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Nell’estate del 2004 si consumò un capitolo così memorabile del calciomercato, da poter essere definito a ragione tormentone. Parliamo del passaggio di Emerson dalla Roma alla Juventus. Ma facciamo un piccolo passo indietro, analizzando la storia – anzi, la telenovela – nei minimi dettagli.

La premessa: il passaggio di Capello dalla Roma alla Juve

Nell’estate del 2000, quando la Roma giallorossa stava costruendo la squadra scudetto, oltre al colpo Batistuta arrivò dal Bayer Leverkusen, per 22 milioni di dollari, proprio Emerson. Il centrocampista brasiliano, fortemente voluto da Fabio Capello, nei quattro anni alla Roma realizzerà 21 gol in 145 gare, oltre a portare in cascina con i giallorossi uno storico titolo nazionale e la Supercoppa Italiana. Emerson a Roma era amato e rispettato. I tifosi stravedevano per lui, ma nell’inverno del 2003 le cose cambiarono. Sensi aveva necessità di vendere e il neo allenatore della Juventus, Fabio Capello, aveva puntato gli occhi su di lui. Don Fabio lo considerava «tra i primi tre centrocampisti del mondo», Sensi anche.

Le richieste del patron giallorosso giravano intorno ai 18 milioni di euro, ma c’era una condizione da rispettare (almeno a parole): se vuoi andartene dalla Roma, d’accordo. Ma devi andare all’estero. L’estate prima per Emerson si era mosso il Chelsea, che aveva offerto ben 30 milioni di euro e un ingaggio faraonico al giocatore. Ma i rapporti con Sensi erano ancora buoni, e il Franco presidente era convinto di potersi permettere quella rinuncia. Non più l’estate successiva, quella del 2004. Sempre nella stessa finestra di mercato, tra l’altro, la Roma aveva ceduto Walter Samuel al Real Madrid e Jonathan Zebina alla Juventus. Il clima tra il club giallorosso e quello bianconero, soprattutto per l’accesa rivalità tra le due tifoserie, era tesissimo. Quando Moggi chiederà a Baldini, ds della Roma, di sedersi al tavolo, la trattativa sembrava se non impossibile quantomeno estremamente complicata.

«A gennaio il presidente Sensi m’aveva autorizzato a prendere contatti con altre società e avevo incaricato il mio agente Gilmar Veloz d’ascoltare un bel po’ di club, tra cui il Real Madrid. Stranamente in quella fase il Real aveva considerato eccessive le mie richieste. Poi si sono fatte avanti altre squadre come Barcellona, Chelsea, Inter e Juve appunto», ha dichiarato Emerson qualche anno fa. Dunque, una situazione ordinaria, almeno apparentemente. Tutt’altro, perché la telenovela è appena iniziata.

In Brasile a “schiarirsi le idee”

Intervistato a fine maggio del 2004, a stagione finita, Emerson aveva dichiarato: «Desidero scegliere il mio futuro insieme alla Roma, perché considero un tradimento non onorare la maglia, non comportarsi da professionista». Buffo, a posteriori. Ma stupirsi di certe dinamiche di mercato sarebbe altrettanto ingenuo. Sensi ripete al giocatore che deve andare all’estero, che in Italia la sua cessione rafforzerebbe una pretendente al titolo. Se poi quell’avversaria si chiama Juventus, hai voglia a condannare. L’armonia tra il Puma e la Roma si rompe definitivamente a inizio luglio. Emerson di volare in Spagna, nella capitale, non ne vuole sapere. Ma intanto, in rottura col club giallorosso, va in Brasile per schiarirsi le idee. Non l’avesse mai fatto.

Sensi risponde controvoglia alle telefonate di Moggi, già rifiutate dal ds Baldini, comunicando al ds bianconero una clausola inamovibile: già il giocatore non dovrebbe venire da voi, ma visto che ci siamo il prezzo è di 18 milioni. Nulla di meno. La richiesta è già di 12 milioni inferiore rispetto a quella del Chelsea dell’anno prima, ma le condizioni sono mutate. Sensi, soprattutto, non ha più né la forza economica né quella contrattuale per trattenere Emerson a Roma. Moggi chiede una contropartita: Blasi. Ma Sensi rifiuta.

Il 2 giugno Emerson era intanto uscito allo scoperto: «La Juventus con me è stata chiara fin dall’inizio e ha conquistato subito la mia fiducia». La stessa che Emerson stava tradendo nei confronti di Sensi e della calda tifoseria giallorossa, a pochi giorni da quella frase così pregna di rispetto (almeno a parole, va da sé). In tutto il mese di giugno Moggi effettuerà almeno 10 voli per Roma, ma il club giallorosso, ormai in guerra col giocatore e il club bianconero, non molla. Il mese di luglio è quello più caldo, e non solo climaticamente.

Il tradimento si consuma

Il 13 luglio i giallorossi si radunano a Trigoria con il nuovo allenatore Cesare Prandelli. Dall’alto della sua umiltà, Prandelli non pretende che Emerson si alleni con la squadra, ma almeno chiede di sapere quali siano le motivazioni della sua assenza. In mattinata arriva un telegramma di un certificato medico, proprio da Emerson, con cui il giocatore brasiliano fa sapere di essere depresso. Non si presenterà al ritiro. Il caso esplode con le dichiarazioni della ex moglie del calciatore, che in un’intervista rilasciata a Gazzetta dichiara che «Emerson non è depresso, semplicemente triste. Si sente intrappolato». Il giocatore risponde: «Sto male. Sono in Brasile ad aspettare, mi turba il fatto di rovinare il rapporto con l’ambiente, ma sono sei mesi che non ricevo lo stipendio, e le promesse di Sensi non sono state rispettate. Ho accettato tutto questo, ma quando arriva un’offerta importante un giocatore, già d’accordo col club, dovrebbe essere libero di andare via».

Il 27 luglio, infine, il tormentone arriva alla sua conclusione. Nella villa della famiglia Sensi, sull’Aurelia, si trova un accordo di massima, che alcune ore dopo si traduce in una stretta di mani vera e propria. Il giocatore firma con la Juventus e può finalmente volare a Torino. La depressione? Fa parte del passato. E Totti ci va duro: «Roma-Juventus ormai è meglio di un derby, ed Emerson se lo incontro nemmeno lo saluto». Alla prima da avversario all’Olimpico, Emerson, insieme a Capello e Zebina, non verrà nemmeno nominato dallo speaker alla lettura delle formazioni. Ironia della sorte, quello speaker era Carlo Zampa e quel gesto, rimasto nel cuore dei tifosi, gli costerà il posto di lavoro. La telenovela era finita, ma la guerra era appena cominciata.