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Molto spesso l’opinione comune è quella di considerare il mondo dei videogiochi e quello degli eSports come la stessa cosa. In realtà si tratta di ambiti ludici comunicanti ma al tempo stesso diversi.

Si potrebbe iniziare a fare un po’ di chiarezza dicendo che tutti gli eSports sono videogiochi (o “giochi digitali” come nel caso degli scacchi online) ma non tutti i videogiochi sono eSports. Anzi, solo pochi videogiochi diventano eSports e questo accade quando alla funzione ricreativa tipica del videogame si aggiunge quella competitiva.

All’origine di tutto ci sono però i videogiochi che sono nati molti anni prima degli eSports. Il primo videogame degno di questo nome risale ai primi anni Sessanta ed è Spacewar!. Poi sono arrivati i giochi arcade (quelli delle prime sale giochi), i giochi per home console (ad esempio la storica Atari) e per home computer (il famoso Commodore 64).

Di competizioni invece si inizia a parlare solo alla fine degli anni Novanta del secolo scorso. Più precisamente nel 1997 quando va in scena il Red Annihilation Tournament di Quake. A quell’evento i giocatori partecipano sia online (qualifiche) che live (finali), per contendersi la Ferrari 328 GTS messa in palio dallo sviluppatore del videogame, John Carmack. La struttura online/live e il premio con valore economico sono gli elementi che fanno del Red Annihilation il primo evento esportivo della storia.

Definizione e anagrafe a parte, le differenze tra l’attività di gioco che si fa con un videogame (videogaming) e quella che caratterizza un eSport sono significative.

Dennis “Thresh” Fong in azione (credits Wikipedia)

IMPEGNO VS INTRATTENIMENTO

Con gli eSports è possibile costruire una professione. Possibile però non significa facile. Al contrario, dal momento che solo pochi giocatori riescono a diventare degli esporter professionisti.

E tuttavia l’ambizione a provarci, o comunque ad ottenere risultati importanti, è connaturata al gioco competitivo. Coloro che poi riescono a scalare gli step per disputare eventi internazionali e magari entrare in una società esportiva, possono trasformare la passione in una fonte di reddito. Senza dimenticare che un team ha bisogno anche di altre figure professionali, sempre provenienti dal competitivo (coach, analisti, content creators etc)

Oggi i top esporters sono delle vere e proprie celebrità che guadagnano molti soldi. Ma per arrivare a quel livello servono skills e soprattutto allenamento. Gli eSports richiedono un grande impegno, tante ore di gioco ogni singolo giorno per sfidare avversari di livello, e tanta determinazione. Una situazione molto diversa da chi vuole godersi i videogiochi come un puro hobby.

Il videogaming offre come contropartita la maggiore accessibilità. Giocare per puro divertimento è qualcosa che tutti possono fare, anche in virtù di costi che – in linea di massima – sono ridotti. Non ci sono trasferte per andare ai tornei, non serve una “stazione di gioco” performante quanto quella di chi si dedica al competitivo.

Va però aggiunto che quasi sempre i futuri esporters iniziano a giocare per divertirsi. L’intrattenimento è la prima palestra, perché è grazie a quello che le persone si avvicinano ai videogame. Poi le strade possono dividersi, sempre tenendo conto che solo una piccola parte dei videogiochi possiede una scena competitiva. Chi ama i giochi a forte componente narrativa di certo non abbandonerà il videogaming per passare all’eSport.

Immagine iStock

COMMUNITY

Un ulteriore elemento che distingue il videogaming dall’eSport è quello delle rispettive community. Nel caso dei videogiochi competitivi si può parlare tranquillamente di tifoserie, legate al singolo esporter o alla squadra, che scaldano l’atmosfera durante le competizioni. Tuttavia quell’entusiasmo a volte diventa “tossico” e si trasforma in attacchi personali ai giocatori quando le performance sono deludenti o per forme esacerbate di gelosia e discriminazione. Purtroppo questa è una conseguenza dell’eccessiva esposizione mediatica che caratterizza l’attività degli esporters.

Nel complesso, quella degli eSports rimane una community attiva e collaborativa. Così come lo è quella dei videogamers, nonostante l’esperienza di gioco sia più individuale. In rete, gli appassionati di videogame si scambiano infatti opinioni sui vari titoli, trucchi per superare i livelli e altri suggerimenti.

IMPATTO SOCIALE

Infine, non si può fare a meno di valutare l’impatto che videogiochi ed eSports hanno sulla società. Qui i due settori sono accomunati sia nel bene che nel male.

Il secondo riguarda i detrattori che accusano i videogames, competitivi e hobbystici insieme, di essere nocivi soprattutto per i più giovani. I videogiochi sottraggono troppe ore alla vita reale, alla scuola, allo sport, causano alienazione e alcuni sono troppo violenti.

In parte questo è vero ma sarebbe opportuno fare le debite distinzioni, a maggior ragione per un settore che conta migliaia di titoli e offre opportunità di svago e di aggregazione diverse da quelle vissute in passato. E che porta con sé un’industria in crescita costante e capace di creare nuovi posti di lavoro. Grazie a Internet, l’economia in tempo reale in cui siamo immersi va a braccetto con la possibilità di giocare.

Nel XXI secolo tutto ciò che è digitale fa parte della vita e in questo senso la socializzazione che avviene attraverso i videogiochi è reale, sia quando è a distanza che all’interno di una gaming house.

Il mondo cambia e i videogames/eSports sono una forma del cambiamento. Il lato positivo sta anche in questo.

Immagine di testa credits iStock