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Torniamo insieme alla primavera del 1989, quando si verificò una rimonta di quelle storiche e indimenticabili, soprattutto per i tifosi partenopei. Parliamo di Napoli-Juventus 3-0, ritorno dei quarti di Coppa Uefa.

La Juve e le tante rivalità

Uno degli aspetti che rende unica la Juventus, è quello delle rivalità “a senso unico”. Quella vera e propria esiste solo con l’Inter e in misura meno accesa col Milan, mentre ci sono altre piazze che professano una feroce rivalità nei confronti della Vecchia Signora, ma ricambiata con sufficienza, quasi per dovere.

Tra queste possiamo annoverare la Fiorentina, la Roma e il Napoli, che portano avanti un odio sportivo molto radicato nei confronti della Juventus. Un odio che nasce in generale dalla percezione della squadra torinese come espressione del potere costituito, di establishment nell’accezione più dispregiativa del termine, ma non solo. Ognuno di questi odi sportivi nasce da uno o più torti subiti, siano essi veri o solo presunti, ma sufficienti ad alimentare un sentimento di rivalsa. L’aspetto più curioso dell’episodio che stiamo per raccontare è che si tratta di qualcosa di molto vicino all’esatto contrario.

Napoli e Juve a fine anni ’80

Siamo nella primavera del 1989. Il Napoli, dopo avere ceduto in volata lo scudetto al Milan nell’annata precedente, si ritrova come unica rivale credibile dell’Inter di Trapattoni, quella che sarebbe passata alla storia come “dei record”. La Juventus, invece, nelle porte girevoli dei vari cicli vincenti del calcio italiano, si trova ancora in una fase piuttosto buia. Tramontata l’era Platini e fallito malamente l’esperimento-Marchesi, si è affidata a due grandi bandiere, nonché campioni del mondo e grandi amici: Dino Zoff e Gaetano Scirea, con l’ex portiere come allenatore e l’ex libero come vice. Nessuno, purtroppo, può immaginare che il viaggio terreno di Scirea durerà ancora poco meno di 6 mesi.

Quella è una Juve composta da alcuni rimasugli del ciclo vincente come Tacconi, Favero, Mauro e Miki Laudrup, e altri innesti più o meno riusciti. Gli stranieri erano il nanetto atomico Rui Barros e Sasha Zavarov, secondo atleta bruciato alla voce “eredi di Platini” dopo Marino Magrin.

Napoli-Juventus 3-0: gol annullato e “rigorino” lanciano la rimonta

Contrariamente all’anno da campione d’Italia, il Napoli di Maradona si fa bene strada nelle coppe europee, arrivando ai quarti di finale di Coppa UEFA, dove l’urna beffarda l’accoppia proprio con la Juventus.

L’andata al Comunale era terminata 2-0 per i bianconeri, con gol non proprio d’autore di Pasquale Bruno e un autorete di Giancarlo Corradini. Un 2-0 interno era un bel patrimonio, nelle Coppe Europee, considerando la regola del gol in trasferta.

Due settimane dopo, al San Paolo c’è quello che si definisce “pubblico delle grandi occasioni”. Sono più di 83mila a chiamare Diego Armando Maradona e i suoi all’impresa, qualcosa che è oggettivamente difficile, anche se la Juve non è la corazzata dei bei tempi.

Non passano neanche tre minuti e la Juve passa. Velocissimo contropiede di Rui Barros, che innesca Michael Laudrup sulla sinistra e il danese la insacca anche con un certo stile, dopo un liscio di Corradini che gli alza la palla in maniera quasi ideale. La gioia per il gol, che di fatto significherebbe semifinale, è però subito strozzata: l’arbitro, il tedesco dell’est Kirschen, annulla per un fuorigioco che le immagini tuttavia non chiariscono.

Al minuto 10 la prima svolta c’è davvero, ma dall’altra parte. C’è un rinvio lungo della difesa juventina, che arriva al cerchio di centrocampo. Qui c’è il libero Renica che opta per un campanile non proprio elegantissimo, a ributtare la palla in area. Lo spiovente arriva in area apparentemente senza pretese, con il terzino partenopeo Francini ancora a terra dall’azione precedente e Carnevale e Careca che sono accoppiati rispettivamente a Brio e Bruno. Il brasiliano però cade e l’arbitro, il tedesco dell’est Kirschen, non esita a indicare il dischetto. Dal replay non è chiarissimo se e quando sia iniziata la trattenuta di Bruno ai danni di Careca, ma la decisione ormai è presa: dal dischetto, Maradona è come sempre una sentenza.

Il Napoli prende coraggio, perché percepisce che la rimonta è davvero possibile. Si arriva alla fine del primo tempo con la sensazione che finisca 1-0, ma non è così. Massimo Mauro si addormenta sulla sua trequarti, su di lui si avventa Alemao che gliela ruba e poi serve Andrea Carnevale sul limite dell’area. Controllo e tiro secco erano le specialità della casa dell’attaccante, che infatti insacca alla sinistra dell’incolpevole Tacconi. Si va al riposo sul 2-0, con la temperatura del tifo al San Paolo che ha già superato il livello di guardia.

La furbizia di Careca e la “zona Renica”

Tuttavia, nei secondi 45 minuti il Napoli non riesce a sfruttare l’inerzia a suo favore della partita, che così ha bisogno dei tempi supplementari. Con le squadre lunghe e stanche, ormai si è fatta largo l’idea che a risolvere la qualificazione siano i calci di rigore. E invece no.

Dopo l’ennesima mischia in area bianconera, Bruno non riesce a ultimare il disimpegno e si fa soffiare la palla da Careca. Il brasiliano scende veloce sulla destra e poi mette in mezzo, dove è rimasto dall’azione precedente Renica, che colpisce di testa e insacca. E’ il minuto 119, a meno di un giro di orologio dai calci di rigore, che non ci saranno più.

Per la cronaca, il Napoli vincerà la prima e finora unica competizione europea della sua storia, in finale contro lo Stoccarda. La Juventus invece masticherà amaro ancora per diverse stagioni, prima della rinascita con Marcello Lippi.

Come è andata a finire e il Moggi che non ti aspetti

Tuttavia, alcuni dei protagonisti di allora hanno ancora il dente avvelenato. Secondo il portiere Stefano Tacconi alla Juve fu “rubata” una Coppa UEFA, mentre Pasquale Bruno ricorda il rigore come del tutto inventato e “l’arbitraggio a senso unico” e il “gol regolare annullato a Laudrup”.

Sembrano le classiche lamentele che in genere si sentono nei confronti della Juve, o comunque della big di turno. In tal senso, la memoria selettiva del tifoso è una certezza: ricorderà sempre e solo quelle a sfavore.

A rendere particolarmente croccante questo amarcord c’è anche la figura del Direttore Generale di quel Napoli: Luciano Moggi. L’ex ferroviere, divenuto negli anni di calciopoli una sorta di belzebù per l’opinione pubblica, ha in realtà attraversato un po’ tutto “l’arco costituzionale” del calcio, da Roma a entrambe le sponde di Torino, passando per Napoli. Nei suoi 4 anni in azzurro, sono arrivati uno scudetto, una supercoppa e la Coppa UEFA di cui ricordiamo oggi la straordinaria rimonta ai quarti di finale, contro la Juventus.

Viene facile da chiedersi cosa sarebbe successo se gli eventi di questa partita fossero accaduti oggi, con il corredo di tecnologia, telecamere e polemiche che abbiamo sviluppato. Ma sono domande che non conducono a nessuno scenario consolatorio, non portano nulla se non alibi a chi ha perso. Oggi, come 40 anni fa.