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A meno che tu non sia FaZe, le organizzazioni esportive non fanno soldi. Punto.

Parola di Dr. Disrespect che in questo modo ha espresso il suo punto di vista sul tema della sostenibilità economica negli eSports. Questa la sua twittata di fine anno:

Il Dottore è noto per le sue uscite un po’ clamorose e senza peli sulla lingua. Però di eSports ne sa e, sulla questione del business su cui si fondano le società che se ne occupano, in gran parte ha ragione.

Ci permettiamo solo di aggiungere che esistono altre grandi organizzazioni che da oltre un decennio sono leader della scena professionistica (Fnatic, Team Liquid, G2, Cloud 9 etc…), riuscendo a gestire grossi budget. Ma il problema della sostenibilità vale per tutti gli altri.

Parliamo almeno del 90% delle organizzazioni esportive a livello globale che ogni anno stringono la cintura per mettere in ordine i propri bilanci. La cosa si fa ancora più evidente nei Paesi dove il boom degli eSports è cosa abbastanza recente, e tra questi c’è l’Italia. Nel nostro Paese le società più in vista resistono dilazionando nel tempo il momento del ricavo e ricorrendo a varie forme di finanziamento.

Ovviamente chi è entrato per primo nel giro delle grandi competizioni internazionali (i colossi di cui sopra) ha un grande vantaggio, perché “gioca in una lega diversa” e sfrutta un modello di business simile a quello dello sport professionistico (diritti tv, grandi premi, esports-mercato dei top player e grandi sponsor).

FaZe Clan, invece, fa un po’ storia a sé.

Credits FaZe Clan

Fondata nel 2010 a partire da FaZe Sniping, il trio di “cecchini” di CoD: Warfare 2 formato da Eric “CLipZ” Rivera, Jeff “House Cat” Emann (ora “Timid”) e Ben “Resistance” Christensen, FaZe Clan ha iniziato la scalata verso l’elite degli eSports nel 2015, quando il businessman norvegese Sebastian Guerts ha deciso di investire nel gruppo.

Da lì in avanti FaZe Clan non si è più fermata. Oggi impiega più di 100 persone nel proprio staff e dispone di 4 gaming house, compreso il quartier generale di Los Angeles. Del trio iniziale è rimasto solo Rivera. La direzione è infatti passata nelle mani di Greg Selkoe, creatore della linea di abbigliamento sportivo Karmaloop, e di Lee Trink, i quali hanno scelto di spingere sull’acceleratore: quello che a breve farà entrare FaZe Clan nel mercato NASDAQ di Wall Street.

La notizia è stata annunciata a fine ottobre dello scorso anno con una press release ufficiale e soprattutto sui social, il punto di forza di FaZe Clan. Questo il video comparso su Twitter:

L’operazione Wall Street è iniziata con una fase preliminare di raccolti fondi che ha portato nelle casse dell’organizzazione esportiva $118.000.000. A quel punto è scattata la fase 2: la fusione con una SPAC (special purpose acquisition company), cioè una società ben fornita dal punto di vista economico, il cui scopo è quello di acquisire o fondersi con un’altra società al fine di essere quotata in borsa. In sostanza, un sistema per evitare un’ulteriore fase di finanziamento pubblico (o IPO, offerta pubblica iniziale).

La SPAC in questione si chiama B. Riley Principal 150 Merger Corp. e una volta fusa con FaZe Clan si presenterà al NASDAQ con il titolo FAZE, una liquidità di circa 300 milioni di dollari e una valutazione di un miliardo di dollari. Da lì in avanti, se tutto va bene, l'”unico limite sarà il cielo” per FaZe Clan.

Ammesso – e non del tutto concesso – che la società possa davvero valere tutti quei soldi, c’è da chiedersi quale sia il segreto di un così grande e inusuale successo. Ovvero: come guadagna FaZe Clan?

Credits Game-eXperience.it

In realtà i sistemi di monetizzazione non sono molto diversi da quelli delle altre organizzazione esportive. In sintesi parliamo di sponsor, deal pubblicitari con aziende, creazione di contenuti, merchandise, scoperta di talenti (gamers) e gestione di buoni team a livello competitivo.

La differenza però è che FaZe Clan ha portato tutto questo al livello successivo con un utilizzo massivo e costante dei social media. L’intero staff produce ore e ore di contenuti sulle varie piattaforme social, con particolare attenzione a creare l’ambiente che sia un punto d’incontro e un modello identificativo per i giovani esporter. A questo concorrono il look, il gergo, il modo di vivere di chi fa parte del Clan.

I risultati di questo sforzo (semplice solo in apparenza) sono nei followers che FaZe conta sui propri account:

  • 7.34 milioni su YouTube
  • 7.9 milioni su Instagram 
  • 4.2 milioni su Twitter
  • ~500.000 followers e likes sulla pagina FaceBook. 

Numeri che diventano ancora più grandi se si considera l’effetto a catena, cioè l’amplificazione del brand attraverso i social dei membri del Clan: 75 su Instagram, 45 su Twitter, 90 subs. su YouTube, 210 sulle restanti piattaforme social (tutto in milioni). (dato al 2020, fonte kscarott.com)

Di qui il valore potenziale dell’organizzazione che ora si appresta a trasformarlo in denaro a Wall Street. Non sappiamo se il risultato sia garantito, ma di certo FAZE mette davanti agli occhi degli investitori un prodotto molto appetibile: quello di un pubblico ampio, giovane e soprattutto immerso nel digitale.

E’ soprattutto con quest’ultima parola che si autodefinisce FaZe Clan: “uno stile di vita autenticamente digitale e una piattaforma multimediale radicata nel mondo dei giochi e nella cultura giovanile, che reinventa l’intrattenimento tradizionale per la prossima generazione“.

Immagine di testa credits FaZeClan