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Voi fate il vostro gioco. Noi poker servito, si legge in Curva Nord all’indomani calcistico di un evento indelebile nella storia del derby romano: le quattro vittorie consecutive (1° novembre 1997-8 marzo 1998) della Lazio in una sola stagione contro i grandi rivali della Roma.

Il contesto è già noto: la Lazio di Cragnotti è una squadra forte, ma non ancora così forte da vincere tutto ciò che si poteva vincere in Italia e in Europa nell’arco di appena due anni (dal 1999 al 2000); la Roma di Sensi è invece in fase di ricostruzione, ma punta a rivaleggiare – come accadrà nel 2001 – con i vicini di casa per forza della rosa e serietà del progetto tecnico.

Curiosa, in ogni caso, è l’altalena tecnica che quei quattro derby restituiscono alla nostra memoria: l’allenatore della Lazio è infatti quello Sven Goran Eriksson che la Roma, pure, aveva allenata qualche anno prima (vincendovi una Coppa Italia, tra l’altro); l’allenatore della Roma è invece Zdenek Zeman, recentissima ex guida dei biancocelesti.

Insomma, i destini dei due club concittadini sono in questa stagione quantomai intrecciati. Nel bene, sponda Lazio, come nel male, sponda Roma.

1° novembre 1997, Roma vs Lazio 1-3

È la settima giornata del campionato 1997/98, che vedrà la Lazio avvicinarsi silenziosamente alle grandi della classe. La Roma come detto è in una fase di ricostruzione: quale miglior tecnico se non Zeman, avrà pensato Sensi, per favorire questo passaggio obbligato? È il primo derby per il boemo sull’altra panchina della capitale, e lo stesso vale per Eriksson.

Il match è fin da subito caldissimo, agitato, persino spasmodico. Collina pensa di metter subito un freno alla collera dei protagonisti tirando fuori un cartellino rosso – a dir poco esagerato – nei confronti di Favalli (Lazio) dopo 7’ di gioco.

È già la svolta del derby, così pendente (in teoria) dalla parte dei giallorossi. Ma quell’episodio, paradossalmente, sveglia ancor di più i biancocelesti, al cui di rabbia sentimento s’accompagna una buona dose di divina determinazione – fattore cruciale in partite di questo tipo.

Così prima Mancini al 47’, poi Casiraghi al 57’ e infine Nedved all’84’ dicono incredibilmente Roma 0 Lazio 3 a 5’ dalla fine. In un derby che la Lazio ha giocato in dieci uomini, è bene ripeterlo, dal 7’ di gioco.

Fondamentali risultano le mosse tattiche di Eriksson, che mette Jugovic terzino togliendo Almeyda (un centrocampista) ed inserendo Paolo Negro (terzino o difensore centrale). Passando al 4-3-2, pensa l’allenatore svedese, la Lazio non avrebbe perso la propria (superiore ai giallorossi) qualità offensiva.

E ha ragione, perché dopo 20’ di necessario assestamento e lieve sofferenza, la Lazio esce fuori con coraggio e tecnica – il primo gol di Mancini è una perla di rara bellezza, il 2-0 di Casiraghi è altrettanto bello. La Roma realizzerà un persino più beffardo gol della bandiera al minuto 91. Lo siglerà Delvecchio.

6 gennaio 1998, Lazio vs Roma 4-1

Il tabellone della Coppa Italia 97/98 gioca un brutto scherzo ai tifosi capitolini: Lazio e Roma si dovranno infatti affrontare ai quarti di finale per sancire una delle quattro semifinaliste del torneo. Che la Lazio vincerà, in finale contro il Milan, riportando a Roma un trofeo che mancava da quarant’anni esatti.

Il primo dei due derby ravvicinati va ricordato nel segno delle saette scagliate da Zeman a Boksic – i due si erano lasciati molto male nella precedente avventura del boemo sulla panchina della Lazio.

Errore fatale del boemo, che dopo un solo minuto di gioco si vede Boksic esultare a distanza sotto la Sud per il vantaggio della Lazio. Che replicherà al 32’ con rigore di Jugovic, su fallo commesso da Konsel proprio su Boksic. Al 39’ la Roma sembra rientrare in gara grazie a una rete di Balbo, ma nella ripresa prima il pallonetto magico di Mancini e poi la punizione di seconda da fuori area di Fuser chiudono i conti sul 4-1.

21 gennaio 1998, Roma vs Lazio 1-2

Il ritorno è una sorta di formalità.

La Lazio è costretta a rinunciare a Boksic, Casiraghi, Almeyda e Favalli, ma il risultato dell’andata fa stare tranquilli i tifosi. Senza centravanti, con Mancini falso nove, la Lazio domina e va in vantaggio grazie a un rigore ancora di Jugovic, glaciale dagli 11 metri. Nella ripresa la Roma d’orgoglio pareggia i conti con Paulo Sergio. La partita scivola lentamente verso la fine, il cui esito è d’altra parte già scritto dalla partita d’andata.

Eriksson accentua allora il turnover inserendo Venturin e Gottardi. Ed è proprio quest’ultimo, Guerino, a trovare la rete del 2-1 al 91’ grazie a un assist involontario di Damiano Tommasi sotto la Nord. Delirio biancoceleste.

8 marzo 1998, Lazio vs Roma 2-0

L’ultimo dei quattro derby vinti dalla Lazio in una sola stagione è senza dubbio il più bello.

Forse perché ha fatto la storia, o forse più semplicemente perché dinnanzi al sempre composto Sven Goran Eriksson è saggio segnalare, quando presenti, gli hapax legomenon (i termini unici, mai utilizzati prima): come al termine di quella 24a giornata di campionato, con la Lazio vincitrice 4 volte su 4 nella stracittadina e a soli 4 punti dalla Juventus prima.

I ragazzi hanno disputato una partita quasi perfetta, è stato il derby più bello: l’abbiamo dominato”.

È la Lazio, quella, dei diciotto risultati utili consecutivi tra campionato e coppe. Diciotto.

L’hanno decisa due giocatori simbolo della prima Lazio di Eriksson: Alen l’alieno Boksic (al 50’) e Pavel Nedved (al 62’). Due gol di ribattuta, su due respinte così così del povero Konsel, stordito dalla potenza di quella Lazio. Non a caso, due gol di ribattuta. Come a voler dire: il derby lo vince chi non è mai sazio. Che quella stagione fece rima con Lazio.