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Essere un “figlio di”, nel calcio, non è mai facile. Ma lo è ancora di meno se il padre in questione non solo è stato il primo, e finora unico, africano ad aver vinto il Pallone d’oro, ma in più è stato eletto il Presidente della Liberia.

L’ambizioso 23enne Timothy, però, si sta facendo un nome, al di là di quel Weah che si porta sulle spalle: ieri con la maglia del Psg e Lille, oggi con quella della Juventus, cercherà di scrivere la sua di storia dimostrando tutto il suo valore.

George Weah: un pallone d’oro Presidente della Liberia

George Weah è nato a Monrovia il 1º ottobre 1966 ed è considerato uno dei più forti calciatori africani della storia, occupa la 43ª posizione nella speciale classifica dei migliori calciatori del XX secolo pubblicata dalla rivista World Soccer e, nel marzo del 2004, Pelé lo ha anche inserito nella FIFA 100, la lista dei 125 migliori calciatori viventi, redatta in occasione del Centenario della FIFA.

Negli anni ’90 George Weah era considerato uno dei migliori attaccanti del panorama calcistico mondiale. Elogiato per la sua propensione al lavoro di squadra, la sua grande classe e l’istinto per l’attacco, oltre che per le notevoli doti fisiche e atletiche, cui abbinava una tecnica sopraffina e una creatività innata, era un attaccante possente e a tratti inarrestabile tanto che, insieme a Ronaldo e Romário, Weah era considerato il prototipo del centravanti moderno negli anni 1990.

Nel corso della sua carriera Weah si distinse anche per la simpatia: la sua carica umana e per le iniziative di sostegno alla lotta contro il razzismo nel calcio. Durante la sua carriera la stampa italiana gli attribuì diversi soprannomi tra cui: Diavolo Nero, Il Re Leone, Big George, King George e La Pantera.

Nel 1995 vinse il Pallone d’oro ed il FIFA World Player, divenendo l’unico giocatore africano ad aver vinto anche solo uno dei due riconoscimenti nella storia di ambedue i premi. Inoltre, è stato nominato per due volte Calciatore africano dell’anno, nonché nel 1999 Calciatore africano del secolo dall’IFFHS. In Europa ha vestito le maglie di Monaco, Paris Saint-Germain, Milan (dove si consacrò), Chelsea, Manchester City e Olympique Marsiglia.

A livello internazionale, malgrado avesse la possibilità di giocare con la nazionale francese, scelse la nazionale liberiana, con cui collezionò 59 presenze e 16 gol, e che arrivò anche ad allenare e a finanziare. In nazionale preferiva giocare nel ruolo di libero, essendo il giocatore tecnicamente più dotato e con più esperienza internazionale. Grazie ai suoi gol la Liberia ha potuto qualificarsi a due edizioni della Coppa d’Africa (1996 e 2002), ma non riuscì mai a qualificarsi per la Coppa del mondo, mancando l’ingresso alla fase finale dell’edizione del 2002 per un solo punto.

Nel 2013 il difensore e leggenda Franco Baresi, suo compagno al Milan, lo inserì nell’undici dei più forti calciatori con cui aveva giocato in carriera. Si ritirò dall’attività agonistica a 36 anni, nel 2002.

Essendo una personalità carismatica, e intrapresa la carriera politica, si candidò alla carica di Presidente della Repubblica in occasione delle elezioni presidenziali liberiane del 2005, venendo sconfitto al ballottaggio da Ellen Johnson Sirleaf; successivamente prese parte alle presidenziali del 2011 in qualità di candidato vicepresidente di Winston Tubman, risultato poi sconfitto dalla stessa Sirleaf.

In occasione delle elezioni presidenziali del 2017 è stato eletto presidente della Liberia, sconfiggendo al ballottaggio il vicepresidente uscente Joseph Boakai, entrando in carica come Presidente della Liberia il 22 gennaio 2018.

Timothy Weah: nel segno del papà

Nasce a New York il 22 Settembre del 2000, l’anno in cui George lascia il Milan per dirigersi in Inghilterra, i primi passi li ha fatti nell’accademia dei New York Red Bull. Ha quattro passaporti: americano, francese, giamaicano e liberiano. Nonostante ciò, ha voluto vestire la maglia degli Stati Uniti, Paese dove è nato, e nella sua prima partita in un Mondiale ha subito segnato, sbloccando il match contro il Galles.

È un attaccante molto veloce e dotato di una buona forza fisica, proprio come il padre. Questa combinazione gli permette di creare problemi alla difesa avversaria con la sua velocità esplosiva e di tenere testa ai difensori più fisici.

È anche disciplinato tatticamente e sa adattarsi a diversi ruoli in attacco. Ha dimostrato la capacità di giocare come attaccante esterno su entrambe le fasce, ma è stato anche impiegato come terzino di spinta in alcune occasioni. Questa flessibilità tattica lo rende un giocatore versatile e in grado di adattarsi alle esigenze della squadra.

Questo grazie all’allenatore del Lille Paulo Fonseca, che ha trasformato Weah in un vero e proprio jolly, utilizzandolo principalmente da terzino in entrambi i lati nel 4-2-3-1. Il figlio del Re Leone ha risposto presente ed è migliorato a vista d’occhio nella fase di non possesso, imparando i tempi di intervento di un difensore e mettendo in mostra aggressività nella riconquista della palla; una trasformazione accettata con professionalità.

Weah conta già 9 trofei nel suo palmares, tra cui 3 Campionati francesi, 1 Campionato scozzese, 1 Coppa scozzese, 2 Trofei Concacaf e 2 Supercoppe francesi e l’estate 2023 rappresenta in termini calcistici un’opportunità da sfruttare a capofitto. Infatti, viene acquistato per 12 milioni dalla Juventus di Max Allegri e per l’americano si tratta di un’occasione più unica che rara, un salto di qualità in una squadra che vorrebbe tornare al più presto ai vertici del calcio italiano ed europeo.

I primi passi e l’esordio tra i professionisti nel 2017 con il PSG, poi la parentesi al Celtic nel gennaio 2019 e l’avventura soddisfacente al Lille da giugno 2019: Timothy Weah ha già accumulato 158 presenze nel mondo del calcio, numeri da non sottovalutare per un ragazzo di 23 anni.

Continua, quindi, la dinastia Weah nel mondo del calcio e soprattutto in Serie A, ma ora Timothy vuole scrivere la sua storia con la maglia della Juventus, proprio come fece George con la maglia del Milan.

Sarà sicuramente difficile replicare le gesta del padre, ma il figlio d’arte possiede quella mentalità ereditaria che potrà portarlo lontano e togliersi molte soddisfazioni nella sua carriera.