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Qualche settimana fa, Ron Gilbert e Dave Grossman hanno confermato che il 2022 vedrà l’arrivo di Return to Monkey Island, il nuovo capitolo dell’omonima saga.

In un’intervista rilasciata al sito Adventure Gamers, i due creativi hanno subito precisato che la storia inizierà là dove si era concluso il secondo capitolo. Un vero e proprio “back to the past”, visto che Monkey Island 2: LeChuck’s Revenge è datato 1991, anche se nel 2010 ne è stata pubblicata una Special Edition.

Il salto di 31 anni bypassa quindi gli altri tre videogiochi della serie che sono stati pubblicati nel frattempo, ovvero The Curse of Monkey Island (1997), Escape from Monkey Island (2000) e Tales of Monkey Island (2009). Si tratta di storie parallele, ma comunque legate a quella principale per ambientazione e personaggi. Non è da escludere, quindi, che qualche fatto o personaggio di quegli episodi possa tornare anche nel nuovo videogame.

Gilbert ha voluto subito chiarire questo concetto.

Non faremo nulla di proposito per invalidare gli avvenimenti che sono accaduti nei giochi successivi… giochi che sono molto amati… Non li abbiamo realizzati noi, ma ci sono ancora molte cose buone in quei giochi e non volevamo cancellarle“.

Fermiamo qui la potenziale spoilerata. Per ulteriori informazioni, c’è l’intervista su Adventure Gamers e anche un bel video realizzato dal sito multiplayer.it che riportiamo qui sotto:

credits multiplayer.it

Piuttosto ci vogliamo concentrare sulla storia di uno dei titoli più longevi e di successo nella storia dei videogame.

Innanzitutto, cos’è Monkey Island? In parte lo abbiamo già detto: una serie di 6 videogiochi (compreso quello in uscita quest’anno) ai quali si aggiungono tre Special Edition. Non sono “sparatutto” o videogame di risalita (avete presente Donkey Kong?) o giochi strategici: sono avventure.

Gli “adventure” (o videogame-avventura) possono essere considerati una versione digitale dei giochi di ruolo. C’è una storia, un narratore che la racconta (l’intelligenza artificiale) e un giocatore che interagisce indicando al proprio personaggio, che di solito è il protagonista della storia, le azioni da compiere. In che modo?

Nei primi adventure, tutto era testuale, sia la storia che le risposte del giocatore. Una cosa di questo tipo:

Credits it.ign.com

Un po’ alla volta, soprattutto con l’arrivo dei primi home computer pensati per l’intrattenimento, la grafica ha cominciato a sostituire una parte del testo. Un esempio famoso è quello dell’adventure Lo Hobbit per C-64.

Un’immagine de Lo Hobbit, adventure per C-64

La svolta verso il futuro degli adventure è legata proprio a Ron Gilbert il quale, nel 1986, viene assunto dalla LucasFilm Games (o LucasArts). L’azienda fondata dal regista di Guerre Stellari George Lucas ha appena esordito nel mondo degli adventure con Labyrinth (tratto dall’omonimo film) ed è alla ricerca di un nuovo game designer/sceneggiatore per questo genere.

Gilbert è senza dubbio l’uomo giusto, perché ha idee chiare su come cambiare il mondo degli adventure. Le divulgherà nel 2004 in un breve saggio scritto qualche anno prima: Why Adventure Games Suck, Perché gli Adventure fanno schifo.

Secondo Gilbert i videogame-avventura sono ancora troppo testuali, rigidi nelle meccaniche di gioco e soprattutto poco divertenti.

Il programmatore si mette subito all’opera e realizza SCUMM, un’interfaccia grafica nuova, pensata in maniera specifica per gli adventure. Per quanto posso suonare male in inglese (“scummy” significa “spregevole”, ma anche “feccia”), si tratta di un acronimo: Script Creation Utility for Maniac Mansion.

Maniac Mansion è il videogame con il quale Gilbert debutta nel 1987 per LucasArts. Il cambiamento è evidente: al posto delle parole o frasi da digitare (e sperare che siano quelle giuste), adesso ci sono quelle che oggi probabilmente chiameremmo tab e icone.

In sostanza, per far agire il personaggio il giocatore deve scegliere tra parole/verbi che vengono proposti dal gioco nell’apposita schermata. Anche l’inventario degli oggetti posseduti è mostrato sotto forma di etichette di testo cliccabili. Di fatto, con Maniac Mansion Gilbert ha creato gli adventure “punta e clicca“.

Il videogame esce per i computer Amiga, Apple II, Atari ST, Commodore 64, MS-DOS e successivamente anche per NES. Il risultato è subito un successo. Non solo per merito dello SCUMM, ma anche per la possibilità di usare personaggi diversi, per i finali multipli e l’abbondante dose di umorismo presente nella storia.

Tutti ingredienti che in modi diversi influenzeranno anche la serie di Monkey Island.

Schermata di Maniac Mansion (credits Wikipedia)

LucasFilm Games fa uscire The Secret of Monkey Island nel 1990, per MS-DOS, Amiga, Mac OS, Atari ST, Sega CD, FM Towns.

La “regia” è sempre quella di Ron Gilbert, coadiuvato a livello di sceneggiatura e game design da Dave Grossman e Tim Schafer. A questo trio si aggiungono Michael Land, autore delle musiche, e Steve Purcell come designer grafico.

Per l’ambientazione Gilbert sceglie il mondo dei pirati, anche se non ci sono riferimenti storici precisi ad eccezione di un “1687” stampato su una moneta. Anche gli elementi cardine della storia ricalcano il genere “cappa e spada”.

Il protagonista, Guybrush Threepwood, è un giovane che vuole realizzare il proprio sogno: diventare un pirata. Per farlo, deve superare una serie di prove che lo aspettano a Melee Island, capitale dell’Arcipelago delle Tre Isole. Oltre alle prove, qui Guybrush incontra l’amata da salvare. E’ la governatrice dell’isola Elaine Marley che viene rapita e portata a Monkey Island dal pirata-fantasma LeChuck, invaghitosi di lei.

La scelta piratesca non è del tutto casuale. Gilbert, infatti, è cresciuto a storie fantastiche e frequenti visite a Disneyland, dove il tema dei pirati è ben presente. Il tutto condito da un’innata propensione alla narrazione e ai bit dei computer.

The Secret of the Monkey Island

Tuttavia, a livello di ambientazione e di storia non si può certo parlare di novità.

L’originalità e il successo di Monkey Island dipendono invece dall’umorismo che permea tutte le situazioni, dai numerosi dialoghi surreali ma al tempo stesso divertenti e dagli enigmi da risolvere. Per tutti questi aspetti, Monkey Island è un precursore della serie cinematografica I Pirati dei Caraibi.

E poi c’è l’idea che un adventure funziona meglio se il protagonista non muore. Ron Gilbert elimina infatti la possibilità della “morte istantanea” per mantenere intatta la voglia di vedere come si conclude la storia. Si può rimanere bloccati di fronte a un test, ma la storia non viene azzerata.

La stessa cosa succede adesso, con l’arrivo del nuovo videogame che si riaggancia alla conclusione del capitolo datato 1991: “…volevo che il gioco iniziasse subito dopo la fine di Monkey Island 2, quando cammini nel parco divertimenti. Volevo che il gioco iniziasse da lì“.

Sono parole dello stesso Ron Gilbert che oggi fanno crescere l’aspettativa, la voglia di sapere come andrà a finire la storia.

Ammesso che una fine ci sia…

Immagine di testa credits Games Legends