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C’era una volta un trofeo che viaggiava a cavallo tra due mondi: l’Europa e il Sud America. Era la Coppa Intercontinentale, un duello romantico – a volte feroce – tra la miglior squadra del Vecchio Continente e la regina del Sudamerica. Una partita sola, come un tango. Poi venne il tempo della globalizzazione, e anche il calcio, che da sempre sa fiutare il vento, cominciò a cambiare pelle. Così nacque il Mondiale per Club, una competizione che negli anni si è allargata fino a diventare il monumento che si erigerà dal 15 giugno al 13 luglio 2025 negli Stati Uniti: 32 squadre, sei continenti, una Coppa. Una storia mondiale.

Com’è nato il nuovo Mondiale per Club

Nel 2000 la FIFA decise che il calcio meritava un palcoscenico globale anche per i club, non solo per le nazionali. L’idea era semplice e ambiziosa: creare un vero e proprio campionato mondiale dei club, aperto ai vincitori delle competizioni continentali organizzate dalle sei confederazioni affiliate. Quel primo esperimento, giocato in Brasile, mise in campo otto squadre. Fu un primo passo incerto, ma necessario. Dopo una breve pausa, dal 2005 il torneo divenne annuale, ospitato inizialmente in Giappone come erede spirituale della Coppa Intercontinentale, che aveva cessato di esistere ufficialmente nel 2004.

Da lì in poi fu un crescendo: Europa e Sud America a dominare, con i club europei che dal 2013 in poi hanno imposto una supremazia pressoché assoluta. Il Real Madrid, con cinque titoli, è diventato il simbolo di questa egemonia. Ma l’idea iniziale, quella di un torneo veramente mondiale, sembrava rimanere più nell’intenzione che nella realtà.

L’evoluzione del progetto

Il cambiamento vero arriva sotto la presidenza di Gianni Infantino. Nel 2016, il numero uno della FIFA annuncia la volontà di rivoluzionare il format. L’obiettivo: trasformare il Mondiale per Club in un torneo più inclusivo, competitivo e spettacolare. Si pensa a 24 squadre, poi si arriva a 32, come i Mondiali per nazionali. La prima edizione del nuovo formato sarebbe dovuta partire in Cina nel 2021, ma la pandemia da COVID-19 stravolge il calendario del calcio mondiale. Europei e Coppa America slittano al 2021, e la FIFA è costretta a rinviare la sua creatura a data da destinarsi.

Nel frattempo, l’edizione 2022 si gioca in Marocco, quella del 2023 in Arabia Saudita, l’ultima con il vecchio format. Poi, finalmente, la svolta: il 16 dicembre 2022 la FIFA annuncia ufficialmente l’allargamento del torneo a 32 squadre, e nel giugno successivo assegna l’edizione inaugurale del nuovo ciclo agli Stati Uniti. Il calcio globale ha un nuovo Mondiale, una nuova narrazione, e forse anche una nuova identità.

Il format e quante squadre partecipano

Il Mondiale per Club 2025 sarà molto più di un torneo: sarà un’esplorazione del calcio globale in tutta la sua vastità e disuguaglianza. Si giocherà in 12 stadi distribuiti in 11 città americane, da costa a costa, da ovest a est. Sessantatré partite che saranno un viaggio epico tra stili, filosofie e culture calcistiche.

Le squadre partecipanti saranno le vincitrici delle rispettive Champions League continentali dal 2021 al 2024, più altre selezionate attraverso un sistema di ranking che premia le migliori prestazioni nei tornei confederali negli ultimi quattro anni. In totale, ogni confederazione ha diritto a un numero di posti definito: l’Europa (UEFA) fa la parte del leone con 12 club, il Sud America (CONMEBOL) ne avrà 6, il Nord e Centro America (CONCACAF), l’Africa (CAF) e l’Asia (AFC) 4 ciascuno, mentre l’Oceania (OFC) partecipa con una squadra. Una seconda squadra degli Stati Uniti sarà presente in quanto Paese ospitante.

Il torneo avrà una struttura simile a quella dei Mondiali per nazionali: otto gironi da quattro squadre ciascuno, con le prime due che si qualificheranno agli ottavi di finale. Da lì in poi sarà eliminazione diretta fino alla finale, prevista al MetLife Stadium di New York. Una sfida che potrebbe essere Real Madrid-Palmeiras, o Manchester City-Al Ahly, o – perché no – un inedito Urawa Reds-Monterrey. Tanto per capirci.

I motivi dietro la scelta

Ma perché tutto questo? Perché la FIFA vuole un Mondiale per Club così grande e imponente? La risposta è nei numeri, certo: maggiori diritti TV, più sponsor, un nuovo calendario da riempire. Ma dietro le cifre c’è anche l’ambizione – forse ingenua, forse sincera – di creare un torneo in grado di raccontare il calcio nella sua totalità. In un mondo in cui il pallone viaggia alla velocità della luce e i confini sono sempre più sfumati, dare spazio ai club di ogni continente significa anche riconoscere che il talento non nasce solo a Madrid o Milano, ma anche a Casablanca, a Seul, a Città del Capo.

Il Mondiale per Club a 32 squadre sarà quindi uno specchio del nostro tempo: globale, connesso, ipercompetitivo. E, come ogni riflesso, ci dirà qualcosa su chi siamo e su cosa sta diventando il calcio. Da quest’estate in poi, ogni quattro anni, il Mondiale per Club proverà a ridisegnare la geografia del calcio mondiale. Magari non sarà mai davvero equilibrato: le distanze economiche e tecniche tra le squadre restano abissali. Ma potrà regalare storie, emozioni, sfide inedite. Potrà essere il palco dove l’outsider sorprende, dove la potenza deve faticare per vincere, dove il calcio – almeno per un attimo – torna a sembrare una fiaba.