shadow of the Tomb Raider che, pur valorizzando le meccaniche stealth rispetto ai titoli precedenti, chiude la trilogia del rinnovamento lasciando ai giocatori la netta sensazione di un qualcosa di già visto.

LARA CROFT SUL GRANDE SCHERMO

La narrazione della storia di Tomb Raider non sarebbe completa senza un breve excursus cinematografico.

Come abbiamo già detto, durante la sua epoca d’oro il nome di Lara Croft è un po’ ovunque, all’estero come in Italia. Ma è solo nel 2001 che sbarca sul grande schermo.

Lara Croft: Tomb Raider, diretto da Simon West e con Angelina Jolie nei panni di Lara Croft, è il primo adattamento cinematografico del gioco nonché uno dei primi film ad alto budget ispirati ai videogame. La pellicola viene stroncata dalla critica ma al botteghino incassa 274.703.340 dollari su un investimento di 115 milioni. Il risultato è tale da assicurargli un sequel.

Nel 2003 arriva allora Tomb Raider – la culla della vita, diretto da Jan de Bont e interpretato sempre da Angelina Jolie. Questa volta il film non solo viene stroncato dalla critica ma si rivela un flop anche dal punto di vista finanziario. Inoltre, per la sua interpretazione, Angelina Jolie riceve una nomination come peggior attrice ai Razzie Awards. Il terzo capitolo della saga cinematografica verrà abortito prima ancora di nascere, quando l’attrice rifiuterà di vestire ancora i panni di Lara Croft.

Nel 2018 c’è l’operazione reboot anche per la saga cinematografica. Infatti esce nuovamente Tomb Raider, diretto da Roar Uthaug e con Alicia Vikander al posto della Jolie. La nuova pellicola non è però ispirata ai classici della serie ma al Tomb Raider del 2013. Anche questo film non è accolto calorosamente dalla critica perché è un prodotto di puro intrattenimento senza pretese di altro tipo. Se visto in quest’ottica, il risultato è quantomeno dignitoso come confermano gli incassi ottenuti al botteghino, anche in Italia.

Immagine di testa: screenshot Shadow of the Tomb Raider