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La prima semifinale di questa controversa edizione della Supercoppa Italiana è andata al Napoli, potremmo dire per KO tecnico sulla Fiorentina. Che ha fatto la partita, ha tenuto il gioco quasi sempre in mano, ma ne ha preso tre.

Mazzarri vs Italiano: uno scontro generazionale, ma anche di marketing

Il match era anche un confronto fra due tecnici che non potrebbero essere più diversi per storia e stile di gioco, ma non solo. Senza girarci intorno, da una parte Walter Mazzarri rappresenta un tecnico che onestamente si considerava un po’ superato, o comunque uno per cui il treno del grande calcio era già passato. Dall’altra parte c’era un giovane emergente come Vincenzo Italiano, che la carriera ad alti livelli se la sta costruendo e anche con merito, grazie a un gioco propositivo con tutte le carte in regola per piacere ai palati più raffinati: costruzione dal basso, pressing e riaggressioni furiose, baricentro alto tendente all’altissimo.

Guardandola con l’occhio del marketing, Italiano somiglia a un telefono hi-tech di ultima generazione, con comandi vocali, 35 fotocamere e altre meraviglie inenarrabili, mentre Mazzarri è un cellulare di quelli indistruttibili, che non hanno quasi niente ma non ti mollano quasi mai. Uno si vende benissimo, l’altro è più che altro un prodotto per nostalgici o inguaribili conservatori.

Eppure, alla prova del campo in un test a eliminazione diretta, è finita 3-0. E non per l’iPhone 25, ma per il Nokia 3310. Come può essere successo?

Il Napoli e l’obbligo di essere ciò che non è più

Quando Aurelio De Laurentiis ha chiamato, un po’ a sorpresa, Walter Mazzarri per invertire la rotta di una stagione che rischiava di essere semi-compromessa già a novembre, indiscrezioni giornalistiche parlavano di una sorta di “obbligo” sottoscritto dal tecnico: quello di continuare con il 4-3-3. Si trattava pur sempre del modulo con cui Luciano Spalletti ha schiacciato tutti nella cavalcata trionfale dello scudetto 2022/23, ma la cosa non sembrava troppo nelle corde del nuovo tecnico.

Mazzarri ha trascorso la maggior parte della sua carriera con difesa a tre in varie declinazioni o variazioni sul tema (3-4-2-1, 3-5-2, 3-5-1-1 eccetera), dal miracolo con la Reggina alla prima militanza nel Napoli, all’anno e mezzo trascorso nell’Inter. Ovviamente, ciò non significa che Mazzarri “non sapesse giocare col 4-3-3”, ma solo che ha storicamente preferito altri abiti, per le sue squadre. Poi è chiaro che ogni tecnico conosce le dinamiche di tanti moduli e lo stesso WM ne ha usato altri, come nella prima parte di stagione a Cagliari, in cui giocava col 4-4-2 o 4-4-1-1, e poi ci sono le millemila possibilità di aggiustamenti in corsa. No, il problema non era tanto Mazzarri e la sua conoscenza del 4-3-3, ma semmai era la pretesa che il Napoli continuasse a giocare come con Spalletti, ma senza Spalletti e senza diversi protagonisti che hanno reso quella squadra un unicum.

Così, dopo aver trascorso il primo mese e mezzo a studiare la situazione, WM si è ritrovato a dover fare una scelta: sto qui a lasciar morire la squadra nel tentativo di fare qualcosa che non le riesce più, o proviamo qualcosa di diverso? Lo ha confermato il tecnico stesso, nelle interviste del dopo-partita. Fare il gioco del Napoli dell’anno scorso non è possibile, soprattutto perché sono cambiati alcuni interpreti. Mazzarri cita Kim, come uno che consentiva alla squadra di pressare alto, perché aveva le caratteristiche per coprire la profondità.

Qualcosa è cambiato

L’antifona che qualcosa sarebbe presto cambiato si era avuta con l’arrivo di Pasquale Mazzocchi come primo rinforzo del mercato, essendo il difensore ex Salernitana abile sia a fare il terzino destro classico in una difesa a 4, che il quinto in un centrocampo a 5.

A Riad, il Napoli ha vinto la partita schierandosi con un 3-4-2-1 o 3-4-3, con Di Lorenzo braccetto difensivo di destra che ha lasciato spazio a Mazzocchi come laterale a tutta fascia, che diventava quinto di difesa in fase di non possesso, come Mario Rui dall’altra parte. L’iniziativa è rimasta nettamente nelle mani della Viola, che però ha trovato davanti a sé un muro e ci ha sbattuto contro, anche a causa della ormai conclamata mancanza di concretezza.

Da Napoli-Fiorentina 1-3 a Napoli-Fiorentina 3-0

Mazzarri ha rivelato di avere riguardato con attenzione il match Napoli-Fiorentina dello scorso ottobre, vinta al Maradona dai viola per 1-3. “Ho pensato che avrebbero fatto le stesse cose e ho pensato di dare più copertura”. Il risultato è di enorme evidenza. A ottobre, la Fiorentina aveva vinto con l’organizzazione di gioco sfruttando il velleitarismo del Napoli di Garcia, che aveva tenuto più palla (54% contro 46, 483 passaggi completati contro 404) ma in maniera compassata e sterile. Ieri, il Napoli ha concesso il possesso (40% vs 60, 274 passaggi completati contro 461) chiudendo però gli spazi. L’inconsistenza degli attaccanti viola ha fatto il resto, ma va dato atto a Mazzarri di avere studiato l’avversario alla perfezione, come del resto un tecnico dovrebbe sempre fare.

L’integralismo è il limite di Italiano?

Qui arriviamo alle pecche di Vincenzo Italiano, sempre che di pecche si voglia parlare quando i tuoi attaccanti sbagliano un rigore e sprecano tutto lo sprecabile. Dopo la partita, il tecnico della Fiorentina ha sportivamente fatto i complimenti al Napoli, per come ha preparato la partita. Poi ha aggiunto “ci ha sorpreso”, una cosa questa che denota forse un difetto di presunzione tipico di alcuni giovani tecnici, più portati a definire fino all’estremo dettaglio compiti e strategie dei propri giocatori che alla reale efficacia di tali misure contro un determinato avversario.

Poi Italiano ha anche detto di aver capito che il Napoli si sarebbe messo a tre-cinque quando ha visto Mazzocchi in formazione. Però non è riuscito a trovare le adeguate contromisure a questa chiusura degli spazi. La probabile verità è che l’attuale Fiorentina, ovvero quella senza l’indispensabile Nico Gonzalez e con l’attuale reparto offensivo, non ha reali piani B. Contro una squadra chiusa e compatta ha continuato a tenere il baricentro a 60 metri.

Il gol di Simeone e la difesa schierata…a 60 metri

La situazione da cui è originato l’1-0 è emblematica, perché nasce da Gollini che imposta coi piedi verso Juan Jesus a sinistra. Il brasiliano serve lì vicino Mario Rui e poi parte in avanti per portarsi via Ikoné. Rui nel frattempo lancia Kvaratskhelia e il georgiano, di spalle e sulla linea di metà campo, fa una magata uccellando Milenkovic e liberando un’autostrada per la mezzala improvvisata Juan Jesus, che si cala perfettamente nel ruolo e serve, vanamente inseguito dallo stesso Ikoné, una palla con il contagiri a Simeone. Il Cholito si trova in avanti da solo tra Martinez Quarta e Biraghi, che è scalato dall’altra parte ma senza infine riuscire a chiudere sulla conclusione letale dell’argentino.

Forse è un caso che la Viola si sia fatta trovare sbilanciata, ma forse no. Appena tre minuti prima c’era stata un’altra uscita palla al piede del Napoli, con 5 calciatori viola nei pressi dell’area di rigore partenopea a dar fastidio e nuovamente Mario Rui sulla sinistra a impostare. In quel caso c’era stato il lancio per Simeone che viene incontro sulla sua trequarti e poi fa una intelligentissima sponda per Lobotka, che parte e, dopo aver saltato Duncan, ha una prateria davanti. Il gol in quel caso non è arrivato perché in posizione di centravanti si trovava in quel momento Cajuste, che non è stato in grado di trattare a dovere la palla e si è anche fatto trovare in fuorigioco. Però era un campanello d’allarme, del tutto inascoltato dalla squadra viola.

La serata saudita ci regala un Walter Mazzarri improvvisamente svecchiato. Ha invece solo fatto il suo dovere, di valutare le forze dei calciatori a disposizione e cercare il miglior modo per far loro vincere una partita, in base all’avversario che si trova di fronte. Proprio quest’ultimo è forse l’aspetto su cui Vincenzo Italiano deve fare ancora un salto di qualità. Perché giocare bene e comandare le partite is for boys, trovare un modo per vincerle is for men.