Era il 2017 quando Horizon: Zero Dawn ci calava nei panni di Aloy e ci immergeva in un mondo post-apocalittico diviso tra umani e robot ostili.
Se non fosse chiaro, parliamo dell’action-gdr creato da Guerrilla Games e pubblicato da Sony. Un open world classico, accompagnato da un comparto grafico e da un’art direction “spacca mascella”, da un gameplay solido e ben costruito anche se non esente da difetti.
Il titolo ha ottenuto un grosso successo, sia di pubblico che nei giudizi della critica. Per tutti questi motivi, compreso il desiderio di vedere sistemate le lacune del titolo originale, l’aspettativa nei confronti del nuovo capitolo si è fatta sentire.
Bene, dal 18 febbraio di quest’anno l’attesa è finita.
Horizon 2: Forbidden West è un sequel diretto. La storia riprende infatti qualche mese dopo la conclusione degli eventi raccontati nel primo capitolo. Sebbene la trama possa risultare meno avvincente e innovativa di quella del primo capitolo, il gioco migliora quasi tutti i punti di forza di Zero Dawn e rimedia ad alcune lacune del predecessore.
Vediamo allora quali sono, a nostro avviso, i punti di forza e anche alcune debolezze di questo videogame.
NARRAZIONE
Forbidden West amplia il mondo presentato in Zero Dawn, in tutti i sensi. La timeline dell’umanità passata si arricchisce ancora di più e le nuove tribù che Aloy incontra durante il suo viaggio non hanno nulla da invidiare a quelle incontrate in precedenza. Parliamo soprattutto della cura dedicata alla costruzione delle loro culture e abitudini.
Una cosa però cambia decisamente rispetto al primo capitolo, cioè la narrazione. Uno dei grandi problemi di Zero Dawn era la messa in scena. Durante i dialoghi, i modelli dei personaggi erano animati in modo acerbo e grossolano, risultando quasi dei manichini. In Forbidden West, sebbene i dialoghi siano comunque portati avanti da scene di campo e controcampo come si usa di solito nei GDR, i modelli sono animati bene, sono espressivi: si muovono in maniera contestuale al discorso e all’ambiente arrivando anche a balbettare o esitare quando sono incerti su quello che stanno dicendo, risultando finalmente vivi e credibili.
ESPLORAZIONE E ATTIVITA’ SECONDARIE
Anche Forbidden West ci mette davanti ad un open world classico, ma le migliorie rispetto al primo capitolo non passano inosservate. Le attività secondarie sono più interessanti, meno riempitive o automatiche. Perfino gli stessi Collilunghi (le tipiche torri che, una volta scalate, rimuovono la nebbia dalla mappa) sono stati arricchiti da piccole side quest o puzzle ambientali. Inoltre l’esplorazione stessa è stata agevolata. In primo luogo dall’Alascudo, una sorta di aliante che permette di scendere da altezze elevate in modo rapido, indolore e scenografico. E poi lo sviluppatore ha inserito il Focus: un sistema per evidenziare i punti scalabili delle pareti in modo molto simile a quello di Death Stranding.
COMBATTIMENTO E BUILD DEL PERSONAGGIO
Il combattimento contro le Macchine era già un vero piacere in Zero Dawn. Il sequel aggiunge qualcosa di interessante alle componenti rimovibili: alcune vengono distrutte dopo l’uccisione della macchina, impendendo quindi il loot di specifiche risorse nel caso queste non vengano rimosse in precedenza. Può sembrare inutilmente complesso ma in realtà si tratta di una meccanica che aumenta la profondità delle sessioni di caccia rendendole ancora più interessanti.
Ad arricchire il combat system di Forbidden West concorrono anche le nuove abilità della protagonista che, grazie ad uno skill tree più complesso e vario di quello precedente, ha accesso a nuove mosse. Queste funzionano spendendo punti da due nuove barre che si caricano con azioni di combattimento.
Anche gli abiti ora influiscono direttamente sulle capacità della protagonista perché, oltre a fornire più resistenza, offrono incrementi di abilità e statistiche. Infine, in Forbidden West ogni equipaggiamento è potenziabile spendendo risorse nei banchi da lavoro. In questo modo il gioco premia ancora di più chi ha voglia di passare il tempo andando a caccia di Macchine.
Purtroppo a macchiare un pochino la bellezza di questo sequel sono alcuni difettucci ereditati direttamente dal suo predecessore.
Il combattimento con la lancia infatti non è all’altezza di quello con l’arco: sebbene siano state aggiunte nuove combo e nuove mosse che permettono e premiano l’alternanza fra colpi corpo a corpo e colpi con l’arco, il combattimento ravvicinato è ancora povero e l’approccio a distanza rimane incredibilmente più efficace e incredibilmente più divertente.
Anche la totale assenza di lock on porta spesso la telecamera a non aiutare per niente il giocatore che talvolta può perdere di vista di ciò che accade in combattimento, complicando incredibilmente e inutilmente le cose. Insomma, il combattimento melee purtroppo è rimasto quasi identico a quello di Zero Dawn.
Anche la selezione degli strumenti, quali pozioni e trappole, non è cambiata. Il giocatore è costretto a scorrere uno ad uno i componenti dell’inventario (fra cui figurano anche sassi e cavalcature) per selezionare quello desiderato. Questo, nella frenesia dei combattimenti, rende i tools molto scomodi: chiamare a sé una cavalcatura quando serve una pozione può portare rapidamente a una sconfitta. Per evitare queste situazioni, la scelta quasi obbligata è usare l’equipaggiato più consono allo stile di gioco.
Ultima piccola sbavatura è l’Override, la funzione che permette di controllare le Macchine trasformandole da avversari ad alleati. Sebbene questa meccanica sia stata approfondita rispetto al precedente capitolo, ha ancora spazio per essere migliorata e valorizzata.
La maggior parte delle abilità sbloccabili nello skill tree dedicato sono potenziamenti per Aloy quando combatte in arcione. L’unico vero miglioramento per la Macchina è poter selezionare (solo al momento della “cattura”) l’atteggiamento: aggressivo o passivo. Ciò trasformerà il robot rispettivamente in un companion (molto scomodo per le azioni stealth) o in una cavalcatura che si difende se attaccata.
Per concludere, Horizon 2: Forbidden West è un ottimo prodotto, un sequel estremamente divertente e visivamente spettacolare. Dal momento che il videogioco si evolve senza rinnovarsi completamente (come per esempio Sons of Liberty rispetto al primo Metal Gear Solid per PlayStation), secondo noi è consigliatissimo per chi ha amato l’opera originale ma non altrettanto appetibile per coloro ai quali non è piaciuta.
Immagine di testa credits eurogamer.it
Si ringrazia Nicola Benetton per la consulenza tecnica